Censis: L’adattamento interstiziale degli immigrati


Dal 48° Rapporto annuale sulla situazione sociale del Paese:
In un anno ancora di crisi economica, in cui sono aumentate le divaricazioni territoriali e sociali, c’è un segmento della società che, seppure faticosamente, continua a dare segnali di vitalità. Si tratta degli immigrati che hanno scelto di vivere stabilmente nel nostro Paese e che, pur mantenendo intatta la propria soggettività, reagiscono alla crisi inserendosi negli spazi lasciati liberi dai nostri connazionali, in alcuni casi cercando di fare mixité tra la propria cultura e la nostra.
Negli anni della crisi, le imprese con titolare straniero in Italia sono passate da 312.838 a 399.764, con una crescita del 27,8% nei sette anni considerati e del 2% solo nell’ultimo anno. Tra gli stranieri sono particolarmente vitali gli extracomunitari, che in tutto il periodo crescono del 31,4% e del 2,7% quest’anno. Tutto ciò avviene mentre le imprese gestite dagli italiani calano del 10% (-1,6% nell’ultimo anno).
Sono due i settori in cui gli stranieri stanno esercitando maggiormente la loro capacità di fare impresa e di infilarsi
silenziosamente nelle nostre radici e nelle nostre tradizioni: il commercio e l’artigianato.

Le imprese di commercio al dettaglio gestite da stranieri sono complessivamente 125.965, rappresentano il 15% del totale e sono cresciute del 13,4% dal 2011 a oggi, mentre quelle italiane si sono ridotte del 2,4%. In particolare, nel commercio al dettaglio in sed e fissa abbiamo assistito alla scomparsa di circa 10.000 negozi su tutto il territorio nazionale. I negozi gestiti dagli stranieri, invece, che sono 40.504 e rappresentano il 6,2% del totale, crescono di oltre 3.000 unità, con una variazione positiva del 9,2%. E i dati relativi ai primi sei mesi del 2014 confermano questa tendenza. Aumenta, in particolare, il comparto alimentare, che conta 5.031 punti vendita e cresce del 22% nei due anni considerati. L’incremento risulta addirittura del 33,9% per i negozi di frutta e verdura, che a fine 2013 erano 1.827 e rappresentavano il 10% dei negozi di questo tipo aperti sul territorio nazionale. Per il resto, si segnala l’aumento dei negozi non specializzati, una sorta di empori che vendono merci di ogni tipo: nel 2013 erano 10.342 e dal 2011 sono aumentati del 18,2%. Ci sono poi alcuni comparti in cui gli immigrati si vanno specializzando, quali le rivendite di apparecchiature informatiche e di telefonia (+15,8% in due anni), i fiorai (+7,7%) e i tabaccai (+11%). Ma il segmento del commercio in cui gli immigrati ormai la fanno da padroni è quello dell’ambulantato: un settore che negli ultimi due anni mostra una buona vitalità complessiva, con una crescita di oltre 7.000 imprese registrate. Tale crescita è dovuta interamente agli stranieri, che sono passati dalle 73.959 imprese ambulanti registrate nel 2011 alle 85.461 del 2013 (+15,6%). Il risultato è che i venditori ambulanti stranieri rappresentano oggi il 46,8% del totale, ma sono decisamente la maggioranza nella vendita dei prodotti di abbigliamento e dei non alimentari.

Il moltiplicarsi dell’offerta ha provocato un cambiamento nelle abitudini di spesa degli italiani. Una indagine del Censis testimonia come sono più di 33 milioni gli italiani che si recano, almeno qualche volta, a fare la spesa in negozi gestiti da im- migrati, e di questi circa 6 milioni vi si recano regolarmente. I più frequentati risultano i negozi di casalinghi, ovvero i mini-empori dove si trova di tutto (vi si servono regolarmente quasi 3,5 milioni di persone), seguono gli alimentari (dove gli acquirenti superano i 2,6 milioni), i negozi che vendono saponi e detersivi, quelli di frutta e verdura.

Nel 2013 le imprese artigiane straniere erano 175.039, con una crescita del 2,9% negli ultimi due anni, quando le imprese italiane sono calate del 4,5%, e impiegano 284.613 addetti (+1,3% rispetto al 2011). Le attività cui si dedicano maggiormente gli stranieri sono i lavori di costruzione e di rifinitura degli edifici. In particolare, si contano 91.706 imprese specializzate nel settore, che rappresentano circa un quinto del totale delle imprese, e 15.840 ditte che si occupano della costruzione propria- mente detta.
La sommersa esigenza di un nuovo umanesimo
La crisi economica, che continua a mordere individui e famiglie, accresce ansie e inquietudini. È difficile cogliere tracce di una nuova fiducia nel futuro e negli altri. Solo il 20,4% degli italiani pensa che gran parte della gente sia degna di fiducia, mentre il restante 79,6% è invece convinto che bisogna stare molto attenti.
La propria personalissima crescita umana sta diventando l’unica certezza. Non vi contribuisce più il territorio (troppo violato fisicamente e moralmente per sentirlo proprio), né il lavoro (che spesso non è quello che si vorrebbe), non il reddito (sem- pre più incerto), né i consumi (che si riducono). Secondo gli italiani l’identità si fonda soprattutto sulla nostra natura, sul nostro carattere e sull’educazione ricevuta, sul bagaglio di principi che custodiamo, sul capitale di conoscenze che possediamo nella nostra mente, sulla nostra interiorità
Censis

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