Vicenda alessandrina ed i percorsi ondivaghi del giornale diocesano
Posted on 4 luglio 2016
Elvio Bombonato
Ho letto il comunicato stampa (14/5/16) del Vescovo
di Alessandria, in cui annuncia drastici tagli al settimanale La Voce
Alessandrina, che accumula ogni anno 70mila euro di passivo. Quindi il commento più che autorevole di
Dario Fornaro su Appunti Alessandrini del 23/6/16 (link), il quale paventa
l’estinzione del giornale, a causa di “influenze irrituali di matrice religiosa
e/o politica” e “il connubio politico forza-leghista attivo determinato ed
esclusivo”, ricordando il sottotitolo, che suona beffardo: Settimanale di informazione e di
opinione della diocesi di Alesssandria.Da ragazzo scrissi alcune recensioni di
libri o film sul bollettino della mia parrocchia S.Martino d’Albaro a Genova.
Poi nel 1967 il gruppo dirigente diocesano della GIAC si dimise in blocco, e
non fu sostituito, come disse allora il cardinale Siri, o meglio fu sostituito,
dopo che si era dimesso di propria volontà. Ricordo che lo stesso anno 12
seminarsiti del Seminario Maggiore al IV anno di teologia, se non i migliori
certo i più coscienti, ebbero uno scontro col rettore, in quanto quel
seminario, confinato da due anni sulle alture del Righi, era peggio di una
prigione: uscirono definitivamente tutti e 12.Rammento che quando, raramente,
Siri veniva in visita a Monte Leco, don Gaspare Canepa, Assistente della GIAC e
anima della Chiesa Genovese, mi guardava
senza dirmi nulla. Il suo volto però avvertiva: guarda che se osi intervenire ti do due sganascioni, ed era uno che manteneva la parola. Perché Siri non tollerava essere contraddetto, figurarsi da dei giovani.Quando frequentavo la IV liceo scientifico, don Pier Luigi Campi, assistente ecclesiastico di Gioventù Studentesca, che allora era parte dell’Azione Cattolica, fu convocato dal cardinale in udienza privata, alla sera. Volle che io andassi con lui: don Campi non era né timido né vile, era gentile, mite, privo di aggressività: si era laureato in matematica, la facoltà più difficile a Genova dopo ingegneria. Non so perché mi scelse, forse perché ero piuttosto vivace nell’argomentare, avrà pensato che se fosse successo un contrasto, Siri mi avrebbe perdonato per la mia gioventù. Entrammo nella curia, dietro la cattedrale, ospitati in un salottino damascato, con luce sottile; parlò solo lui, e ci fece il ritratto politico e familiare di ciascuno dei presidi delle scuole superiori genovesi (l’obiettivo principale di Gioventù Studentesca era radicarsi nelle scuole). Informatissimo. Don Pier Luigi non disse nulla, né tanto meno io; mi ricondusse a casa con la sua Seicento. Pensai: costui è il massimo teologo e mistico italiano. Andiamo bene. Fu il primo mattone del mio sessantottino allontanamento dalla Chiesa.Giunto in Alessandria, sposato con un’insegnante come me con la bimba in arrivo, non leggevo più giornali cattolici. Talvolta mi capitava La Voce alessandrina, ma allora si diceva che lo facesse tutto l’instancabile don Remigio Cavanna. Non sapevo neppure che Pier Luigi Campi abitasse in Alessandria, fino alla strage, mai chiarita, del carcere: non ho potuto nemmeno salutarlo.Poi attorno al 2005, vescovo Charrier, che aveva cresimato entrambi i miei figli vestiti da scout, quali erano, nella nuova chiesa del quartiere Europa, arrivava a scuola La Voce Alessandrina. Caspita, che bel giornale, pensai subito (dal 1982 all’85 ero stato tra i fondatori e redattori de La Settimana, splendido ed effimero giornale alessandrino): c’era a sinistra l’editoriale, scritto dal Vescovo, o da dwf (don Walter), Caramagna o Pietrasanta che ruotavano a seconda degli argomenti, di impianto dichiaratamente politico e/o religioso, in senso largo o stretto a seconda delle necessità; inutile precisare che il Vescovo scriveva, giustamente, da Vescovo.
