UN UOMO VERO
UN UOMO AL CAPEZZALE DELLA MADRE DOPO VENT'ANNI DI ESILIO VOLONTARIO.
“Madre mia cosa sta succedendo? La stazione centrale sembra un accampamento di sfollati, gente che caga e piscia dappertutto senza nessun decoro. Le strade sono affollate di accattoni e venditori di frodo, i marciapiedi invasi da bancarelle improvvisate. I negozi occupati da kebab, attività cinesi, sale da gioco, centri massaggi, bazar arabi, fruttivendoli egiziani. Il vecchio parco dove giocavo da bambino è divenuto un bivacco di zingari e sul campo da calcio dietro la chiesa stanno costruendo una moschea. Mi sembra la fine del mondo!”
“Viviamo una sorta di nuova invasione della barbarie, la violenza dilaga impunemente sotto ogni forma e l’onestà sta passando di moda divenendo quasi una vergogna. La gente soffre senza più lavoro e dignità piegata sotto il giogo delle pretese statali che non li considera più cittadini trattandoli ormai come suoi sudditi. La giustizia non è più uguale per tutti, proprio l’impari trattamento tra disonesti ed onesti sta generando grande frustrazione. Molti si suicidano, altri partono, la maggioranza però cova silente la propria rabbia ancora incapaci di reagire. È la fine del mondo per come siamo abituati a vederlo noi, in realtà sta solo cambiando e non ci possiamo far niente. Non so, non capisco le ragioni di questa deriva, non arrivo a comprendere la visione sul futuro di chi ci amministra, forse perché ormai vecchia e morente sono fuori da questo tempo.”
“No madre mia, non sei tu ad aver perso il contatto con la realtà ma loro. Hanno dimenticato di pianificare un futuro migliore perché sono accecati dall’avidità, dall’ingordigia e dall’egoismo. Pensano solo al proprio benessere, accumulando ricchezze e consolidando posizioni di potere.”
“E tu non puoi farci niente, ormai dovresti averlo capito. Oppure quello che hai passato non ti ha insegnato nulla?”
“Quei macellai sgozzavano i bambini per divertimento. Io non…..”
La rabbia gli strozza le parole in gola.
“Hai reso giustizia a quelle povere anime. Però sei stato cacciato dai reparti speciali perché quei macellai servivano. Infatti oggi nel nord della Nigeria opera una potente organizzazione di tagliagole che giustifica i propri crimini con lo scudo della guerra santa.”
“Cosa mi dici madre mia!”
“Oggi come allora non puoi cambiare le cose, non combattere guerre inutili. Sono felice di averti rivisto prima di lasciare questo mondo. Promettimi che quando non ci sarò più andrai in pace al tuo rifugio tra i monti e non tornerai più. Promettimelo……..”
Le parole della madre gli rimbombano ancora nelle orecchie mentre il treno avanza riportandolo verso il suo eremo felice, lontano dalla bolgia infernale di questo mondo. Profondamente addolorato anche dall’aver appreso del suicidio della sua ex fidanzata, al seguito del profondissimo trauma psicologico derivato da una violenza sessuale subita da alcuni africani per altro neppure identificati. Rammaricato anche dai dissapori con i fratelli, corre indietro ai bei tempi andati. Richiamato alla realtà dal pianto di una piccola bambina nera che chiede insistentemente qualcosa alla madre, pur non capendo le parole intuisce che ha fame. Apre la sacca e tira fuori due belle mele porgendole alla piccola che titubante esita ma alla fine l’appetito ha la meglio.
La lascia mangiare per andare al bagno. Si sta lavando le mani quando comincia a sentire urla e schiamazzi, la solita lite per non pagare i biglietti pensa. Quando esce però la realtà è ben diversa: un barbone invasato e armato di macete sta correndo verso la bambina urlando il nome del suo dio. In un flasch rivede l’orrore di quella notte, non può permettere che l’abominio si ripeta. La mano scatta fulminea sotto la giacca, sguainando l’affilatissimo coltello da caccia. Balza come una tigre dentro la carrozza del treno reclamando le sue prede. Non c’è dio che tenga la sua furia è incontenibile. Quando il treno ferma alla stazione, all’aprirsi delle porte rotola giù la testa di un terrorista ancora con l’espressione di terrore stampata sopra. Alla fine si contano nove vittime tutti guerriglieri arrivati come richiedenti asilo, incolumi tutti gli innocenti. Mai successo nella storia del terrorismo internazionale. Tutti gli scampati ora osannano, davanti alle telecamere, il loro salvatore, il grande eroe del momento. Persino un alto comandante dell’arma si espone:
“Oggi è un gran giorno perché per la prima volta la strategia del terrore è stata battuta, e non per merito nostro purtroppo. Ma ad opera di un uomo vero che ha combattuto per la sua libertà e per proteggere i più deboli. Un eroe che merita solo di essere acclamato e onorato, da prendere ad esempio per svegliarci dal torpore e fermare il declino sociale di questo paese.”
Quando finalmente esce dalla stazione tutti restano in silenzio osservandolo quasi intimoriti. Letteralmente coperto di sangue, con la voluminosa capigliatura arruffata sale e pepe e la lunga barba assomiglia ad un orso.
Passato il momento di esitazione i giornalisti lo assaltano per strappargli una dichiarazione, lui sembra intenzionato a non farlo, fino a quando una voce:
“Non prova neppure un minimo di rimorso per quelle vite spezzate?”
Ci ripensa tornando sui suoi passi.
“Sarebbe stato meglio contare il numero delle loro vittime? Rispondete maledetti vigliacchi? Pecore! Siete tutti delle pecore! Avvezzi a chinare il capo ed aspettare la vostra sorte. Anche tutti quelli che ora mi acclamano come il loro salvatore, erano tutti proni pronti per essere macellati senza tentar la minima reazione. In nome della vostra superiorità morale, della pietà e dell’ipocrisia state sacrificando la vostra identità, state sacrificando la vostra dignità. Un popolo dovrebbe sapere quando è il momento di unirsi e sollevarsi per sopperire alla palese incapacità dei propri governanti. Ma qui non succederà mai perché ormai vi hanno abituati ad essere pecore ed a belare nel gregge.”
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