Roma, il ponte finito nel 2011? Da abbattere e ricostruire. Il perito: “Travi non a norma”. Ma nessuno vuole pagare
L'infrastruttura fa parte del cosiddetto “corridoio della
mobilità” Eur-Laurentina-Tor Pagnotta. È servito l’intervento di un
collaudatore esterno, a opera finita da oltre 4 anni, per accorgersi di una
difformità che poteva emergere già in fase di fornitura dei materiali. La
documentazione non è stata contestata subito dalla società capitolina Roma
Metropolitane che ha commissionato i lavori
Un ponte di 22 metri realizzato
con materiali non a norma. E ora l’infrastruttura – costruita nel
lontano 2011 ma mai aperta – va demolita e ricostruita da
capo. Con ingente spreco di denaro, fra ricorsi e possibili
contenziosi. Un errore che rischia di inceppare ancora una volta la realizzazione di
una delle tante celebri incompiute della Capitale, il cosiddetto
“corridoio della mobilità” Eur-Laurentina-Tor Pagnotta. Sull’intera
opera – che da quadro economico sarebbe dovuta costare 163 milioni di euro e
che da cronoprogramma aggiornato dovrebbe essere inaugurata
nel settembre 2018 – sono accesi i riflettori della Procura di Roma e
della Corte dei Conti, sia sul fronte degli extra-costi sia
per la nota vicenda dei 45 filobus per il cui acquisto l’ex ad
di Eur Spa, Riccardo Mancini, avrebbe intascato una tangente
di 600mila euro (nell’ottobre scorso il pm Paolo Ielo ha
chiesto di condannare l’ex dirigente alemanniano a 5 anni di carcere). Fatto
sta che il corridoio Eur-Laurentina-Tor Pagnotta e il “gemello” Eur-Tor
de’ Cenci aspettano di essere conclusi dal 2004, anno del primo
passaggio in Consiglio comunale alla presenza del sindaco Walter
Veltroni.
LE TRAVI SENZA
MARCATURA CE – Dal
carteggio riservato di cui ilfattoquotidiano.it è
entrato in possesso, oggi emerge che una delle opere edili necessarie per
la realizzazione del percorso filoviario è stata costruita con
delle travi che non presentano la regolare marcatura europea CE,
certificazione fondamentale per attestare la qualità dei materiali.
Ad accorgersene a ponte già costruito, a fine 2015, è stato un collaudatore
esterno, Roberto Bottari, che il 23 febbraio 2016 scrisse al
responsabile unico del procedimento della stazioneappaltante Roma
Metropolitane, Margherita Meloni, e al presidente della Commissione
di Collaudo, Domenico Sandri, facendo rilevare l’incongruenza.
Dalla missiva si evince che la De Sanctis Costruzioni Spa –
che in Ati con Monaco Spa e Atm Azienda Trasporti Milanese Spa è la concessionaria dell’intero
appalto – e la società fornitrice delle travi, la SigmaC di
Mestre, hanno prodotto solo un “attestato di equivalenza” che,
secondo quanto fatto notare dal collaudatore statico, non può sostituire lecertificazioni
di legge in quanto, come scrive l’ingegnere, “non appare rinvernirsi
riscontro alcuno nell’ordinamento vigente, unico riferimento al quale
debbono attenersi, secondo il noto principio di legalità, sia gli Enti pubblici
territoriali sia le società partecipate dai medesimi, sia il sottoscritto
collaudatore”. Quello che colpisce è che ci sia voluto l’intervento di un
collaudatore esterno, a opera finita da oltre 4 anni, per accorgersi di una difformità che
poteva emergere già in fase di fornitura dei materiali e che la documentazione non
sia stata invece contestata subito dalla società capitolina Roma
Metropolitane che ha commissionato i lavori.