Metà del settimanale si occupava di Alessandria,
prendendo posizione quando era necessario, dei suoi problemi sociali, civici,
della vita cittadina, evidenziandone le difficoltà e coloro che si davano da
fare per il bene comune.C’era uno spazio per Valenza, per lo sport, per la
cultura, dal coro Valtanaro, alla compagnia Teatroinsieme di Castellana, al
teatro Macallé, e poi i ritratti di cattolici defunti: ricordo quello di
Maurilio Guasco su don Mazzolari, Teresa Michel, don Goggi Clelio e Attilio
ecc. Trovavi la situazione degli ospedali, delle chiese, della Cittadella (!),
della Biblioteca Civica. Attenzione costante era rivolta alle imprese
alessandrine, e nel contempo agli immigrati, e alla massima Istituzione
Culturale in città “Cultura e Sviluppo”, associazione voluta dalla famiglia
Guala. Insomma un giornale di informazione e di formazione, privo di pregiudizi
e di preclusioni, con notizie sulla Caritas diocesana, sulle associazioni di
volontariato, sull’Unitre, sull’università (con interviste a Renato Balduzzi e
non solo), sull’opera infaticabile di don Armano perché la Shoah non venisse
dimenticata, sugli immigrati, sulle
attività delle parrocchie, la difesa del ponte cittadella prima della sua
dissennata distruzione. Pregevoli pure le interviste a don Mario Bruscaini,
missionasio in Brasile, alla direttrice del Cissaca, a Gad Lerner sul libro di
Adriano Bianchi, partigiano in Valdossola, e capo della cui breve Repubblica ci
fu anche GIanfranco Contini. Per farla breve non di un bollettino diocesano si
trattava, bensì di un giornale vero e proprio, persino con la pagine degli
Annunci gratuiti: un patrimonio di cronaca, certo, ma soprattutto di cultura,
ove l’essere cattolico, anziché costituire un freno, conferiva una marcia in
più.Tutti i giornalisti sanno che tacere una notizia importante perché sgradita
a qualcuno, equivale e una menzogna, o peggio.A me il dubbio venne a ridosso
della campagna elettorale del 2007, quando comparve in prima pagina la
pubblicità di un giovane rampante del PDL, cattolico, che aveva fatto un po’ di
gavetta. Non fu messo nella giunta, per sua fortuna. Il vescovo Charrier fu pensionato
per raggiunti limiti di età il 4/4/2007.Intanto accaddero due fatti mai
chiariti: il dirottamento di un autobus della linea Alessandria-Acqui, da parte
di tre albanesi, i quali non seppero spiegarne il motivo; e, poco prima,
l’incendio del ponte Tiziano nei cunicoli sotto il piano viabile: un milione di
euro di danni, di cui fu incolpata la sindaca in carica. Con la nuova Giunta,
Fabbio sindaco, Guseppe Caridi, presidente della Commissione Territorio, fu
condannato per associazione mafiosa, a 3 anni e 6 mesi, il 10/12/2013, sentenza
confermata dalla Cassazione (Alessandrianews 4/3/15).Il sindaco Fabbio
procedeva a assunzioni e promozioni ritenute immotivate (segnalate subito da
Delmo Maestri e Alfio Brina); basti
questo dato: nel 2011 i dirigenti erano 17 con stipendio di 2.135.000 euro
l’anno lordi; oggi sono 9 per 905.000 euro (La Stampa 4/3/15).Degna di Totò la
vicenda del leghista Mauizio Grassano, Presidente del Consiglio Comunale,
condannato a 4 anni, per truffa miliardaria aggravata al Comune per aver
creato, in complicità con l’imprenditore Sergio Cavanna un fittizio posto di
lavoro (Emma Camagna, La Stampa
10/72011). Però Cota, eletto Presidente della Regione, gli lasciò il posto di
deputato, quale primo dei non eletti.
