Il prelievo sostenibile nelle foreste tropicali non esiste?
Nella prestigiosa Rivista scientifica internazionale
PLOS One è stato pubblicato recentemente lo studio Temporal decay in timber
species composition and value in Amazonian logging concessions, a cura di Vanessa A. Richardson e di Carlos A.
Peres, concernente la sostenibilità ambientale o meno del taglio selettivo
nelle foreste tropicali.Le conclusioni dello studio sono piuttosto drammatiche:
“la nostra analisi mostra che anche il cosiddetto prelievo sostenibile, nelle
foreste tropicali ben raramente può essere definito come realmente sostenibile
dal punto di vista della composizione della foresta all’indomani del prelievo –
anche senza prendere in considerazione il rischio di incendi catastrofici, che
è stato dimostrato essere maggiore nelle foreste già sfruttate”. E ancora: “le licenze ambientali e la
certificazione forestale devono tenerne conto di queste dinamiche e rivedere le
quote volumetriche di tronchi prelevati sulla base della reale rigenerazione di
ciascuna specie”.E’ ormai improcrastinabile modificare radicalmente sul piano
giuridico autorizzazioni e criteri perché il polmone verde della Terra
rappresentato dalla foresta tropicale possa continuare a vivere.
Lo dicono gli
scienziati: le compagnie del legno stanno esaurendo le foreste tropicali.
Malgrado sia da molti considerato una risorsa
naturale rinnovabile, il legname tropicale proveniente da foreste tropicali è
abbattuto in tutto il mondo in una scala senza precedenti. Malgrado si tratti
di taglio selettivo, ossia finalizzato al prelievo di alcuni alberi soltanto in
un’area di foresta, secondo uno studio scientifico realizzato dalla University
of East Anglia rivela che questo legname è tutt’altro che sostenibile o
ecologico.Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica PLoS ONE, rivela che
una volta che gli alberi di legno duro tropicali – come il cedro del Brasile,
l’Ipe (noce brasiliana), e i palissandri – sono stati abbattuti, la ricrescita
non riesce a tenere il ritmo del prelievo commerciale: l’albero cresce
lentamente, in centinaia di anni, mentre i piani di gestione forestale durano
al massimo venti anni, così la volta successiva vengono abbattuti alberi sempre
più giovani, fino a che intere specie rischiano di scomparire del tutto.“Specie
a crescita lenta e di valore valore commerciali sono stati sfruttati in eccesso
nel corso della storia umana – basta guardare l’industria baleniera o quella
della della pesca – spiega l’autore principale dello studio, Dr Vanessa
Richardson, dalla UEA’s School of Environmental Sciences. “Eppure, il legname
tropicali viene ancora considerati come una risorsa rinnovabile. Stiamo
cominciando solo ora a vedere l’impatto dello sfruttamento delle specie
arboree.“La nostra ricerca dimostra che gli alberi di molte specie di legno di
alto valore commerciale vengono abbattuti fino a quando le loro popolazioni
sono crollate del tutto.”Il gruppo di ricerca ha studiato 824 siti forestali
sparsi nello stato brasiliano del Pará, e hanno analizzato i dati provenienti
da operazioni forestali legali, per un ammontare di circa 17,3 milioni di metri
cubi di legname prelevato, che include
314 specie arboree del Pará. Si tratta di quasi la metà della produzione
dell’Amazzonia brasiliana, pa più vasta riserva mondiale di legname tropicale
maturo.Il team di scienziati ha scoperto che le compagnie del legno non sono in
grado di ottenere profitti da una foresta dopo il primo prelievo, e sono
continuamente costretti a prelevare alberi ad alto fusto da nuove aree di foreste
primarie non sfruttate.“La nostra analisi mostra che anche il cosiddetto
prelievo sostenibile, nelle foreste tropicali ben raramente può essere definito
come realmente sostenibile dal punto di vista della composizione della foresta
all’indomani del prelievo – anche senza prendere in considerazione il rischio
di incendi catastrofici, che è stato dimostrato essere maggiore nelle foreste
già sfruttate.” insiste il Prof Carlos Peres. “Le licenze ambientali e la
certificazione forestale devono tenerne conto di queste dinamiche e rivedere le
quote volumetriche di tronchi prelevati sulla base della reale rigenerazione di
ciascuna specie”.
La ricerca ha
evidenziato tre principali risultati:
• Nel caso del
taglio selettivo, non vi sono dati sulla composizione delle specie
legnose e sul valore totale della foresta recupera oltre il primo taglio. Ciò
suggerisce che le specie legnose di alto valore commerciale sono a rischio di
estinzione nelle aree sfruttate a lungo.
• Solo nelle aree di prelievo più recenti, situate più
lontane dalle strade, il taglio è realmente
selettivo, concentrandosi ricavi maggiori su alcune specie di alto
valore.
• La gestione delle rese delle foreste a taglio
selettivo è di fondamentale importanza per l’integrità a lungo termine della
biodiversità forestale e per la sostenibilità economica delle industrie locali.
“Precedenti studi effettuati sui mercati asiatici
suggeriscono che gli attuali accordi commerciali potrebbero portare a un ‘picco
del legno’ e a estinzioni economiche in tutta la regione tropicali.” ha
aggiunto il Dr Richardson “Il nostro studio aggiunge un nuove prove a sostegno
di questa tesi. Vediamo già un cambiamento del mercato, in base al quale le
foreste esaurite da rinnovati cicli di prelievo selettivo non sono più in grado
di dare ritorno economico, e debbono essere convertite in piantagioni di
conifere a crescita rapida.”
Lo studio “Temporal decay in timber species
composition and value in Amazonian logging concessions” (Decadimento temporale
nella composizione del valore del legname nelle concessioni forestali
amazzoniche) è stato pubblicato sulla rivista PLoS ONE il 13 luglio 2016.
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