“Nel Pd fa carriera chi è fedele. E la minoranza è uguale a Renzi” (Tommaso Rodano)
By Paolo Baratto: "Il Pd e la sua classe politica, i suoi militanti, la maggioranza e la minoranza, tra chi vuole ama il Premier e chi lo detesta".
Più
poteri, più poteri, più poteri. La classe politica che ha guidato
l’Italia in questi anni ha creduto che
il potere fosse la soluzione
a tutti i problemi. E più ne ha avuto, meno ha combinato”.
Fabrizio Barca ha alzato bandiera bianca: nell’ultima direzione del
Pd, il 4 luglio, si è dimesso dalla commissione per la riforma del
partito. Con queste parole: “Ha rivelato la sua assoluta
inutilità”.
Il
suo lavoro è stato ignorato dagli stessi dirigenti che gli avevano
conferito l’incarico. L’ex ministro conserva la tessera, ma del
Pd non salva né la maggioranza renziana, né la minoranza: “Chi
lavora per far fuori Renzi ragiona con la sua stessa logica di
potere”. L’impegno di Barca è soprattutto altrove: gira l’Italia
dei “luoghi ideali”, delle esperienze di democrazia dal basso e
cittadinanza attiva. “L’unico modo per ridurre il divario tra chi
fa politica e i cittadini – dice – è la partecipazione, il
confronto pubblico”.
La
prima colpa è delle classi dirigenti, che hanno dimostrato di essere
inadeguate. Il personale alla guida del Paese – tra i 40 e i 60
anni – si è formato in una fase di autoreferenzialità fortissima
della classe politica.
E
la seconda colpa?
È
collettiva. La cittadinanza attiva è molto efficace nei progetti
territoriali, ma non incide a livello generale. I partiti sono
scomparsi e i cittadini non si fidano più: pensano che la
partecipazione politica sia solo chiacchiere, una perdita di tempo.
I
5 Stelle hanno rilanciato la militanza politica, non crede?
Le
forme di partecipazione politica del M5S sono ridicole. La democrazia
è una discussione aperta, trasparente, informata, stimolata da
grandi competenze. Dove sono le competenze nel Movimento? Girando
l’Italia ho conosciuto talenti veri: antropologi, professionisti,
psicologi, persone di livello straordinario. Queste avanguardie non
le vedo dentro a nessun movimento politico, e tanto meno nei 5
Stelle.
Come
si spiega il loro successo allora?
Le
masse popolari impoverite hanno visto scomparire completamente la
parola “lavoro”. I cittadini ai margini avvertono l’impotenza
di chi governa e cercano il nuovo, qualunque esso sia. Hanno trovato
“il nuovo” due anni fa in Renzi. Ora ne cercano un altro. È
un’eterna rincorsa.
Scusi,
Barca: negli anni in cui è “scomparsa la parola lavoro” lei ha
fatto il ministro nel governo Monti e ha militato nel Pd. Nessuna
autocritica?
Quello
di Monti era un governo d’emergenza nazionale, aveva lo scopo di
non farci finire come la Grecia. Era l’ultimo governo al mondo a
cui si potesse chiedere di rimettere al centro il lavoro.
E
il Pd?
Il
Pd ha sempre avuto questo problema. Già con Veltroni, D’Alema,
Bersani. Ha rimosso dalla sua coscienza la centralità del lavoro.
Dall’inizio.
Nel
suo documento per la riforma del Pd ha scritto che serve un “partito
palestra”, “ancorato a sinistra”. Decisamente non è il caso
del Partito democratico.
No,
il Pd non è affatto ancorato (ride). Dentro convivono valori
distanti e diversi. Con il mio lavoro ho provato a sollevare un tema
fondamentale, purtroppo con risultati irrilevanti: la selezione della
classe dirigente di un partito non può avvenire attraverso la
cooptazione dei fedeli, ma sulla base della capacità di lavoro, dei
risultati concreti. Nel Pd il principio è la fedeltà. Ma non si può
dare la colpa solo a Renzi: il partito è così da quando è nato,
nel 2007.
Nel
suo rapporto scrive a chiare lettere che il finanziamento pubblico
non è affatto stato abolito (come hanno rivendicato prima Letta e
poi Renzi).
La
nuova normativa introduce una detrazione fiscale pari al 26% delle
donazioni effettuate ai partiti, il costo stimato per lo Stato è di
61 milioni di euro. Una legge iniqua e assurda.
Perché
è stata “venduta” al pubblico un’abolizione inesistente?
Perché
questo domandava il popolo al Colosseo (ride). La domanda vera è:
perché ci siamo lasciati prendere in giro? È colpa nostra. In
democrazia, se la gente non si incazza ha quello che si merita.
Ha
messo in fila una serie di considerazioni durissime sul partito in
cui milita. Perché mantiene la tessera?
Perché
rimane l’unico partito in Italia che abbia uno statuto
comprensibile e un dibattito interno a volte sterile, ma trasparente.
È fatto da gente che ha come unico obiettivo la propria carriera, ma
ci sono pure centomila iscritti e tante persone per bene.
Nel
Pd non c’è solo Renzi, c’è anche la minoranza.
Hanno
la stessa logica di chi è al potere. Con gli stessi errori. Vogliono
cambiare il personale, non la struttura. Non sono interessato.
È
stato ministro, il suo lavoro è stato largamente apprezzato. Non le
manca?
No.
Non saprei nemmeno con chi farlo, il ministro… Guardi, mi trovo
bene quando giro l’Italia, quando vado all’Aquila, nelle Madonie,
a Sibari. Mi piace stare sulla frontiera, ascoltare chi fa
cittadinanza attiva.
Non
le pare una resa?
No.
Me lo dicono in molti, ma in tutta onestà: non è così.
Suo
padre Luciano è stato una figura storica del Pci, lei non ha mai
rinnegato la tradizione comunista. Quand’è che la sinistra
italiana ha perso l’anima? Poteva andare in modo diverso?
(Ride)
Per rispondere a questa domanda ci vorrebbe un libro, abbia pietà.
Ma certamente sarebbe potuta andare in modo diverso.
Conosce
bene Padoan e De Vincenti: erano economisti del Pci, giovani
comunisti. Oggi lavorano a fianco di Renzi. Com’è successo?
Hanno
aderito al modello unico, all’idea che il mondo non possa essere
diverso da com’è. Un’errata posizione “riformista”, nel
senso peggiore. Non hanno capito che il capitalismo stava subendo
delle trasformazioni radicali che lo portavano alla crisi drammatica
di oggi. Sono persone che lavorano tanto, con convinzione, in modo
onesto. Ma a un certo punto si sono convinti che le loro idee fossero
utopie.
Una
finta telefonata della Zanzara le fece confessare di esser stato
contattato per fare il ministro nel governo Renzi. Non ebbe parole
lusinghiere per lui. Con il premier non vi siete molto simpatici.
Da
parte mia non c’è nessuna antipatia, né pregiudizio culturale.
Non l’ho mai percepito nemmeno da parte sua. Certo, abbiamo idee
diverse.
E
il renziano Carbone che scrive “ciaone” agli elettori del
referendum trivelle?
È
stato patetico. Patetico. Fa tristezza, non rabbia.
https://triskel182.wordpress.com/2016/07/19/nel-pd-fa-carriera-chi-e-fedele-e-la-minoranza-e-uguale-a-renzi-tommaso-rodano/
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