Responsabilità civile dei magistrati: intervista di Renato Balduzzi a Radio Vaticana
Nella serata
di ieri la Camera dei deputati ha approvato la legge di riforma della
responsabilità civile dei magistrati. Radio Vaticana ha posto al prof. Renato
Balduzzi, membro "laico" del CSM, alcune domande sul provvedimento.
Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervista (audio in allegato).
Ufficio
stampa del prof. Renato Balduzzi
(dal
sito web di Radio Vaticana, 25 febbraio 2015)
Balduzzi
(Csm): sindacare toghe rischio quarto grado giudizio
L’Associazione
nazionale magistrati (Anm) continua a valutare in modo negativo la nuova legge
sulla responsabilità civile dei magistrati, approvata ieri sera dalla Camera.
Ma il viceministro alla Giustizia, Costa esclude correttivi se la legge sarà applicata correttamente. Il premier
Renzi sottolinea
che la legge arriva a 28 anni dal referendum. Alessandro
Guarasci ha sentito il componente del
Consiglio Superiore della Magistratura Renato Balduzzi.
R.
– La garanzia principale di me cittadino è un giudice obiettivo, sereno e
indipendente, che quindi non debba essere assoggettato a preoccupazioni di
un’azione volta a sindacare l’esercizio in scienza e coscienza della
giurisdizione.
D.
– E, secondo lei, in questa legge manca una norma che in qualche modo tuteli i
giudici da eccessive richieste?
R.
– Sarebbe stato opportuno mantenere la valutazione preliminare di ammissibilità
della richiesta, migliorare l’attuale formula che non ha dato obiettivamente
risultati soddisfacenti. Il filtro andava mantenuto, modificato però. Perché
andava mantenuto? Perché tutto il nostro sistema sta andando verso una
direzione di contenimento della domanda giudiziale impropria. E questo, a
maggior ragione allora, avrebbe dovuto applicarsi anche al caso della
responsabilità civile, dove evidentemente c’è il problema di contenere una
domanda impropria, perché per qualunque soccombente, civile o penale, il
giudice ha sbagliato.
D.
– Questo, però, non è il classico caso in cui forse un’autoriforma sarebbe
stata auspicabile, perché se, in 27 anni, su 400 ricorsi ne sono stati vinti
solo 7 un problema c’è…
R.
– Se l’opinione pubblica, correttamente informata, percepisce un meccanismo non
funzionante, è bene ritoccarlo. Il mio dubbio è che il ritocco sia a sua volta
efficace e funzionante. Il rischio, cioè, è veramente quello di arrivare a una
sorta di quarto grado di giudizio.
D.
– Lei chiede che a questo punto il governo monitori la situazione per evitare
possibili aggressioni economiche verso i magistrati?
R.
– Credo che il monitoraggio, che peraltro il governo farà certamente e il
parlamento ugualmente, dovrà essere proprio sulle azioni di responsabilità
verso lo Stato, nel senso di vedere come, a seguito della nuova
normativa, funzioni proprio l’eliminazione della valutazione preliminare di
ammissibilità, cioè del filtro. L’importante è non farsi prendere dalle
semplificazioni, cioè “chi sbaglia, paga”. “Chi sbaglia, paga” non è
applicabile alla situazione, perché chi decide cosa sia lo sbaglio? Il punto è
quello. Cosa vuol dire sbagliare per un magistrato? Certo, se c’è dolo… Ma
questo già prima era così. Quando, però, si dice che c’è una violazione
manifesta di legge o un travisamento dei fatti e delle prove, bisogna fare
molta attenzione, perché il limite tra questo e un altro giudizio, un altro
grado di giudizio, è un limite molto sottile, che non va superato. Il nostro
sistema, infatti, non tollererebbe un altro grado di giudizio. Un Paese dove si
arrivi a un’opposizione tra cittadini e magistrati ha già perso in partenza.
Noi dobbiamo essere convinti, perché così è vero, della serietà del nostro
sistema giudiziario, dell’imparzialità del magistrato. E’ qualcosa che appartiene
alle radici stesse di una convivenza civile.
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