Avrò cura di te, by Cristina Pesce
by Cristina Pesce
Amarsi é l'opera di due architetti dilettanti...che
sbagliando e correggendosi a vicenda imparano a realizzare un progetto che
prima non esisteva. Noi. (Massimo Gramellini, Chiara Gamberale)
“Avrò cura di te”, un
romanzo a due voci, un dialogo epistolare, tra una donna, Gioconda, e un
angelo, Filèmone, in scena i
tormenti e i dolori sentimentali di una trentaseienne.
Scritto a quattro mani,
da Massimo Gramellini e da Chiara Gamberale, ricorda lo stile di ambedue, quasi
un continuum di “Cuori allo specchio” del giornalista
de La Stampa e di “Per dieci
minuti” della scrittrice romana. Un racconto che concilia, attraverso la
formula della corrispondenza, due penne e due generi diversi che nella differenza
e nella contrapposizione trovano la loro forza e logica
espressiva. “Avrò cura di te” non è “Fai bei
sogni”, non ha la stessa profondità né la stessa forza avvincente ed é
probabile che molti lettori siano
stati sfiorati dal sospetto che sia un prodotto editoriale ‘sfornato’ ad hoc,
di sicuro gradimento, visti i
precedenti successi dei due scrittori.
Ma è un romanzo che sa
toccare le nostre corde più intime, è denso di sentimenti e di concetti dal
taglio psicologico in cui molte donne possono rispecchiare i malesseri, le
complessità e le difficoltà delle dinamiche affettive, delle storie d'amore. “La
vita per chiunque abbia l’ardire di credere in lei è un ingegnoso gioco di
specchi”.
Due personaggi in primo
piano, uno emotivo e confuso, l’altro saggio e poetico, ma é attorno all’amore,
che si snoda la storia, quel sentimento che tutti vogliamo e che per incapacità
di costruire, di ascoltare l’altro, per quella tendenza umana di tentare di
plasmare l'altro in base alle nostre aspettative, per inseguire la nostra
personale idea dell'amore, perdiamo. O ancora per paura, per possesso, per
impazienza, per narcisismo o per la ricerca di una perfezione assoluta, poco
umana, tendiamo a incrinarlo, a distruggerlo. Solo quando l’abbiamo perso, pur
essendo fautori della sua scomparsa, cerchiamo disperatamente di
riconquistarlo, aggrappandoci fino all’ultimo per non doverci guardare dentro, per non essere messi di fronte
ai nostri sensi di colpa, alle nostre carenze, ai nostri errori,
all'inevitabile cambiamento di noi stessi, dell’altro e del rapporto. “L'amore
perfetto non esiste. Quello reale é la somma di tante le imperfezioni. L'amore
più duraturo spesso é il più improbabile”.
In secondo piano, ma non
certo di meno spessore, altri personaggi, l'eccentrica madre, un padre chiuso
nel suo mondo, un'amica travagliata da una relazione extraconiugale, il ricordo
della dolce figura della nonna, l'ex marito.
La difficoltà ad
elaborare la perdita affettiva, il vuoto “Nessuno potrà mai riempire da fuori il vuoto che porti dentro”,
il fallimento, l’ansia, la solitudine, la confusione, la rabbia, queste le
tematiche che dovrà affrontare Gioconda, abbandonata da Leonardo, dopo il suo tradimento con il padre di uno dei
suoi alunni.
Giò vive drammaticamente
la separazione dal marito dibattendosi tra i due modelli antitetici che si
porta dentro, l'espressione dell'amore coniugale incarnato dai nonni, eterno e perfetto e quello dei genitori, precario e conflittuale. Due
modi di amare diversi, la pazienza,il sacrificio, la tenerezza contro
l'impulsività, l’egoismo, l'individualismo. Gioconda, Giò, é un'anima inquieta,non si
ama,"E' faticoso essere obbligati a frequentare noi stessi, quando
siamo i primi a detestarci", ha alle spalle un'infanzia
difficile che il fallimento del suo matrimonio porterà a galla, spingendola a
rifugiarsi nella casa che era dei nonni per ritrovarsi, un viaggio interiore
che inizierà, non a caso, il 14 febbraio. Un percorso di crescita e di dinamiche interne che durerà un anno e che
la metterà di fronte a se stessa,
scaverà sui suoi reali bisogni, sull'essenza, che le insegnerà a passare
dall'Io al noi, ad ascoltare
meno la testa e più il cuore. “Sai quanto é difficile far intendere il linguaggio dei sentimenti a chi
crede che esistano soltanto i pensieri e le emozioni”.
L'immaginario angelo
Filèmone non é altri che l' Io più profondo con cui intimamente Giò ha il coraggio di parlare mettendo a
nudo la parte più fragile, peggiore e disorientata di sè. Da questo scambio
Gioconda, accompagnata dall'angelo 'Custodde' nel viaggio alla scoperta di se
stessa metterà i tasselli a posto, una donna più consapevole del suo
narcisismo, dei suoi errori, dei suoi egoismi e vittimismi.
"Saper amare.
Un'impresa ostinata che non richiede
ricompense nè riconoscimenti ufficiali, spesso nemmeno da parte dell'oggetto
del nostro amore"
Un romanzo che si snoda
attraverso la corrispondenza tra la professoressa e il magico angelo, una narrazione che nonostante
la forma epistolare che talvolta rallenta la lettura, é scritto molto bene, con
un linguaggio forbito, colto, ricco di aforismi. Un racconto che si declina tra passato, presente e futuro,
tra ricordi e scoperte, che concilia la spiritualità e la liricità di Gramellini con l’intensa emotività
femminile della Gamberale, narratrice di donne 'smarrite', sempre in 'viaggio' per ricostruire se stesse.
Chi di noi non vorrebbe
avere un angelo con cui instaurare un dialogo continuo e che si prenda cura di
noi, che puntualmente risponda ai nostri interrogativi, alle nostre paure? che
sa magicamente toccare le nostre corde più intime ed emotive, che sa alleviarci
e guarirci dal dolore?
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