Poteri mafiosi: la politica ancora sotto scacco, by Antonio Nicola Pezzuto
Nella convinzione (per altro supportata dalla cronaca) che
le mafie siano un problema sempre più presente al nord, penso sia buona cosa
proporre i pezzi di Antonio, anche se riferiscono di Salento i meccanismi,
ahinoi, si ripetono ovunque. Metropolitana milanese, Expo e via dicendo
raccontano storie già viste. Il pezzo che segue è pubblicato su
"antimafiaduemila" .
Sacra Corona Unita: clan in guerra e affiliati dissidenti
A poco più di due mesi dall’operazione “Vortice-Déjà vu”
dello scorso 11 novembre, è ancora il Nord Salento e soprattutto il territorio
di Squinzano, a cadere sotto la lente d’ingrandimento della Direzione
Distrettuale Antimafia.
Il blitz di fine anno aveva assestato un duro colpo ai
clan della Scu e scosso
profondamente la cittadina salentina perché al centro
delle indagini erano finiti anche alcuni amministratori locali.
L’incessante
lavoro dei magistrati e dei Carabinieri, questa volta, ha consentito di fare
luce su un periodo in cui a Squinzano il ricorso alle armi era diventato assai
frequente da parte dei gruppi criminali.
L’operazione, denominata “Paco” dal
soprannome di uno degli indagati, è stata eseguita dai Carabinieri del Comando
Provinciale di Lecce diretto dal Comandante Provinciale dell’Arma, il
Colonnello Nicodemo Macrì. Al blitz hanno partecipato i militari del Nucleo
Investigativo, diretti dal Capitano Biagio Marro, quelli della Compagnia di
Campi Salentina guidati dal Maggiore Nicola Fasciano, quelli del Reparto
Operativo coordinati dal Colonnello Saverio Lombardi e quelli del Reparto
Investigazioni Scientifiche del Luogotenente Vito Angelelli.
Ben 19 le ordinanze di custodia cautelare firmate dal
Giudice per le Indagini Preliminari Annalisa de Benedictis su richiesta del
Sostituto Procuratore Giuseppe Capoccia.
Gli indagati sono accusati, a vario
titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione
finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione aggravata, rapina,
detenzione e porto abusivo di armi, detenzione e spaccio di stupefacenti e
ricettazione.
Al centro delle indagini lo scontro tra due clan della Scu: uno
capeggiato da Sergio Notaro e l’altro da Marino Manca e Luca Greco. L’inchiesta
ha documentato come, all’interno del clan Notaro, ci fosse del malcontento per
la spartizione dei proventi derivanti dai traffici illeciti. Ma andiamo con
ordine.
Tutto ha inizio l’8 settembre del 2012 con il tentato omicidio di Luca
Greco e Marino Manca. L’agguato non va a buon fine perché la pistola dei killer
si inceppa. Secondo gli inquirenti gli esecutori materiali sono Salvatore
Milito e Michele Intermite, ma, sostiene l’accusa, il mandante è Sergio
Notaro.
Da qui prendono il via le indagini e, per Squinzano, comincia un
periodo ad alta tensione per i diversi agguati e scontri che si sono verificati
sul territorio tra le fazioni che si contendevano i vari
traffici.
“L’aspetto singolare di questa vicenda – afferma il Procuratore
Capo Cataldo Motta – è che Sergio Notaro si sia presentato dai Carabinieri per
denunciare, a seguito di una sparatoria, il fatto e l’autore dell’agguato.
Episodio davvero singolare che lo qualificò come infame, perché nell’ambito
della malavita organizzata è escluso che qualcuno possa ricorrere alle forze di
polizia”.
L’altro filone delle indagini riguarda, come già scritto, i
rapporti all’interno del clan Notaro dove c’erano dei dissidenti. A
testimonianza di ciò, gli investigatori hanno sequestrato delle lettere e un
registratore digitale.
“Un elemento particolarmente importante – continua Motta
– è il ritrovamento di tre lettere che erano state scritte da Palma Emiliano e
da Pierri Antonio che facevano parte del clan Notaro. Lo scritto era destinato
a Sergio Notaro. Si tratta di lettere dal significato eloquente perché si parla
dell’esigenza di allontanarsi dal gruppo perché la direzione di Notaro non è
più soddisfacente. Aspetto ancora più importante, c’è una registrazione su
registratore digitale, una sorta di confessione, chiamiamola così, da parte di
un esponente del clan Notaro. Registrazione trovata a casa di Pierri in
occasione dell’arresto. È importantissima perché c’è un po’ tutta la storia di
quello che hanno fatto, con l’indicazione dei singoli episodi e dei singoli
responsabili”.
Gli scissionisti stavano anche progettando di fare arrestare
Notaro nascondendo delle armi nella sua masseria. Il piano fu fatto saltare dai
Carabinieri perché le armi furono sequestrate nel deposito in cui erano state
nascoste in attesa di attuare lo stratagemma. L’azione dei Militari, operata in
punta di fioretto, lasciò nel dubbio Emiliano Palma e Antonio Pierri che non
hanno mai saputo come effettivamente fossero sparite.
A questo punto, però,
entra sulla scena Vincenzo Carone, assoldato dal clan per recuperare il denaro
dovuto per debiti di droga dal dissidente Antonio Pierri che doveva essere
eliminato insieme ad Emiliano Palma.
“Carone, detto Vincenzino Pacciu – chiosa
Motta – è in una posizione strana perché non appartiene a questo gruppo. È
Brindisino, fa parte della Scu Brindisina, della frangia mesagnese. A lui si
era rivolta l’associazione per eliminare Pierri e Palma che se n’erano andati.
Questi vengono minacciati da Carone. Un elemento di un certo spessore criminale
che si era messo a disposizione del gruppo essendo stato scarcerato da poco e
avendo bisogno di denaro per sopravvivere”.
“La Sacra Corona Unita – evidenzia
Motta – non è più un’organizzazione piramidale, ma orizzontale, con i gruppi
che non necessariamente rispondono a un capo riconosciuto. Questo non fa venire
meno la pericolosità dell’organizzazione che, pur se appare maggiormente
frammentata, ha la possibilità di agire su un territorio più ampio senza il
contrasto fra gruppi. Si tratta di un fenomeno che ha sempre connotato in
passato le dinamiche della Sacra Corona Unita. L’attenzione al territorio è
elemento indispensabile al contrasto che non dovrebbe essere solo giudiziario,
in quanto dovremmo avere la collaborazione dei cittadini che dovrebbero capire
che il territorio è loro. Non si può demandare alle forze di polizia
giudiziaria il controllo di un territorio che deve essere continuo e costante
da parte dei diretti interessati che dovrebbero segnalare, dovrebbero essere un
po’ più attenti”.
Ecco, dovrebbero. Soprattutto in un Comune dove si sta
insediando una commissione incaricata di esaminare gli atti dell’amministrazione
locale per verificare se quanto emerso dall’operazione “Vortice-Déjà Vu”, ossia
un rischio concreto di condizionamento mafioso della vita amministrativa,
continui ad essere attuale e reale.
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