Elisabeth Gaskell e la letteratura del periodo “Vittoriano”
Elisabeth Gaskell e la letteratura del periodo “Vittoriano”
Inoltrarsi nella trattazione della storia
di genere è tuttora un fatto assai complesso proprio per la
contraddittoria tendenza che, da un lato porta alla liberalizzazione
progressiva del ruolo della donna ma, dall’altro, continua a mantenere
ben radicata una tradizione maschilista. Tuttavia, troppo marcata è la
presenza della scrittura femminile nel corso dei secoli perché si possa
tralasciare e, di conseguenza, è bene raccontare e rendere note figure
di scrittrici, poetesse, artiste che hanno contribuito ad arricchire il
panorama culturale di tutti i tempi. Una delle protagoniste della scena
letteraria inglese di metà Ottocento, molto conosciuta in Inghilterra,
ma ancora scarsamente nota in Italia, dove è stata tradotta solo da poco
e quasi sempre da editori di nicchia, è sicuramente Elizabeth Gaskell (1810-1865), autrice di Nord e Sud,
(1855), ambientato nel pieno della rivoluzione industriale. Essa è
sicuramente una delle interpreti femminili più interessanti del periodo
“Vittoriano”, capace di dare voce ad un momento estremamente complesso e
transitorio di una società moderna di fronte alle trasformazioni
sociali, politiche ed economiche conseguenti alla rivoluzione
industriale. L’Epoca Vittoriana della storia moderna ha abbracciato la
maggior parte del diciannovesimo secolo, dal 1835 al 1900, ed è stata
così denominata in correlazione al lungo regno di uno dei più famosi
sovrani del Regno Unito, la regina Vittoria. Durante questo periodo, il
potere e l’influenza dell’Impero Britannico è stato all’apice,
governando più di un quarto della popolazione mondiale. Come
conseguenza, il conservatorismo sociale della Regina Vittoria, il quale
includeva restrizioni culturali e legali sulle donne, diventò uno
standard culturale attraverso la lingua inglese e i Paesi Occidentali.
Malgrado questo, comunque, la forza politica e sociale delle donne
aumentò, nonostante la Regina Vittoria avesse stabilito diverse norme
per il ruolo delle donne, rappresentando essa stessa un tipo di
femminilità incentrata sulla famiglia e prevalentemente sulla maternità.
In virtù di ciò, durante i primi anni dell’Epoca Vittoriana, era
previsto che le donne seguissero l’esempio della Regina Vittoria,
occupandosi principalmente di attività relative alla sfera domestica
della casa e della famiglia. I diritti legali delle donne sposate erano
simili a quelli dei figli: esse non potevano votare, citare qualcuno in
giudizio né possedere alcuna proprietà. Non potevano esercitare una
professione, a meno che non fosse quella di insegnante o di domestica,
né era loro riconosciuto il diritto di avere propri conti correnti o
libretti di risparmio. A dispetto della loro condizione di “angeli del
focolare”, venerate come sante, la loro condizione giuridica era
spaventosamente misera. L’atteggiamento dell’epoca era incline a
considerare che l’educazione delle donne non avesse bisogno della stessa
estensione e degli stessi caratteri classici e commerciali di quella
degli uomini. Le donne avevano la necessità di conoscere solo le cose
indispensabili, di badare ai figli e mandare avanti la casa. Materie
come storia, geografia e letteratura erano considerate importanti, al
contrario del latino e del greco. Le donne che desideravano studiare
materie come legge, fisica, ingegneria o arte venivano derise ed
allontanate. Era opinione comune che non fosse necessario per le donne
iscriversi all’università. Si arrivava addirittura a dire che studiare
fosse contro la loro natura e che potesse farle impazzire. Esse dovevano
accontentarsi del semplice ruolo di “ornamento della società” ed essere
subordinate ai mariti. L’obbedienza era tutto ciò che si richiedeva da
loro. Questo fu indubbiamente un passo indietro rispetto al secolo
precedente, quando la Rivoluzione Industriale aveva indotto le donne ad
uscire dalla casa dei loro padri e mariti per cercare lavoro nelle nuove
fabbriche. Durante il primo periodo della Rivoluzione Industriale, le
donne lavoratrici avevano stabilito alcuni, sebbene limitati, diritti
per se stesse nella società Occidentale: potevano negoziare su orari di
lavoro migliori, un salario più congruo e per certi versi, manifestavano
un controllo su come queste paghe dovevano essere spese. Virginia
Woolf, in un suo celebre saggio, spiegava le ragioni che per secoli
hanno impedito alle donne di coltivare un talento artistico. Per lunghi
secoli le donne sono state messe da parte: era loro impedito entrare
nella vita attiva del proprio paese e avere una cultura superiore. Non è
stato possibile coltivare attitudini artistiche (questa la tesi di Virginia Woolf nel saggio “Una stanza tutta per sé”).
