“Con il treno si va dappertutto”, by Angelo Marinoni
by Angelo Marinoni
“Fu Nuto che mi disse che con il treno si va dappertutto”,
esordisce cosi’ Cesare Pavese in un monologo in cui la ferrata che da Alba
portava a Alessandria era indiscussa protagonista del suo mondo, coreografia
portante di un vivere quotidiano della Langa come della Pianura limitrofa che
con essa viveva in osmosi.
Difficile credere che quelle rotaie pregne di storia come di
letteratura, momento vitale di una valle Belbo assurta a patrimonio
dell’umanità
giacciano abbandonate da amministratori insipienti e da una classe
dirigente sonnolente, impossibile credere che qualcuno le voglia dimenticare e
coprire in un progetto di pista ciclabile, come pensare di fare un campo da
golf di una porzione di Malpensa.
Le piste ciclabili sono infrastrutture costose e da
manutenere, sicuramente utili in un contesto di sviluppo turistico
ecosostenibile e di incentivo a una mobilità verde comunque non semplice in una
zona di clima tipicamente continentale.
La ferrata pavesiana ha momenti altissimi proprio in
corrispondenza di quei territori in cui nascono proposte oscene che la vogliono
cancellare.
“Sentivo fra i peschi filare o venire i treni da Canelli”
diceva un Pavese ignaro che qualcuno settant’anni dopo avrebbe sentenziato a
quei treni il silenzio.
Oltre all’economia, alla ragioneria, alle esigenze di
bilancio esistono momenti più alti della vita collettiva che stanno nella
storia e nelle radici culturali di un territorio, specie di bellezza e cultura
rara come il Monferrato che diventa Langa.
Basterebbero questi motivi a dare fiato alla ferrata,
basterebbe il rispetto di se stessi e della propria valle perché quella
ferrovia fosse viva e il principale asse di comunicazione fra la città e la sua
campagna. Alessandria e la valle Belbo come Asti e Castagnole delle Lanze sono
flussi che si ripetono da anni i cui vettori naturali sono quelle due ferrovie
inspiegabilmente zittite e assopite in un coma artificiale da una incapacità
gestionale ormai vecchia e che si rende colpevole di proposte oscene come la
dismissione o la conversione in pista ciclabile.
Nel mondo civile le piste ciclabili sono ottime
infrastrutture che si integrano e si appoggiano alla rete ferroviaria, in
nessun dove, nemmeno nel più scalcinato dei regni di Oz, una pista ciclabile
prende il posto di una ferrovia.
Succede e successe che un sedime abbandonato diventi pista
ciclabile, come a San Remo dove la ferrovia ha cambiato percorso o fra Airasca
e Saluzzo dove menti stupide hanno cancellato la metropolitana delle Alpi per
farne una pista di ghiaia al servizio di nessuno o una pista quasi asfaltata al
servizio di qualche rado passante.
Non mi dilungo sull’abominio progettale che sarebbe la pista
ciclabile sul sedime della ferrata che da Alessandria corre a Alba, tante sono
le ragioni che rendono il progetto irricevibile: dai costi di realizzo a quelli
di manutenzione, agli interventi sulla sicurezza alla lontananza di contatti
con l’infrastruttura stradala e quindi da eventuali mezzi di soccorso, senza
considerare l’impoverimento infrastrutturale di un territorio che da un valido
e sicuro sistema infrastrutturale si vede relegato al servizio delle strade
provinciali e regionali con tutti i limiti quanto a sicurezza e a sostenibilità
ambientale propri di una infrastruttura stradale.
In attesa che i lavori di ripristino della galleria Ghersi
in località Neive si completino è indispensabile la ripresa della circolazione
ferroviaria fra i capoluoghi di Alessandria e Asti via Castagnole Lanze: non si
tratta solo di un alto momento di riprogettazione del sistema trasporto
pubblico delle due province, ma anche di un rilancio culturale fra la ferrovia
del vino che da Asti va a Alba passando per Castagnole e quella ferrata
pavesiana che al vino accompagna la sua storia letteraria e quelle finestre
panoramiche che rendono unica la sua bellezza come l’idiozia del suo abbandono.
Nel momento in cui le amministrazioni locali non capiscano
la potenza delle infrastrutture che parzialmente insistono sul suo territorio
tocca alla dimensione superiore delle province e specie della Regione farsi
carico di quel patrimonio che è anche sua risorsa insostituibile di mobilità
sostenibile.
Esiste qualcosa di enorme come il Bene Comune e le nostre
ferrovie ne sono indiscusse protagoniste. La loro tutela è un dovere come un
nostro diritto fruirne.
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