PONTE DA DEMOLIRE E
RICOSTRUIRE: CONTENZIOSI IN VISTA? – Fatto sta che a 6 anni dalla sua realizzazione e
a 2 anni dalla scoperta dell’ “inghippo”, il ponte sul fosso di Tor
Pagnotta è ancora al suo posto, con le travi non a norma. Eppure, inizialmente
la De Sanctis Costruzioni aveva annunciato di volersi fare
carico della “rimozione delle travi” che, tuttavia, “comporta la
totale demolizione dell’impalcato completo di tutti i
suoi componenti integrativi e la loro relativa
ricostruzione”, come scrive il direttore tecnico della De Sanctis, Giuseppe
Iagulli, in una lettera del 6 ottobre scorso a Roma Metropolitane.
Dall’assessorato capitolino alla Mobilità, guidato da Linda Meleo,
spiegano al fattoquotidiano.it che “la ditta ha già inserito
la ricostruzione del ponte nel cronoprogramma consegnato nel luglio 2017”; dal
carteggio fra la rup Margherita Meloni e il dt Iagulli,
però, emerge un particolare di cui la giunta pentastellata potrebbe essere
all’oscuro: “L’Ati – scriveva Meloni il 4 ottobre 2017 – non ha ancora
ottemperato alla richiesta del 10 agosto di inserire nel crono
programma per il completamento del Corridoio l’intervento di sostituzione
travi”. Il motivo? Evidentemente la società costruttrice sta facendo resistenza.
“È doveroso ricordare – si legge nella missiva del costruttore in replica alla società
capitolina – che qualora la Committente volesse procedere nella
direzione preannunciata, la scrivente si vedrà costretta a rivalersi nei
confronti dei diversi soggetti aventi responsabilità concrete,
ciascuno secondo le proprie responsabilità, per vedersi ristorata
dei danni patiti e patendi”. Insomma: la De Sanctis Spa minaccia di rivalersi economicamente
sui “responsabili” e lo fa in una lettera diretta a Roma
Metropolitane.
IL MURO DI GOMMA:
PARLA SOLO LA SIGMAC –Dall’assessorato Mobilità di Roma Capitale non emergono
preoccupazioni in merito alle tempistiche dell’opera. “La data
del taglio del nastro resta settembre 2018 – spiegano dall’assessorato–
sono evidentemente situazioni precedenti, risalenti al 2011, che la
nostra amministrazione ha ereditato. Ma ci è stato assicurato che
non vi saranno ritardi rispetto a quanto annunciato”.
L’auspicio è quello, anche se la tensione su tutta vicenda è palpabile. Per 10
giorni ilfattoquotidiano.it ha richiesto informazioni ufficiali a Roma
Metropolitane Spa senza ottenere alcuna risposta; silenzio totale
anche dalla De Sanctis Costruzioni e dall’ingeger Iagulli, ai
quali avevamo chiesto audizione per iscritto senza ricevere, tuttavia, alcuna
replica, nemmeno un formale diniego. Solo la SigmaC,
azienda fornitrice delle travi contestate, ha acconsentito a rispondere alle
nostre richieste di chiarimenti. “Si tratta di un problemaprettamente
burocratico – ci spiegano al telefono gli amministratori della
società veneta – Le travi sono sicure e hanno superato i collaudi.
Sono solo state costruite a cavallo dell’entrata in vigore delle nuove
leggi e non avevano la marcatura CE. Tutto qui, i nostri materiali sono
sicuri, si tratta di resistenze eccessive. Ora dovranno
buttare giù il ponte e ricostruirlo: è uno spreco di soldi,
indipendentemente da chi paga. I costi? Circa 1 milione di euro. Ce
la vedremo noi e la società appaltatrice (la De Sanctis, ndr)”. Anche se, a
questo punto, è chiaro come non sono esclusi ricorsi verso la parte
pubblica. E i costi per la collettività, come al solito, rischiano di
moltiplicarsi.
Commenti
Posta un commento
Grazie per il tuo commento torna a trovarci su Alessandria post