Nel primo decennio del XIX secolo, tuttavia, la situazione lentamente
si andava modificando. Molte donne presero a confrontarsi con il romanzo
gotico (una su tutte Ann Radcliffe) e si affermò la produzione di Jane
Austen e di Elisabeth Gaskell, oltre le sorelle Bronte. Resta da
sottolineare, tuttavia, che le scrittrici raramente pubblicavano con il
loro nome anzi scrivevano usando uno pseudonimo maschile (un esempio
noto George Eliot) o preferivano l’anonimato, questo perché alle donne
di buona famiglia una professione era interdetta e tantomeno sarebbe
stato possibile dedicarsi a una carriera dedicata alle arti, occupazione
decisamente poco consona alla “pudicizia e al ruolo muliebre” secondo i
Vittoriani.
“Nord e Sud” è uno dei romanzi più famosi della Gaskell. Uscì a puntate nella rivista di Charles Dickens “Household Words”
dal 1854 al 1855, anno in cui fu per la prima volta pubblicato in tre
volumi, con l’aggiunta di alcuni capitoli della parte finale. Il libro è
stato pubblicato per la prima volta in lingua italiana nel 2011 dalla
Agenzia Letteraria e casa editrice Jo March. Racconta la vicenda di
Margaret Hale, la giovane e bella protagonista che si interessa di
economia e di condizione operaia, oltre che della madre ammalata e del
padre addolorato. Economia e questione operaia (che Elizabeth Gaskell
conosceva piuttosto bene, essendo una donna di ampia cultura e di vaste
letture, che viveva a contatto della realtà urbana industriale di
Manchester e frequentava circoli culturali progressisti) sono al centro
di Nord e Sud, dove si opta per una
soluzione dei conflitti certamente ottimistica. L’autrice del romanzo è
stata apprezzata soprattutto per la sua capacità di dare voce ad un
momento estremamente complesso e transitorio di una società moderna di
fronte alle trasformazioni sociali, politiche ed economiche conseguenti
alla rivoluzione industriale. Per motivi familiari la protagonista si
trasferisce da Helstone, tranquillo paesino dell’Inghilterra del Sud
alla super – industrializzata città di Milton, dove le ciminiere fumano
senza posa, i telai sfornano tonnellate su tonnellate di tessuti e
indumenti di cotone e dove moltitudini di operai sfruttati e spesso
sottopagati cercano di conquistarsi condizioni decenti di lavoro
attraverso le lotte sindacali, mentre gli imprenditori dell’industria
tessile si destreggiano per tenerli al loro posto, con alterni
risultati. Infatti, Margaret scopre ben presto che gli operai sono in
realtà agguerriti e assai combattivi. E gli imprenditori non sono come
la gentry della buona società che è abituata a frequentare, ma
si rivelano senza scrupoli e alimentati da brama di potere e guadagno ad
ogni costo. E proprio con uno di questi imprenditori, lo spinoso e
spigoloso Mr. Thornton, dopo un’iniziale e assai spiccata diffidenza,
Margaret finirà per scoprire notevoli affinità, così come con uno dei
più agguerriti operai di nome Higgins. Nel capitolo 17 del romanzo si
affronta il tema dello sciopero indetto dai lavoratori sottoposti a
ritmi inumani e a condizioni di vita miserevoli. D’altro canto il rapido
sviluppo del sistema industriale in Inghilterra provocava già gravi
abusi: gli operai erano sovraccarichi di lavoro, sfruttati, e cosa ancor
più grave era diffuso l’utilizzo di manodopera infantile. Nei casi
peggiori erano costretti a lavorare bambini di cinque e sei anni e anche
meno per più di 18 ore al giorno e li si puniva con severità se
commettevano qualche mancanza. Un momento storico decisivo anche per la
conquista di diritti e garanzie che vedeva contrapposti mondi diversi e
soprattutto la corsa dell’uomo moderno verso la ricerca del profitto e
del proprio personale tornaconto nella generale visione utilitaristica
che alla fine pervade anche il romanzo e a cui si cerca di reagire
dando spazio alla rappresentazione di altre qualità dell’uomo
contrapposte all’egoismo che imperversa. Sullo sfondo del romanzo si
assiste all’incontro di due mondi diversi, il Nord industriale e il Sud
rurale che alla fine si intrecciano e la protagonista, con il tempo,
riesce a trovare una soluzione pacifica al conflitto sociale pronto ad
esplodere ed alla ribellione, semplicemente mediante il dialogo tra le
parti, in un romanzo in cui la conflittualità investe le opposizioni
operai/padroni, donne/uomini. Conflitti di classe o tra sessi, in linea
con questa tendenza pacificatrice, vengono quindi risolti, almeno nel
romanzo della Gaskell, attraverso la conoscenza, il dialogo e il
compromesso, così da restituire la speranza, nel lettore, di una
possibilità di soluzione serena anche nel mondo reale.
“Nord e Sud”, è
un romanzo scritto da una donna che partecipa alla ricerca che altre
donne conducono attraverso la scrittura, rivendicando dignità ed
autonomia, attraverso la rappresentazione di una figura femminile non
edulcorata e stereotipata e contestando apertamente l’ambiguità del
codice morale che condanna oppure tollera a seconda del sesso. La stessa
protagonista, a conclusione dell’intera vicenda narrata, si sottrae
alla tutela della famiglia decidendo liberamente il suo futuro.
Maria Rosaria Teni
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