Chi è Sergio Mattarella, candidato del PD all’elezione del Presidente della Repubblica?
Sergio Mattarella (Palermo, 23 luglio 1941) è un politico italiano. Deputato dal 1983 al 2008, prima
per la Democrazia Cristiana e poi per il Partito Popolare Italiano e la Margherita, e più volte ministro, dal 2011 è giudice costituzionale di nomina parlamentare.
Biografia
Mattarella giura come giudice costituzionale
Sergio Mattarella è figlio di Bernardo, politico democristiano più volte
ministro tra gli anni cinquanta e sessanta, e fratello minore di Piersanti, che nel 1980 fu assassinato da Cosa Nostra mentre era presidente della Regione Siciliana. In gioventù ha militato tra le
file della Gioventù
Studentesca di Azione Cattolica, di cui fu responsabile per il Lazio dal 1961 al 1964[1] e
poi della FUCI. Laureatosi in giurisprudenza, è
stato
docente di Diritto parlamentare presso l'Università di Palermo.
L'ingresso in politica con la DC
Vicino per tradizione familiare alla corrente morotea della Democrazia Cristiana, dopo la morte del padre nel 1968 e
l'assassinio del fratello, alle elezioni politiche del 1983 fu eletto alla Camera dei Deputati
nella circoscrizione della Sicilia Occidentale. L'anno dopo fu incaricato dal
segretario politico Ciriaco De Mita di bonificare la DC siciliana nella quale avevano allora un
ruolo di primo piano Vito Ciancimino e Salvo Lima.[2] In tale veste nel 1985 promosse la formazione a Palermo
di una giunta comunale di rinnovamento guidata da Leoluca Orlando, che era stato tra i collaboratori di suo fratello
Piersanti alla Regione Siciliana.[2]
Rieletto alla Camera nel 1987 si mantenne vicino alle correnti di
sinistra del partito ed in particolare al segretario De Mita.[3] Nello stesso
anno fu nominato ministro dei rapporti con il Parlamento nel governo Goria e confermato nell'incarico nel 1988 con il governo De Mita.
Nel 1989, con la formazione del governo Andreotti VI fu nominato ministro della Pubblica Istruzione. Si dimise dall'incarico il 27
luglio 1990, insieme ad altri ministri della corrente di sinistra della DC, per
protestare contro la fiducia posta dal governo sul disegno di legge Mammì di riassetto del sistema
radiotelevisivo,[4] che venne soprannominato sarcasticamente legge Polaroid in quanto, a detta dei detrattori, si limitava a
fotografare la condizione esistente legittimando la posizione dominante del gruppo
televisivo di Silvio Berlusconi.
Privo di incarichi di governo, fu vicesegretario della
Democrazia Cristiana nel 1990 al 1992, anno in cui venne rieletto alla Camera.
Nello stesso anno gli fu affidata la direzione del quotidiano democristiano Il Popolo.[4]
La legge Mattarella
Nel corso della XII Legislatura della Repubblica
Italiana
Sergio Mattarella fu relatore delle leggi di riforma del sistema elettorale della Camera e del Senato che, recependo l'esito del referendum del 1993, introducevano una preponderante
componente maggioritaria. La legge Mattarella, alla quale il politologo Giovanni Sartori diede l'appellativo di Mattarellum, fu impiegata per le elezioni politiche del 1994, del 1996 e del 2001.
La fondazione del Partito Popolare
Solo sfiorato dalle inchieste su Tangentopoli - venne assolto dall'accusa di un imprenditore siciliano di
aver ricevuto 50 milioni di lire e dei buoni benzina[5] - Mattarella è stato
uno dei protagonisti del rinnovamento della DC che avrebbe condotto nel gennaio
1994 alla fondazione del Partito Popolare Italiano, nelle cui liste sarebbe stato
eletto alla Camera nel 1994 e nel 1996. Al congresso di luglio 1994, insieme
alla componente più di sinistra dei popolari, si oppose alla candidatura di Rocco Buttiglione alla segreteria del partito, in sostituzione del segretario
dimissionario Martinazzoli. Con l'affermazione congressuale di Buttiglione, di cui non
condivideva la linea politica orientata ad un'alleanza con il Polo delle Libertà di Silvio Berlusconi, Mattarella si
dimise dalla direzione de Il Popolo, che dopo lo scioglimento della Democrazia
Cristiana era diventato il giornale di riferimento del PPI, e continuò la
battaglia politica interna. Nel 1995, al culmine dello scontro interno al PPI,
apostrofò il segretario, che pervicacemente cercava l'alleanza con la destra, «el
general golpista Roquito Butillone...» e definì «un incubo irrazionale»
l'ipotesi che Forza Italia potesse essere accolta nel Partito Popolare Europeo.[6]
L'adesione al centrosinistra
Sostenitore, sin dal 1995, della candidatura di Romano Prodi alla guida di una coalizione ci centrosinistra (L'Ulivo) comprendente tra gli altri il PPI
e il PDS, fu confermato alla Camera alle elezioni del 1996 e venne eletto capogruppo dei deputati popolari. Caduto il primo governo Prodi, assunse la carica di vicepresidente del Consiglio
durante il governo D'Alema I[4]. Tenne invece il ministero della Difesa nei successivi Governo D'Alema II e Governo Amato II, sino al 2001. L'incarico di Mattarella al ministero della
Difesa seguì la delicata partecipazione dell'Italia all'operazione Allied Force, con la quale la NATO era intervenuta nella guerra del Kosovo, e coincise con l'approvazione della legge di riforma delle
Forze Armate che aboliva di fatto il servizio di leva obbligatorio.[2]
Nel 2001 Mattarella fu rieletto alla Camera dei deputati nelle liste de La Margherita, che comprendeva l'intera
componente dei popolari e nella quale pochi mesi dopo il PPI si sarebbe fuso. A
differenza delle elezioni precedenti, non fu candidato in Sicilia ma in Trentino-Alto Adige.[6] Nominato, su iniziativa del presidente della
Camera, componente del Comitato per la legislazione, ne fu vicepresidente sino al 2002
e presidente fino al 2003.
Alle elezioni politiche del 2006 fu candidato nella lista dell'Ulivo e venne eletto deputato per la
settima volta. Nel 2007 fu tra gli estensori del manifesto fondativo dei valori
del Partito Democratico,[7] ma con lo scioglimento anticipato della XV legislatura il 28 aprile 2008, non si ricandidò.
Gli incarichi istituzionali
Il 22 aprile 2009 è stato eletto dal Parlamento in seduta comune componente del Consiglio di presidenza della giustizia
amministrativa[8],
del quale è diventato poi presidente.
Il 5 ottobre 2011 il Parlamento in seduta comune lo ha
eletto giudice della Corte costituzionale alla quarta votazione con 572 voti,
uno più del quorum richiesto.[9]
In occasione dell'elezione del presidente della
Repubblica Italiana del 2013 il suo nome fu incluso nella rosa dei candidati che Pierluigi Bersani sottopose a Silvio Berlusconi, ma gli venne preferito Franco Marini, che tuttavia non sarebbe stato eletto.[10]
La
candidatura alla presidenza della Repubblica del 2015
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