Prenderà pure la pensione?Altro personaggio discusso è Lorenzo Repetto,
ex sindaco di Castelletto d’Orba, nominato da Fabbio A.D. dell’AMAG: i maligni
affermano che guadagni 250mila euro lordi l’anno, ma io non ci credo. Nel 1998
Repetto aveva tolto la riscossione dei tributi al Comune (circa 2.000 abitanti)
per darla a Tributi Italia, tramite la società pubblica di diritto privato Alto
Monferrato, da lui voluta, con la moglie socia (Alessandria Oggi 9/4/12),
entrando così a farne parte. Affida per chiamata diretta alla Bieffe Consulting
spa la bonifica della banca dati di Alessandria delle tariffe di igiene
ambientale, una società nata da poco, senza referenze, ma collegata alla
Tributi Italia spa, A.D. Pasquale Froio, di cui è consigliere, come pure della
Paghera srl (alessandria oggi 25/10/2011). La Tributi spa e la Paghera avevano
costituito una società, l’Aprilia, implicata a Nettuno e indagata dalla procura
di Latina per presunti lavori mai eseguiti per mezzo miliardo di lire. Nel settembre del 2000 un incendio doloso
(verdetto dei carabinieri, furono anche trovate due taniche di benzina),
distrusse nel comune di Castelletto d’Orba parte della documentazione. Va solo detto
che la Tributi spa raccoglieva ICI, IMU, TARSU di molti comuni italiani, a 24
dei quali non li ha versati (Tabella del Sole 24 ore)i, dichiarando fallimento.
La complicatissima vicenda è raccontata nel libro “Errorismo tributario” edito
da Max Bianco nel 2015.Repetto fa parte del Consiglio di Amministrazione
dell’ATA, la quale decise di affidare i lavori di risanamento del Teatro
Comunale alla ditta SWITCH 1988, con sede operativa a Castelletto d’Orba,
scelta direttamente senza gara di appalto. Di sicuro una coincidenza.La ditta
è responsabile della dispersione
dell’amianto nella sala: per una settimana scolaresche andarono a teatro
ignare, come del resto il personale. Il
teatro fu chiuso e i lavori di risanamento furono affidati alla stessa ditta di
Castelletto d’Orba, che aveva provocato il disastro (global project
14/10/2010), senza che il Consiglio di Amministrazione avesse il pudore di
dimettersi.Il Ragioniere Capo del comune dott. Zaccone, informò per due volte
Luciano Vandone, Assessore al bilancio, di alcune criticità, per oltre 20
milioni di euro, sul rispetto dl Patto di Stabilità 2010; Zaccone venne
immediatamente destituito e al suo posto fu messo Ravazzano (26/1/2011).E’ vero
che il bilancio del Comune di Alessandria è in deficit da decenni, però est
modus in rebus: è come se un cittadino, già indebitato, comprasse con le
cambiali, anziché una Panda, una Ferrari. L’avv. Aldo Rovito, decano dei
consiglieri del Comune, ha dichiarato: “cinque anni di spese allegre, mostre
fotografiche da centinaia di migliaia di euro, concorsi ippici in piazza e
mille iniziative dispendiose senza senso” (alessandrianews 16/4/2015).Infatti è intervenuto il Tribunale
della Corte dei Conti di Torino (sui bilanci dei comuni a me pare più
competente di un tribunale ordinario), il quale celebrò il processo a carico
della Giunta che aveva votato a favore del bilancio consuntivo 2010, condannandola per “falso ideologico, per aver
attestato e sottoscritto, contrariamente al vero, che il patto di stabilità
2010 era stato rispettato, e di aver indotto i consiglieri di maggioranza a
votare in consiglio il bilancio consuntivo 2010” (IL Secolo XIX, 30/4 2015).La
sentenza della Corte dei Conti di Torino, risultato di 15 udienze, dà molto
