Giampaolo Pansa: l’addio tra Verdini e Berlusconi nasconde un segreto

(liberoquotidiano.it) - Alto, massiccio, chioma bianca curata da un sapiente coiffeur, bella faccia da imperatore romano della decadenza, il ghigno di chi riflette su problemi cosmici o sta preparando una trappola per qualche sventurato destinato a sparire. Denis Verdini, fiorentino, 64 anni, è l' ultima maschera del caos politico italiano. Ed è sacrosanto metterlo in bella mostra sulla bara della Casta che pretende di comandarci, in cambio di onori e vitalizi. Dicono che il nostro paese sia sempre più povero di cervelli, in fuga verso nazioni che li aspettano a braccia aperte. In compenso l' Italia abbonda di partiti ogni volta più micro, ma pronti a tutte le parti in commedia. In un Bestiario di qualche settimana fa avevo osservato che, accanto a tante mini parrocchie che possiedono soltanto pacchetti di voti da offrire al premier di turno, stavano nascendo califfati regionali sempre più potenti.
Quello di De Luca in Campania, oggi rimesso all' onor del mondo da una sentenza giudiziaria. Emiliano in Puglia. Zaia in Veneto. Accanto a loro esistono dei califfi mancati: Crocetta in Sicilia, Marino a Roma. Adesso si stanno ribellando a Matteo Renzi. Non vogliono dimettersi, come pretende il premier. È possibile che prima o poi verranno costretti a farlo. Ma questo aprirà altri conflitti avvelenati. Visto in tivù per quasi un' ora, nel talk show di Gianluigi Paragone sulla Sette, Crocetta è apparso un uomo disperato, furente, pronto a tutto pur di restare nel Palazzo dei Normanni, la reggia dei governatori siciliani. Mostrava la frenesia nervosa di chi è pronto a uccidere o a uccidersi. Stiamo attenti alle notizie che arriveranno da Palermo.
Il caso di Denis Verdini è diverso. Qui siamo nel romanzo del pretoriano che si ribella al vecchio imperatore e offre la propria spada, ossia i propri voti, a quello nuovo. È un racconto che dovrebbe essere studiato non soltanto dai politologi, ma da un pensatoio di psicanalisti. Perché la vicenda di Denis è cominciata e si è svolta all' insegna di un amore senza limiti per Silvio Berlusconi.  Oggi il Cavaliere è l' amante tradito da Verdini. Ma fra i due c' è sempre stato un rapporto che definire passionale è poco. Se non sapessimo che entrambi sentono il richiamo delle belle signore, sarebbe lecito sospettare l' esistenza di un legame torbido tra il leader e il primo dei suoi vassalli. Qual è il segreto che mi induce a pensarlo? Non si tratta di un enigma, ma molto più semplicemente di sentimenti esternati da Denis nell' agosto del 2008, al momento di diventare il numero due del partito di Berlusconi che allora si chiamava Popolo delle libertà. Ho ritrovato nel mio archivio due interviste verdiniane, concesse a due brave giornaliste. Una era Barbara Romano, di Libero. L' altra Denise Pardo, dell' Espresso. Il mio primo direttore, Giulio De Benedetti, il dittatore della Stampa, suggeriva ai potenti: «Non fatevi mai intervistare da una donna. Al momento opportuno vi fregherà. Semmai cercate di portarvela a letto, quando ne vale la pena».
A Barbara Romano, un Verdini pimpante confessò: «Io ritengo Berlusconi il grande innovatore della politica italiana. L' unico che può cambiare questo paese. È vero: sono politicamente innamorato di Silvio. Essere innamorati di lui è quasi un dovere. Capisco persino l' odio nei suoi confronti. Perché è talmente bravo e inaffondabile da far venire la bava alla bocca degli avversari».
