Alessandria, tra vie, incroci e valichi: 1. un po’ di storia, by Giancarlo Patrucco
by
Giancarlo Patrucco Città Futura on-line
Quando
nacque Alessandria - data ufficiale 1168 - era ormai chiaro a tutti i decisori
come la fondazione di una città fosse questione essenzialmente geo-politica. In
parole povere, una questione che si giocava nel rapporto tra i fattori
geografici relativi al nuovo insediamento e le situazioni politiche che su
quell’insediamento avrebbero potuto influire. Politiche ovviamente mutevoli, le
quali potevano portare ad una sua espansione o, al contrario, ad una sua più o
meno rapida estinzione.
Molte
delle decisioni che dovevano essere assunte dal punto di vista fisico si
giocavano fra coppie antinomiche. Ad esempio, pianura voleva dire transito più
agevole e possibilità di commercio, ma poteva anche voler dire difficoltà di
difesa e
maggiore esposizione ai rischi. La vicinanza di vie d’acqua poteva
rivelarsi preziosa per l’approvvigionamento, le colture, la difesa, ma
drammatica per la minaccia delle alluvioni. E, ancora, dovevano essere
soppesate le localizzazioni all’intorno e i poteri che vi gravitavano, perché
potevano rivelarsi positivi o fonti di costante pericolo.
Quando
nacque Alessandria – dicevo – tutte quelle complessità erano presenti. La città
venne eretta alla confluenza di due fiumi, accosto al tracciato di una via,
come quella Francigena, dove diminuivano i transiti da quando la caduta
dell’impero franco aveva lasciato spazio all’ascesa della potenza germanica.
Dalla prima calata di Ottone il Grande, nel 951, il potere si era spostato a
est. I passi del Monginevro, del Moncenisio e del Gran San Bernardo stavano
declinando a favore di quelli del Sempione, del Brennero e del Gottardo.
Appena nata, Alessandria si trovò stretta fra la guerra tra Lega e Impero, la
nuova potenza astigiana, l’antica potenza degli Aleramici e le bramosie dei
vincitori futuri, i Savoia.
Ma
stava lì, in mezzo al fango dei due fiumi, oscurando i più antichi radicamenti
di Castellazzo, Valenza, Tortona e ponendosi come passaggio obbligato per chi
voleva raggiungere Piacenza, Cremona, Lodi, Milano, per chi intendeva scendere
dalla lontana Provenza oppure portare il suo commercio dalle vallate che
facevano corona a Cuneo, Alba, Cherasco, Ceva. Ancora: era il percorso più
diretto che congiungeva la grande città marinara di Genova, con i suoi traffici
mercantili, alla pianura Padana. Genova, che si obbligava a un tributo per
mantenere in buone condizioni la strada che collegava le due città. Genova, a
cui Alessandria intestava una porta d’accesso, oggi ricordata col nome dato a
una piazza che guarda via Marengo, verso il sud.
Nella
geo-politica a volte si guadagna, a volte si perde. Alessandria vinse il suo
primo confronto, con Federico Barbarossa, resistendo all’assedio che
l’imperatore condusse nel 1174, dopo aver espugnato Asti, e vinse nel 1290
anche il confronto con Guglielmo VII di Monferrato, che finì i propri giorni
imprigionato nelle sue segrete. Perse quando, ribellatasi al dominio visconteo,
venne devastata dalle truppe di Facino Cane nel 1402 e quando Napoleone se ne
impadronì, dopo la sua vittoria a Marengo nel 1800.
Il
generale corso era uno stratega di prim’ordine e si avvide subito delle
potenzialità di Alessandria come base avanzata dell’esercito francese. Mise
all’opera il suo Genio militare per costruire, sulla primitiva cittadella
alessandrina, una enorme piazzaforte, fortificata da robusti bastioni e da
profondi terrapieni. Peccato che il completamento di quell’opera imponente
comportasse la distruzione quasi completa di Bergoglio e, per rendere più
facile l’attraversamento della città alle truppe schierate, venisse fatto
saltare l’antico duomo.
La
sorte, però, non è sempre così maligna. Passò Napoleone, arrivò l’Unità
d’Italia e si cominciò a parlare del nuovo, straordinario mezzo di trasporto:
il treno a vapore. La Napoli-Portici fu solo un antipasto. Fra la I e la II
seconda guerra mondiale, prese forma il complesso asse ferroviario che doveva
collegare l’Italia Unita. Fu proprio la sua posizione che decretò Alessandria
come secondo snodo ferroviario per le merci, dopo quello di Bologna.
Alessandria
della paglia divenne, negli anni a cavallo fra il ’50 e il ’60, la città delle
Borsaline e dei ferrovieri. Un’ora e poco più per arrivare a Torino;
altrettanto per arrivare a Genova; qualche disagio maggiore per arrivare a
Milano. Ma quello era il triangolo del miracolo economico, Alessandria ne era
parte e la realizzazione delle autostrade che ne seguì non fece che aumentare
le sue potenzialità di crescita.
Finchè…
finché, all’inizio del nuovo secolo, negli anni 2000, si cominciò a parlare
delle direttrici europee ad alta velocità, come la TAV Lione-Torino-Milano, si
realizzò la linea ad alta velocità Milano-Roma e si profilò la realizzazione
del terzo valico da Genova, prima pensato per i viaggiatori, poi per le merci.
Ma
questa è una storia di cui si parlerà nella prossima puntata.
Commenti
Posta un commento
Grazie per il tuo commento torna a trovarci su Alessandria post