spazio alle tesi dei difensori, ma la sentenza n.6/ 2013, condanna tutti i sopracitati, dividendoli in
tre gruppi di responsabilità: il trio Fabbio, Vandone, Ravanazzano; i membri
della Giunta; i Consiglieri che votarono a favore, per “falsa certificazione” e
“gravi irregolarità contabili riscontrate” nella delibera del Consiglio
Comunale del 27/6/2012. (GOOGLE www. Corte dei Conti Piemonte), rilevando come
conseguenza anche “i consistenti danni nella gestione del bilancio 2011”.La
seconda sentenza della Corte dei Conti n.67 del 15/4/2015, assolve gli imputati
dall’accusa di essere responsabili del dissesto del Comune, perché il deficit
si trascinava da decenni, ma è molto più “feroce” della precedente, di cui
conferma “la responsabilità amministrativo-contabile” e “le acclarate condotte
illecite che hanno determinato le condanne”. Dichiara che “il dissesto
dichiarato nel 2012 è inoppugnabile, e non è una scelta discrezionale del
Comune”, e poi rileva “il tentativo velleitario di guadagnare tempo,
dissimulando la gravissima e cronica situazione finanziaria, ormai giunta a un
punto di non-ritorno”; “il disavanzo è andato aumentando anziché rientrare”; “il
mantenimento in bilancio di redditi inesistenti o inesigibili”; “il progressivo
aumento dei residui passivi: in 5 anni del 125%, da 34 a 78 milioni di euro”;
“il continuo accrescimento dei debiti fuori bilancio, e l’inattendibilità delle
previsioni di entrata”; “l’inadempimento delle necessarie misure correttive per
la rimozione delle gravi irregolarità contabili riscontrate”, “ha dichiarato il
dissesto del Comune”; giudica l’ex sindaco Fabbio e gli altri “incapaci di
ricoprire per un periodo di 10 anni, diminuibile a 5, gli incarichi
amministrativi, anche presso altri Enti pubblici e privati”.Torniamo ora al
giovane cattolico lanciato della Voce Alessandrina. In una bella intervista di
Pier Carlo Lava dell’11/2/2013 (Forum Alessandria), dichiara di lasciare il PDL
perché rovinato da alcuni indegni che detengono il potere, e perché non ha
voluto fare le primarie. Concordo; come concordo sulla sua indefessa attività,
dall’opposizione, di pungolo alla Giunta perché agisca anche sui problemi che
emergono dal basso, come faceva quando era presidente del Consiglio di
Quartiere Pista-Europa. Mi convince meno
la sua adesione a Fratelli d’Italia, in quanto le esternazioni pubbliche della
supertelevisionata Meloni mi sembrano spesso il contrario di ciò che è scritto
nel Vangelo. Richiesto sul suo ruolo nella giunta Fabbio, afferma che “in
occasione del bilancio non è possibile dissociarsi dalla maggioranza, oppure si
esce”. Bravo, la seconda che hai detto. Nel formare la sua lista sono stati
esclusi coloro che avessero subito condanne penali anche in primo grado. Giusta
la precisazione: penali, non amministrative. Infine, visto che ha solo 35 anni,
vada a leggersi e rileggersi le due sentenze della Corte dei Conti, poiché
dichiara di appartenere al “partito” della legalità; oltre a trovarci spesso il
proprio nome, insieme ad altri è ovvio, non direbbe più che “Rita Rossa ha
condannato per scelta politica questa città a subire le procedure del
dissesto”, quando proprio lui, insieme agli altri, è stato assolto giustamente
dall’accusa di aver provocato tale dissesto, perché la Corte dei Conti lo ha
ritenuto irreversibile, posto in essere da anni, e portato al punto di non
ritorno da Fabbio (Aristotele, Logica: principio di non contraddizione).
