LMCA: l’opera pia Solia e i trovatelli nell’Ottocento in Alessandria
by Piercarlo Fabbio
Alcune volte gli uomini e le donne, utilizzando un poco del tempo che hanno a disposizione per pensare alle loro stesse azioni, ci meravigliano con gesti che hanno del clamoroso. Come se il tempo, anche poco, fosse uno strumento che trasforma un comportamento quotidiano da normale in straordinario. Perché tra due fatti passa poco più di una settimana, ma un mondo incommensurabile di valori. E’ proprio successo così a Frignano, Caserta, presso la parrocchia di Maria Santissima dell’Arco. La scorsa settimana nella puntata de ‘La mia Cara Alessandria’ - in onda ogni martedì dalle 12,15 alle 13,15 dalle frequenze di Radio Bbsi e disponibile nella sezione podcast dei siti www.fabbio.it oppure (solo per la parte storica) www.ritrattidallalba.it – Piercarlo Fabbio aveva raccontato dell’abbandono di un neonato all’ingresso della canonica imbastendo una trattazione sugli esposti, i trovatelli, gli abbandonati e i gittatelli nei secoli in Alessandria e non solo.
Francesco, questo il nome del bambino appostogli da Don Roberto che lo aveva raccolto, ha ritrovato la madre, che dopo circa una settimana, si è presentata all’ospedale di Aversa, dove il piccolo era ricoverato chiedendone la restituzione. Sorprendente è che durante le prime interviste con le quali i media hanno dato clamore a una vicenda che
la storia, purtroppo, ci ha abituatati a non considerare eccezionale, Don Roberto si diceva sicuro che la madre sarebbe ritornata. Un’incredibile preveggenza o qualche informazione ricevuta in Confessione? Quasi un sospetto…
Qualche certezza in più c’è sulla storia, legata alla ruota degli esposti e all’organizzazione che si muoveva dal momento in cui un bimbo veniva furtivamente lasciato in mani sicure. Una storia con numeri precisi: ad inizio Ottocento circa 300 bimbi abbandonati all’anno su 1400 nati. Dati cui va aggiunto il risultato di una costante, drammatica pestilenza: la mortalità infantile. Ancora a cavallo degli anni dell’Unità – 1860 – 61 – 62 – oscilla tra il 54 e il 63 per cento, superiore di un quarto rispetto a quella che colpisce i figli legittimi e riconosciuti.
Se ci si attiene alle morti nel primo anno di vita, nel 1864 si registra un 35 per cento di esposti morti. Non va meglio a Milano con il 41 nel primo anno di vita e, addirittura, a Torino con oltre il 60. Le condizioni climatiche hanno la loro colpa. E non a caso nel Nord si muore più di inverno e nel sud più d’estate. Le patologie respiratorie hanno, in Alessandria e in genere nella pianura padana della riva sinistra del Po, una forte incidenza a gennaio e febbraio. Ma anche le condizioni igieniche in cui sono tenuti i bimbi nei brefotrofi.
Nel 1856 viene richiesto l’intervento di una Commissione d’inchiesta e le conclusioni sono desolanti. Negli anni a seguire la Congregazione dell’Ospedale e la Deputazione provinciale faranno grandi sforzi per migliorare le condizioni di vita dei neonati tenuti a ricovero. Nel 1872, infatti, i risultati si vedono: il tasso di mortalità si è ridotto a un terzo (12,79 per cento); nel 1911 si scende a meno del 5 per cento. Non vanno dimenticate le mutate condizioni sociali. Anche e soprattutto in città, visto che nelle campagne le braccia servono sempre.
Fino a 5 figli si riescono a mantenere, di più è un problema. La ruota diventa dunque un elemento di promozione all’abbandono dei figli non voluti o prodotti dal peccato. E’ proprio la sua presenza ad alzare il tasso di fertilità, ad esempio, delle operaie milanesi. Una volta consegnato il piccolo alla ruota, la donna è di nuovo pronta per una nuova gravidanza non rallentata dall’allattamento e in assenza di contraccettivi.
A metà Ottocento le operaie dell’area milanese riuscirono a partorire in media 13,7 figli contro gli 8,4 della media nazionale. Queste ed altre ragioni portarono, nell’ultimo quarto dell’Ottocento, ad abolire le ruote. In Alessandria l’istituzione più importante nel campo dell’infanzia abbandonata è l’opera pia Solia, ‘nata’ dal testamento di Francesco Solia, che si prefiggeva scopi di alto valore sociale. Praticamente attiva dal 1826, avevano titolo di preferenza le alessandrine. Le paganti non avevano bisogno di molto altro per l’accesso, visto che garantivano quasi un terzo dell’introito dell’Opera pia, mentre più complicato era essere ammesse a titolo gratuito. Occorreva una ‘fede’ del parroco competente dove la giovane per residenza era incardinata; poi la donna doveva sottoporsi a una visita medica da parte del chirurgo dell’ospedale, visita che costituiva la seconda ‘fede’ indicando come la giovane dovesse essere in cinta di almeno sette mesi, non essere affetta da sifilide o da altra malattia attaccaticia’. A tutte era mantenuto rigorosamente l’anonimato; erano anche il frutto di una serie di buone relazioni sociali, filtrate dalle parrocchie e non era infrequente che si celassero dietro di loro dei benefattori, disposti a scucire più di una semplice elemosina.
Viaggiando ‘Stra per Stra’ in questa puntata del 25 novembre ci ritroviamo in via Francesco De Antonio, da corso Acqui a via Umberto Giordano (parallela a via Vico): nato ad Alessandria nel fatidico 1821, anno dei primi moti risorgimentali, si laurea in medicina e svolge la professione di medico. Ma non si limita a questa, tant’è vero che diventa ‘ottimo cultore’ – ricorda il Basile – di letteratura e storia naturale. Muore nel 1881.
Dopo l’Almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria, si chiude, come ormai tradizione da anni, con la playlist che, curata con Roberto Cristiano, propone i favolosi anni Sessanta: Bisonti, ‘La casa del sole’ (the house of the rising sun, 1968); EdoardoVianello, ‘Abbronzatissima’ (1963); Nino Ferrer, ‘La pelle nera’ (1967); Lucio Battisti, ‘Mi Ritorni In Mente’ (1969); Mina, ‘Sono come tu mi vuoi’ (1966); Patty Pravo, ‘Se perdo te’ (1967); Rocky Roberts, ‘Stasera mi Butto’ (1967); The Showmen, ‘Un’ora sola ti vorrei’ (1968); Tony Renis, ‘Quando quando quando’ (1962).
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