Con Denise Pardo si spinse assai più in là, vaticinando per il Cavaliere l' elezione a presidente della Repubblica: «È un punto d' arrivo naturale per lui. Credo che il Quirinale sia l' ovvia evoluzione della sua epopea politica. Io sono convinto che Berlusconi sia un personaggio unico al mondo. Un uomo semplicissimo e complessissimo. È quasi impossibile non subirne la fascinazione. Tuttavia io mi innamoro delle donne. Non vorrei che oltre a sostenere che sono iscritto alla massoneria, si dicesse che sono anche gay». Così parlava Verdini appena sette anni fa. Adesso ha tradito il suo Berlusconi, abbandonandolo a un destino tetro e allestendo un partitino personale. Al quale ha dato un' insegna banale «Azione liberal popolare». Dicono che potrà contare su una ventina di parlamentari, tra Camera e Senato. Una scheggia tra i 951 rappresentanti del popolo distribuiti tra le due assemblee. Però molto utili, soprattutto a Palazzo Madama, per sostenere il governo di Matteo Renzi.
Ma a proposito di questo sostegno, sorgono alcuni interrogativi. Il primo è che Berlusconi non ha fatto fuoco e fiamme davanti al traditore Verdini. Si è limitato a consigliargli di non andarsene, nel corso di una cena privata di super vip, tra i quali spiccavano Gianni Letta e Fedele Confalonieri. Come mai? Una risposta è che Silvio conosce la situazione giudiziaria di Denis, oberato da un' infinità di processi. E immagina che, prima o poi, una condanna gli impedirà di far girare al massimo la sua Azione liberal popolare.
Tuttavia questa è una spiegazione troppo semplice. E non tiene conto dell' importanza di Denis nella storia recente di Silvio. Infatti è stato Verdini l' inventore del cosiddetto Patto del Nazareno, l' accordo che ha garantito l' alleanza provvisoria tra Renzi e Berlusconi, sino all' elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. Una scelta personale di Matteo che ha aperto un capitolo nuovo nella vita del governo. In politica, tutti i patti si firmano, poi decadono e in seguito possono rinnovarsi.
Questo autorizza due sospetti. Uno è che l' uscita di Verdini da Forza Italia sia stata concordata con Berlusconi nella speranza di insinuare nel campo renzista qualcuno che ricorda i poliziotti infiltrati sotto copertura nel vertice di una struttura criminale per indebolirla. L' altro è che la parrocchietta di Denis avrà il compito di trattare con Renzi, da una posizione neutrale, un nuovo Patto del Nazareno.
Chi vivrà, vedrà. Ma a questo punto è inevitabile considerare la congiuntura attuale del signore che occupa Palazzo Chigi. L' estate del 2015 si sta rivelando fantozziana per il Chiacchierone fiorentino.
Le promesse mancate e quanto accade attorno alla sua poltronissima diventano fonte di problemi giganteschi. Mi limito a indicarne qualcuno.
L' invasione dei migranti che continua senza sosta. La rabbia di tanti italiani alle prese con un' accoglienza disordinata che ricade sulle loro esistenze. Il rischio pesante di un terrorismo islamico sempre più vicino a noi. Il focolaio della Libia che, prima o poi, ci obbligherà a un intervento. Il problema delle quote di clandestini che l' Europa intende risolvere a nostro danno.
Sino a qualche mese fa, Renzi non si immaginava alle prese con un percorso di guerra tanto rischioso per lui. Tenta di uscirne promettendo una storica riduzione della tasse che non potrà mai fare. Il mare che lo circonda è in burrasca. Non servirà a calmarlo un' altra cena, questa volta tra Verdini e Luca Lotti, lo 007 renzista, l' uomo delle trame e dei misteri.
Infine c' è la Casta dei partiti italiani. Questa sì è una massoneria con un solo obiettivo: resistere, durare nel tempo, rifiutare lo spettro della bara che attende il suo cadavere. Ieri era l' anniversario di un altro 25 luglio: quello del 1943 che segnò la caduta di Benito Mussolini. Renzi stia attento ai corsi e ai ricorsi della storia.
 GIAMPAOLO PANSA 





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