Genesi e prospettive della sinistra democratica
Domenicale ●
Agostino Pietrasanta
Un carissimo
amico, collega di tempi vissuti con entusiasmo e ricordati con qualche
nostalgia, dopo aver commentato un mio scritto (La corda pazza della politica)
con registro anche troppo lusinghiero, ha fatto seguire una battuta sulla
necessità di una sinistra senza troppi aggettivi; di tale sinistra gli Italiani
non sembrano avvertire la necessità.
Concordo
pienamente, a patto che si consideri la difficoltà storica a costruire una
sinistra democratica pienamente conforme alle sue ragioni politiche. Intendiamoci:
non che non ci sia stata una sinistra sensibile, soprattutto in Europa, ai
problemi sociali bilanciati col regime delle libertà istituzionali; il problema
è di altra natura e potrebbe essere di aiuto il caso italiano.
Il punto critico,
se vogliamo metterla in soldoni ed alle corte, sta nell’incapacità dimostrata
dalla nostra tradizione repubblicana, anche da parte di leader di grande
levatura intellettuale, a costruire la democrazia progressiva: l’unica che
poteva rendere la sinistra nello stesso tempo riformista e capace di promozione
sociale. Non si trattava solo di un bilanciamento tra libertà istituzionale e
giustizia sociale in rapporto di reciproca complementarietà; ciò poteva essere
perseguibile ed augurabile, ma non ha sortito gli effetti di un riscatto
sociale completo, neppure nei periodo di sviluppo e benessere economico. Come
dire che la legge di mercato, priva di regole non svolge un’azione compiuta di
giustizia e arriva ad effetti di disparità che oggi pesano sulla crescita
economica, anche indipendentemente dalla crisi che dovremo affrontare a causa
della “Brexit”.
Il fatto è che non
si sono colti nel corso dei decenni le prospettive che si sarebbero aperte se i
progetti di un incontro tra laici (in Italia soprattutto comunisti) e cattolici,
per orientare le libertà politiche in rapporto strumentale alla crescita
diffusa delle classi subalterne, si fossero realizzati. In fondo la democrazia
sostanziale o progressiva poteva benissimo essere declinata su questo
presupposto, le cui realizzazioni non si sono verificate. Troppi fattori
ostativi ne hanno impedito lo sviluppo già augurabile ed ora, almeno a mio
avviso, rimpianto. Da parte delle sinistre un concetto egemonico della politica
ed una dipendenza dall’imperialismo sovietico ha fatto da freno irrimediabile e
da parte cattolica e diciamo pure del cattolicesimo democratico hanno fatto
velo sia lo schieramento atlantico, sia la pressione esercitata in Italia dalle
gerarchie ecclesiastiche.
Anche qui giova
precisare: non sono pregiudizialmente contrario, almeno a livello di
valutazione storica agli accordi difensivi dell’Europa del 1949, né mi passa
per la testa di esprimere giudizio negativo sull’azione di De Gasperi sullo
specifico; tuttavia, più approfondisco la lettura di Dossetti e dei suoi amici
di “Cronache Sociali”, più mi convinco delle loro ragioni nel sostenere non
un’alleanza solo di parte occidentale dell’Europa, ma di fare di quest’ ultima
una grande potenza, capace di stoppare il pericolo degli opposti imperialismi,
USA e Sovietico. Non si trattava affatto di una neutralità, alla moda dei
socialisti nostrani, ma di una forza di equilibrio che solo il superamento
dello Stato nazionale avrebbe potuto permettere.
Proviamo a
comporre i due elementi: mancata promozione di una libertà funzionale ad una
giustizia sociale ed ad una distribuzione equa del benessere e blocco dei
progetti europeisti liberi da uno schieramento di parte per proporre una
propria leadership mondiale ed arriviamo alla crisi che stiamo vivendo. Inutile
aggiungere che, nel momento della prima costruzione europea non si poteva fare
altrimenti, perché se è cosa assolutamente vera, lo è per il fatto che i
protagonisti del secondo dopo/guerra non hanno saputo affrontare e rimuovere
gli elementi ostativi sia ad un progetto di democrazia progressiva, sia a
quello di un’Europa tanto forte da essere arbitra degli imperialismi che si
stavano delineando.
Manco di realismo?
Può essere, ma senza un pizzico di utopia le questioni finiscono per
incancrenirsi lungo i decenni ed esplodere alla fine nella crisi che andiamo
vivendo. E la viviamo proprio perché non si è preso atto a tempo opportuno che
lo Stato nazionale aveva esaurito il suo compito storico realizzando una genesi
straordinaria nel passaggio dall’assolutismo costitutivo di tale Stato alla
democrazia. Ed allora la sua forma istituzionale ha resistito senza alcuna
possibilità di svolgere prima un’azione di equilibrio tra opposti blocchi
mondiali e poi di liberarsi dalla subalternità né alle forze classiche del
potere mondiale(USA), né a quelle emergenti, né alle spinte della
globalizzazione e si sono incartati in una difesa degli interessi particolari
che ha bloccato il processo europeo.
Certo, in questo
scenario, la mancata realizzazione di una sinistra democratica, nel senso che
ho cercato di descrivere, ha avuto e continua ad esercitare tutto il peso di
una debolezza strutturale.
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