Tortura, Alfano: tutto da rifare. Il governo impone lo stop

By Paolo Baratto: "La Legge, attesa da anni, di nuovo ferma. Troppo punitiva nei confronti della polizia".

La legge sulla tortura dovrà essere rivista alla Camera per evitare ogni fraintendimento riguardo l’uso
legittimo della forza da parte delle Forze di Polizia”. A metà pomeriggio il ministro dell’Interno Angelino Alfano dichiara se non morta, almeno moribonda, la legge sul reato di tortura. A spiegare perché è la capogruppo in Senato di Sinistra Italiana, Loredana De Petris: “L’accordo era che il testo fosse blindato. Invece, dovrà tornare in Senato”. E dunque, tra le incertezze sulla durata della legislatura e quelle quotidiane sui numeri a Palazzo Madama, nessuno può scommettere sul destino di una legge attesa da anni. Nota ancora la De Petris: “Con le torture in Turchia sotto gli occhi di tutti, fa particolarmente effetto un’indicazione come questa da parte del governo”.
La presa di posizione di Alfano sulla tortura, sembra l’unico effetto immediato della riunione di ieri di Renzi con i capigruppo di Camera e Senato, convocata per parlare di terrorismo. Presenti anche il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, il sottosegretario con delega ai Servizi segreti, Marco Minniti e lo stesso Alfano. Il primo vertice di questo tipo c’era stato il giorno dopo il Bataclan. Obiettivo, richiamare le forze politiche a una sorta di concordia nazionale. Ieri si sono presentati tutti tranne la Lega. E Renato Brunetta, capogruppo di Fi alla Camera, non ha perso occasione per ribadire quello che dice da una settimana, ovvero che il reato di tortura rischia di mettere in difficoltà le forze dell’ordine in un momento particolarmente delicato della lotta al terrorismo. Il riferimento è all’emendamento (votato anche da SI e M5S) che la settimana scorsa ha modificato l’articolo 1 che prevede che per commettere il reato di tortura siano necessarie solo “violenze o minacce gravi” e non “reiterate violenze o minacce gravi”. Alfano, durante il vertice, è stato ambiguo, dicendo che avrebbe parlato con i capigruppo del Senato. Contro la modifica si erano scagliati molti centristi. E anche alcuni del Pd: “Non l’ho votato – chiarisce il dem, Stefano Esposito – io difendo la polizia. Se poi c’è una mela marcia la punisco”.
Anche se il Pd adesso dichiara la volontà di andare avanti, il governo stava cercando una via d’uscita. Infatti aveva pensato di calendarizzare subito in Senato un’informativa sul golpe in Turchia, che avrebbe fatto slittare il voto. Non è neanche detto che oggi pomeriggio l’aula di Palazzo Madama non voti per un ritorno in Commissione della legge. E giovedì è in programma l’analisi del Ruby ter, ovvero l’autorizzazione all’uso delle intercettazioni di quando Berlusconi era senatore. Un altro voto con incognita.
Ieri a fare la relazione introduttiva al vertice è stato Renzi, che ha richiamato tutti alla responsabilità. La stessa a cui lo richiama anche l’opposizione: la De Petris gli ha chiesto di evitare affermazioni come quella del ministro Boschi, per cui se vince il Sì ci sarebbe più stabilità anche nella lotta al terrorismo. Mentre parlava, Renzi la guardava con espressione quasi stupita. Tanto è vero che lei ha chiarito: “L’abbiamo letto sui giornali. Se non è vero, il governo smentisca”. Ma il premier non ha confermato, né smentito. È stata poi annunciata la costituzione di una commissione anti-radicalizzazione. Minniti invece ha parlato di fare un patto con i provider, che servirebbe ad arginare la propaganda dell’Isis.

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