La Borsalino nel maxi crack del gas


Latitante il finanziere Marenco, accusato di una bancarotta da 3 miliardi
Un blitz doganale. Sequestrate azioni in undici società per un valore di 77 milioni e 18 indagati
27/12/2014
PIERO BOTTINO ALESSANDRIA
Sembra che un maledizione aleggi sulla Borsalino: dopo 21 anni un altro «patron» del cappellificio è destinatario di un’ordine di custodia cautelare. All’epoca era l’architetto socialista Silvano Larini, travolto da Tangentopoli, oggi il finanziere astigiano Marco Marenco, 59 anni, al centro di uno dei crack più grandi della storia italiana dopo Parmalat: roba da tre miliardi. Un mandato di cattura è stato firmato a giugno dal tribunale di Asti e rinnovato a luglio da quello di Alessandria. Non se n’era saputo nulla perché gli inquirenti speravano in un passo falso di Marenco, che invece ha continuato beatamente a fare affari dall’estero (pare sia in Svizzera, il suo difensore Vittorio Nizza, di Torino, dice «non lo vedo da sei mesi»). Di qui il blitz deciso dal Tribunale alessandrino e messo in atto ieri dall’Agenzia delle Dogane: un sequestro da 77 milioni di quote in undici società, controllate direttamente o indirettamente dal
finanziere. E ci sono anche 18 persone indagate sempre per bancarotta. 
Accise evase  
L’inchiesta era partita dalla Dogana di Alessandria, che ha competenza anche su Asti: aveva scoperto un’evasione da 4 milioni di accise sul gas della Metanprogetti con cui Marenco aveva metanizzato mezzo Piemonte. Di qui altre verifiche fino ad accertare 300 milioni di evasione. Nel frattempo cominciavano ad arrivare richieste di concordati preventivi da diverse società «marenchiane» con passivi impressionanti, fino appunto a delineare il maxi crack e a portare al fallimento personale di Marenco. Nel sequestro di ieri ci sono anche azioni della KrEnergy, quotata in Borsa, e della Exergia Spa (due anni fa tolse l’elettricità per morosità allo stadio Marassi di Genova).  
Azienda sotto tutela  
Sequestrato anche il 50,45% della Borsalino di proprietà della dalla Fisi, a sua volta controllata da una società quasi omonima con sede in Germania e che fa capo a Marenco. Così com’era sua la Finind, che del cappellificio ha il 17,47%: solo che quest’ultima è stata commissariata (incarico affidato al dottor Dario Lenti). Ad agosto s’era già scritto dell’intrico di scatole cinesi in cui il finanziere astigiano aveva inserito la Borsalino; ora con il sequestro e l’arrivo nei cda dei vari «custodi» nominati dai tribunali per tutelare i creditori, molti dei legami con il finanziere saranno recisi.  
Giro di poltrone  
Ma nel frattempo al cappellificio di Spinetta (quasi 100 dipendenti) nuovo giro di poltrone: l’ad Marco Moccia è diventato anche presidente, in consiglio sono entrati Saverio Canepa e Raffaele Grimaldi (già nella KrEnergy), mentre lo storico uomo-azienda Dario Repetti è finito alla direzione generale. Ci sono problemi di liquidità (1,4 milioni sono bloccati dall’Agenzia delle entrate per una presunta evasione fiscale da 16 milioni) e per ora si pagano solo stipendi e fornitori strategici. Per altro il lavoro non manca. Ma resta il problema del marchio che nel 2008 fu ceduto ad una società di leasing per 16 milioni e ora viene riscattato a rate. Ci vogliono ancora 6,5 milioni per non perdere il maggior valore rimasto all’azienda: il suo nome. 

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