Tra Higuain ed il MAAN
by enricotomaselli
Napoli, si sa, è città passionale. Non a caso,
Turturro chiamò 'Passione' il suo film dedicato alla città. Ma qui il termine
assume un accezione diversa dall'usuale, non denota il semplice appassionarsi a
qualcosa, ma proprio lo stravolgimento della ragione.Il calcio, ad esempio, non
è semplicemente uno sport, ed il tifo non è semplicemente la passione per la
propria squadra. A Napoli, tifare per una squadra diversa dal ciuccio, equivale
ad essere considerati una quinta colonna. Se poi questa squadra è la Juventus,
si è a rischio fucilazione.archeologico Il Napoli, a Napoli, è una questione
sociologica, come forse nessuna squadra in nessun'altra città. É una religione -
con tanto di santi e demoni - che, come ogni religione che si rispetti, esercita
una egemonia culturale anche su chi non è particolarmente interessato al calcio,
purché viva nel territorio di riferimento. Ed in questo sentimento religioso,
c'è fortissimo il desiderio di riscatto: ciò che non si pensa di poter ottenere
per altre vie (su altri piani), si insegue sul campo da gioco.
Ed è per questo
che Maradona è un santo patrono, poiché non solo ha regalato alla città il
riscatto, ma è stato ad essa esclusivamente fedele.In realtà questo sport è
sempre più un business, che in epoca di globalizzazione si gioca su scala
planetaria. É quindi la legge del mercato, a dominarvi. E sono rarissimi i casi
di identificazione profonda tra un giocatore e la (sua) squadra: Francesco Totti
con la Roma, i baschi dell'Athletic Bilbao... In questa grande Napoli tra hihuainpartita di business
globale, giocatori e squadre si muovono in base al mercato, e null'altro.
Stupirsene, o peggio indignarsene, è da ingenui.Per questo, l'indignazione dei
tifosi napoletani per il tradimento di Higuain è un segno di ingenuità; e
proprio per questo il passaggio alla Juve del Pipita brucia ancora di più.
Perchè costringe i tifosi a fare i conti con la realtà, a prendere atto del
come vanno le cose, e di come ciò collida con quell'idea religiosa che in fondo
coltivano. Uno sguardolaico su quel prato verde, probabilmente non escluderebbe
la possibilità di godere d'un bello spettacolo (quando lo è...), ed anche di
appassionarsi - senza per questo offuscarela ragione.Ma, al tempo stesso,
proprio la consapevolezza di quella dimensione speciale che qui assume la passione,
dovrebbe smorzare quel senso di superiorità con cui taluni laiciguardano al
tifo bigotto.Sempre di indignazione si tratta, a proposito dell'accordo di
partnership tra il Museo Archeologico e la città di Comacchio. Alla notizia che
il MAAN, in virtù di questo accordo, presterà parte dei reperti conservati in
deposito, affinché vengano esposti nelle sale di Palazzo Bellini e (dal 2017)
nel nascente Museo Delta Antico, si son levati gli scudi dei custodi
dell'integrità cittadina.Ovviamente, in questo come in ogni altro caso,
l'accordo di partnership (biennale, e rinnovabile) può essere soggetto di
critiche; ma queste dovrebbero attenersi al merito - e possibilmente basarsi
sulla conoscenza di questo.Cominciamo col dire che la città di Comacchio, candidata
come Capitale Italiana della Cultura 2018, è stata la proponente di questo
accordo. In base a tale accordo, che avrà durata biennale, e potrà essere
rinnovato, nella città estense verranno organizzate mostre utilizzando reperti
che il MAAN abitualmente conserva nei depositi.É bene ribadire che tutti i
musei hanno una vasta quantità di opere inesposte, e non semplicemente per una
questione di spazio. Ovviamente, i pezzi migliori sono quelli privilegiati per
l'esposizione nelle sale museali, e nei depositi restano le opere ed i reperti
minori, i pezzi multipli (se anche
possiede 10.000 anfore, nessun museo le esporrà tutte).Dunque, non c'è alcuna
sottrazione al patrimonio visibile del MAAN - né tantomeno alcun prodromo d'una
definitiva cessione, come pure adombrato da alcuni.Alla base delle critiche
scatenatesi alla notizia dell'accordo, c'è un sentimento - mi perdonino gli
amici che le condividono - egoistico e particulare: l'idea che le opere
contenute nel Museo napoletano siano di Napoli. Non a caso, per i napoletani il
MAAN èil museo... Resta il fatto che il museo stesso, sin dalla sua
denominazione, è Nazionale. E più in generale, ci si aspetterebbe che fosse
ormai matura e diffusa la consapevolezza che i beni artistici e culturali sono
patrimonio comune, non proprietà esclusiva di qualcuno. Le obiezioni mosse alla
partnership, sono fondamentalmente due - e collegate tra loro.
La prima, figlia di questo sentimento di possesso, è
che trattandosi di repertiprevalentemente provenienti da Pompei ed Ercolano,
dovrebbero restare sul territorio. Naturalmente non si rileva che, dalla
Campania, nessuno ha avanzato una simile proposta al MAAN, come ha invece fatto
Comacchio. Nè tanto meno che, con questa logica, dovremmo svuotare il Museo
Egizio di Torino e mandare tutto a Il Cairo!L'altra, è il trito "che ci
guadagna Napoli?". Anche qui, si potrebbe naturalmente obiettare che la
domanda si potrebbe rovesciare: "che ci perde?". Nulla. Perchè i
reperti che andranno per mostre a Comacchio, altrimenti sarebbero rimasti nei
depositi.Ma la questione è in realtà diversa. Innanzitutto, data la vastità dei
depositi del MAAN, se altri musei o comuni campani volessero stipulare accordi
similari, non credo che mancherebbero reperti, né tanto meno la volontà di
stipularli. Ma soprattutto, con questo accordo il MAAN (e quindi la città) ci
guadagna! Perchè una cosa sarebbe far vedere un assaggio delle sue collezioni a
Battipaglia piuttosto che ad Ariano Irpino, ben altra cosa è farlo vedere nelle
Marche. Perchè è ad un pubblico più lontano, che bisogna far conoscere
l'offerta culturale del Museo - e di Napoli. Perchè è in questo modo, che si
attraggono visitatori. Quando il Direttore Giulierini parla di
"disseminazione culturale", sicuramente ha presente anche questo.Per
tacere del fatto che, già solo per essere candidata come Capitale Italiana
della Cultura 2018, nei prossimi due anni la città di Comacchio spingerà al
massimo sul piano turistico-culturale, agendo quindi in effetti come un
ripetitore del segnale emesso dal MAAN...Tra il Pipita ed il Museo, insomma, la
città ha ancora molto da crescere, se vuole essere davvero metropoli
internazionale. Oppure, certo, può adagiarsi nella sua confortevole
immutabilità...
Commenti
Posta un commento
Grazie per il tuo commento torna a trovarci su Alessandria post