La grande incertezza, by Marco Ciani

La grande incertezza, by Marco Ciani
Nell’ultimo mese abbiamo registrato una sequenza di eventi terribili che hanno precipitato il mondo nello sconforto. Li riepiloghiamo:
24 giugno. referendum sulla Brexit, vinto dai sostenitori dell’uscita dall’Unione Europea;
1° luglio. Attentato a Dacca, nel Bangladesh. Muoiono 22 civili, di cui 9 italiani, e 5 attentatori. Gli assassini sono islamici provenienti da famiglie benestanti;
14 luglio, festa nazionale francese. Attentato a Nizza sul promenade des Anglais. I morti saranno 84 e più di cento i feriti. Il responsabile è un cittadino con doppia nazionalità, francese e tunisina, islamico sebbene non radicale;
15/16 luglio. Fallito colpo di stato in Turchia, paese a maggioranza musulmana della Nato, ad opera dei militari che ritengono la nazione oggetto di una deriva islamista. Dopo la morte di 290 persone ed il ferimento di altre 1.440, il Presidente Erdogan riprende il controllo ed attua un’epurazione che tra arresti, licenziamenti e divieti di espatrio colpisce decine di migliaia di oppositori tra dipendenti pubblici e religiosi. Lo stato di diritto è sospeso;
17 luglio. Ad Heidingsfeld in Germania un 17enne afghano, poi ucciso dalla polizia, ferisce 5 persone su un treno a colpi d’ascia;
19 luglio. Ad Handarat, nei pressi di Aleppo, un bambino di 10-12 anni viene decapitato da un gruppo armato islamista inquadrato nelle fila dei ribelli che lottano conto il governo del Presidente siriano Assad;

21 luglio. Il candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, Donald Trumpo, dichiara in un’intervista al New York Times che in caso di attacco di un paese appartenente alla Nato, l’intervento degli Usa non sarebbe automatico, come invece previsto dall’art.5 del trattato atlantico;
22 luglio. In un centro commerciale di Monaco in Baviera, un 18 enne tedesco-iraniano con disturbi psichici uccide 9 persone delle quali 8 di età compresa tra 13 e 21 anni. L’attacco avviene nel 5° anniversario del massacro di Utøya in Norvegia;
23 luglio. A Kabul, capitale afghana, un kamikaze sunnita legato all’Isis  si fa saltare in aria provocando la morte di almeno 80 persone (prevalentemente sciiti) e il ferimento di altre 231. Altri due attentatori pronti a colpire non riescono nell’intento, in un caso per un difetto di fabbricazione dell’ordigno, nell’altro perché abbattuto prima che potesse nuocere.
All’apparenza sembrerebbero situazioni distinte e distanti, anche geograficamente. Ma un filo le accomuna: si tratta o di azioni o di reazioni ad un terrore che si fa sempre più pervasivo ed incontrollabile, un’angoscia montante che rischia di mettere a dura prova, in Occidente, la tenuta della democrazia e delle istituzioni sovranazionali, Ue e Nato in primis.
Se facciamo idealmente un salto indietro di 30 e più anni, potremmo riportare alla mente altri momenti di paura, come quando la tensione tra i blocchi capitalista e comunista raggiungeva l’apice. E’ accaduto più volte.
Ad esempio, io ricordo molto bene la forte preoccupazione che seguì il 1° settembre del 1983, quando un aereo civile Boing 747 sudcoreano venne abbattuto dai sovietici causando 269 vittime. Un’azione che poteva prefigurare un conflitto armato tra noi ed il Patto di Varsavia.
Eppure, malgrado i timori fondati anche per il clima di estrema diffidenza che si respirava tra l’America di Reagan da un lato e la Russia di Andropov dall’altro, la gente poteva aggrapparsi a qualche convinzione consolidata.
La guerra, se ci fosse stata, avrebbe potuto annientarci. Ma tale spaventosa evenienza riguardava tutti e comunque i due blocchi si sarebbero mossi, ognuno per la propria parte, unitariamente. La nostra sicurezza era affidata principalmente alle mani potenti degli yankee; al contempo la solidarietà tra europei dell’Ovest non pareva discutibile.
Avevamo anche conosciuto il terrorismo, quello rosso e nero degli anni di piombo, e le stragi. Ma eravamo in grado di intuirne maggiormente le connotazioni, in quanto si trattava della degenerazione di posizioni ideologiche nate in Occidente e conosciute. Certamente più intellegibili di quanto non siano oggi le mille sigle ed i cani sciolti che si muovono spinti dall’odio religioso o etnico.
Principalmente per questi motivi, credo, la situazione non era incerta come oggi, sebbene non si stia rischiando un conflitto atomico imminente, che allora invece rappresentava una possibilità reale.
Questa interminabile premessa per dire che tutto ciò che sapevamo non basta ad ancorarci a qualche, pur esile, convinzione. Non è detto che l’Europa comunitaria resista, e la Nato non possiamo più darla per scontata. E in più, ogni volta che ci rechiamo in un locale pubblico o su un mezzo di trasporto collettivo, la nostra esistenza potrebbe essere a repentaglio.
Non è il mondo che sognavamo.
Per venire al dunque: cosa dobbiamo fare?
Le libere società democratiche dell’Occidente sono un valore da difendere con le unghie e con i denti. Per farlo non ci si può dividere. Ma posto che così come siamo messi non è immaginabile andare avanti, si rende necessario rifondare le ragioni dello stare insieme, nel continente e nel Patto Altantico. La strada sarà anche difficile, ma va trovata. Altrimenti si rischia una deriva populistico/autoritaria. E la fine di una pace durata oltre 70 anni.
Non si tratta di essere ingenui. Al contrario. Dovremmo diventare ottimisti operosi e molto concreti e non lamentevoli passivi. Diversamente i timori  alimentati dalla triade crisi economica-immigrazione-terrorismo prenderanno il sopravvento inducendoci ad assumere decisioni sbagliate che pagheremmo a caro prezzo.
A trarre beneficio da istituzioni rigenerate e ripensate anche per affrontare i complessi nodi del presente, per quanto possa sembrare strano, non saremmo solo noi oriundi. Dalla nostra troveremmo anche le tante persone per bene che, pur di religione islamica o di qualunque altro credo (o non credo) religioso, filosofico o politico, si trovano fuori dai loro stati d’origine per vivere e lavorare onestamente. E che forse sognano come noi e come la grande maggioranza delle donne e gli uomini di tutto il mondo, un avvenire migliore per i propri figli.
Non abbassiamo la guardia sulla sicurezza, prendiamo fiato e…non lasciamoli soli a fronteggiare le reazioni. E a loro diciamo non lasciateci soli. Fateci sentire di più la vostra voce di condanna su questi spaventosi avvenimenti. Non cediamo alla paura. Non cediamo all’odio. Perché assieme la grande incertezza si può sconfiggere.





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