Dovrebbe allora rifiutare l’assoluzione, e chiedere di essere nuovamente
processato, perché le motivazioni dell’assoluzione non sussistono.A me pare che
negli ultimi 8 anni la Voce Alessandrina abbia dato, e continui a dare, voce a
queste persone. Perché?Prima di
lasciare, per scadenza dl mandato, Fabbio e i suoi hanno voluto fare un altro
regalo alla città sulla raccolta rifiuti: hanno cancellato il porta a porta,
che stava ormai funzionando, speso 3 milioni di euro per acquistare (non a
Castelletto d’Orba) cassonetti più grandi (i precedenti si trovano a deperire
nel cimitero dell’AMIU), privando i cittadini di centinaia di posti macchina:
provate a contarli; e riattivando l’abbandono indiscriminato ovunque. Grazie,
Fabbio: a mio avviso si è trattato di una ripicca, risalente alla campagna
elettorale. A proposito, chissà se alcuni di costoro, grazie all’esperienza
acquisita, avranno il coraggio di ripresentarsi alle elezioni: i nomi si
trovano nelle due Sentenze della Corte dei Conti sopracitate. Se sarà così, a
parer mio, è meglio che la Voce Alessandrina chiuda.senza dirmi nulla. Il suo volto però avvertiva: guarda che se osi intervenire ti do due sganascioni, ed era uno che manteneva la parola. Perché Siri non tollerava essere contraddetto, figurarsi da dei giovani.Quando frequentavo la IV liceo scientifico, don Pier Luigi Campi, assistente ecclesiastico di Gioventù Studentesca, che allora era parte dell’Azione Cattolica, fu convocato dal cardinale in udienza privata, alla sera. Volle che io andassi con lui: don Campi non era né timido né vile, era gentile, mite, privo di aggressività: si era laureato in matematica, la facoltà più difficile a Genova dopo ingegneria. Non so perché mi scelse, forse perché ero piuttosto vivace nell’argomentare, avrà pensato che se fosse successo un contrasto, Siri mi avrebbe perdonato per la mia gioventù. Entrammo nella curia, dietro la cattedrale, ospitati in un salottino damascato, con luce sottile; parlò solo lui, e ci fece il ritratto politico e familiare di ciascuno dei presidi delle scuole superiori genovesi (l’obiettivo principale di Gioventù Studentesca era radicarsi nelle scuole). Informatissimo. Don Pier Luigi non disse nulla, né tanto meno io; mi ricondusse a casa con la sua Seicento. Pensai: costui è il massimo teologo e mistico italiano. Andiamo bene. Fu il primo mattone del mio sessantottino allontanamento dalla Chiesa.Giunto in Alessandria, sposato con un’insegnante come me con la bimba in arrivo, non leggevo più giornali cattolici. Talvolta mi capitava La Voce alessandrina, ma allora si diceva che lo facesse tutto l’instancabile don Remigio Cavanna. Non sapevo neppure che Pier Luigi Campi abitasse in Alessandria, fino alla strage, mai chiarita, del carcere: non ho potuto nemmeno salutarlo.Poi attorno al 2005, vescovo Charrier, che aveva cresimato entrambi i miei figli vestiti da scout, quali erano, nella nuova chiesa del quartiere Europa, arrivava a scuola La Voce Alessandrina. Caspita, che bel giornale, pensai subito (dal 1982 all’85 ero stato tra i fondatori e redattori de La Settimana, splendido ed effimero giornale alessandrino): c’era a sinistra l’editoriale, scritto dal Vescovo, o da dwf (don Walter), Caramagna o Pietrasanta che ruotavano a seconda degli argomenti, di impianto dichiaratamente politico e/o religioso, in senso largo o stretto a seconda delle necessità; inutile precisare che il Vescovo scriveva, giustamente, da Vescovo.
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