Lo spettro che ci vuole per l'Europa, by Alessandro Bucari
Grecia, 25 gennaio 2015, ore 21:05: vengono diffuse le prime
proiezioni sui risultati delle elezioni politiche. Anche gli ultimi dubbi
svaniscono: è ormai chiaro che Syriza è di gran lunga il vincitore, con più
quasi dieci punti di vantaggio sui conservatori di Nea Demokratia (36,34%
contro 27,81% saranno i risultati finali).
E' il compimento di un'ascesa iniziata tre anni fa e
l'incoronazione di un leader, Alexis Tsipras, capace di trasformare un
disordinato rassemblement di forze di sinistra in un'organizzazione forte
capace di proporsi al popolo greco con un programma di governo credibile. Le
parole che solo tre anni fa apparivano semplici provocazioni (“Rinegoziamo il
memorandum”, “Poniamo fine all'austerità”), oggi sono realtà con le quali la
governance europea dovrà fare i conti.
Perché la vittoria di domenica deve essere solo il punto di
partenza di un vento di cambiamento in grado rovesciare sia la politica greca
che quella europea.
Veniamo da trent'anni di dominio ideologico del liberismo.
Una concezione del mondo secondo cui la politica deve arretrare per lasciare
che siano le libere forze del mercato a garantire la massimizzazione del
benessere nella società. Purtroppo, però questo modello ha ampiamente mostrato
tutti i suoi limiti. Deregolare il mercato non ha garantito il benessere
all'intera società. Ha, al contrario, accresciuto il potere delle grandi
concentrazioni finanziarie e aumentato drammaticamente le diseguaglianze tra la
fascia più ricca e quella più povera della popolazione. Il liberismo e la
speculazione finanziaria sono alla base della crisi nella quale l'Europa è
impantanata oramai da troppi anni. Eppure le politiche dell'Unione stanno
continuando ostinatamente lungo la stessa via che ha portato al tracollo. Le
tanto decantate “riforme” predicate da Bruxelles non sono altro che
deregolamentazione e precarizzazione del lavoro, tagli alla spesa pubblica,
liberalizzazione dei mercati, rigore nei bilanci. Riforme che vanno nella
direzione del mantenimento dello status quo, senza rilanciare la crescita,
l'occupazione e il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione più
in difficoltà.
Il programma di Salonicco, proposto da Syriza, va
esattamente nella direzione opposta. Energia elettrica gratuita per 300.000
famiglie sotto la soglia di povertà, cure mediche e farmaceutiche garantite per
tutti, aumento dei salari minimi, investimenti produttivi per il rilancio
dell'occupazione. Ma anche, lotta all'evasione fiscale, ai privilegi della
finanza e un impegno alla rinascita del sistema televisivo pubblico. Una
programma che lancia una sfida ambiziosa: far riemergere dall'abisso un Paese
al collasso che ha visto diminuire del 40% il potere d'acquisto delle famiglie
negli ultimi sei anni e nel quale il tasso di disoccupazione è al 26%.
Su queste basi, Syriza non può più essere considerata uno
spettro per l'Europa, ma una grande opportunità. Un'opportunità per riaffermare
con forza che la buona politica parte dall'analisi delle necessità delle
persone, a partire da quelle più in difficoltà, e non da meri calcoli sulla
stabilità dei bilanci. Un'opportunità affinché l'Europa possa fare un salto di
qualità e diventare davvero la custode dei diritti e del benessere dei
suoi cittadini
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