Marco Candida: Uno scrittore contro il potere

Marco Candida
by Pier Carlo Lava
Marco Candida ha trentacinque anni e vive a Tortona, sinora ha pubblicato sei romanzi e una raccolta di racconti. Nel 2007 ha esordito con La mania per l’alfabeto, Sironi Editore. Giulia dall'Aquila, ricercatrice presso la Facoltà di Scienze della Formazione presso l'Università di Bari, ha incluso La mania per l'alfabeto in un saggio pubblicato nei Quaderni di didattica della scrittura, 10/2008, Carrocci. Rossella Neri ha incluso La mania per l'alfabeto nella sua tesi di Dottorato di Ricerca in Letteratura e Filologia presso il Dipartimento di Linguistica, Letteratura e Scienze della comunicazione all'Universita' degli studi di Verona. Titolo della tesi "La metanarrativa, le teorie, la storia, i testi".  Lo abbiamo intervistato, queste le sue risposte allenostre domande: 
Chi è cosa fa nella vita e dove vive Marco Candida?
Ho trentacinque anni e attualmente vivo a Tortona in provincia di Alessandria. Ho lavorato come impiegato nell’Ufficio Qualità-Sicurezza-Ambiente di una ditta che produce conglomerato bituminoso. Nel 2009 mi sono trasferito negli Stati Uniti e adesso da un anno e qualche mese sono tornato a Tortona. Negli ultimi sei anni ho per lo più svolto collaborazioni e ho scritto libri di narrativa.
Chi è per te uno scrittore e come pensi venga visto dalla gente?
Bella domanda. Personalmente non mi definisco uno scrittore, di solito, ma dico solo di aver pubblicato qualche romanzo. La parola “scrittore” è associabile a intelletti talmente vasti che ormai cerco solo di evitarla. Oppure si associa a chi cerca successo, visibilità, televisione. Credo che la gente in generale sia attratta dall’idea romantica della figura dello scrittore e che si allontani da essa a causa degli aspetti più pratici. Uno scrittore è un pensatore, un uomo dominato
dalle passioni, con delle opinioni, una visione del mondo, ma può anche essere – e di solito, se vero scrittore, è – un tipo eccentrico, di cui è difficile comprendere le scelte, i comportamenti, è difficile starci insieme.
Com’è nata in te la passione per la scrittura e cosa provi quando scrivi?
Non so bene quando mi sia nata questa passione. C’è sempre stato il fatto che fin da piccolo fossi “bravo a scrivere” e “dotato di fantasia”. Poi a dodici anni ho preso la Lettera 32 del nonno e ho cominciato a scrivere. Scrivevo non puoi immaginare quanto. Anche dieci, quattordici pagine al giorno. Quello che provo quando scrivo non credo sia riconducibile a un unico sentimento. E’ piuttosto un fascio di sentimenti e emozioni spesso contrastanti tra loro. Questo per via, ritengo, del processo d’immedesimazione. Per quanto tempo di solito riusciamo a immedesimarci in
qualcun altro? Forse per cinque minuti o forse per due ore, il tempo di un film. Be’, quando si scrive un romanzo la faccenda è molto diversa. Bisogna calarsi in ogni carattere rappresentato e contemporaneamente bisogna saper tenere le distanze, si può provare grande amore per un personaggio e comportarsi in modo cinico nei suoi confronti oppure grande odio e predisporre per lui un destino benevolo. E’ assai complicato ciò che accade quando si scrive. Come ripeto, di sicuro non è riconducibile a un solo sentimento o a un’unica emozione.
Come nasce quello che scrivi e su cosa ti piace scrivere in particolare?
Di solito parto da un’idea. Un giorno a ventidue anni mi trovavo in un pub con un ex-compagno del liceo. Abbiamo ordinato due birre e io ho tirato fuori un quaderno con delle idee per romanzi e ho cominciato a leggerglielo. Questo mio ex-compagno del liceo ha alzato gli occhi al cielo, si è mostrato spazientito. Da lì mi è venuta l’idea di un aspirante scrittore divorato dalla passione per la scrittura al punto da non far altro che parlare di possibili storie da raccontare, idea che sta alla base del mio primo romanzo, scritto tre anni più tardi dall’episodio che ho appena raccontato. Il terzo romanzo ruota attorno all’idea di un cimitero delle bottiglie. Una sera il padre di un mio compagno di classe al liceo ci ha raggiunti nella tavernetta sotto casa sua dove noialtri facevamo le prove col gruppo – una cover band. In un angolo erano radunate varie bottiglie. Lui si è messo a raccontare storie per ogni bottiglia. Ricordo averlo sentito dire: “Ognuna di queste bottiglie contiene una storia”. Il cimitero delle bottiglie del mio terzo romanzo, Domani avrò trent’anni, proviene precisamente da lì. Il sesto romanzo parla di un uomo di trentadue anni che risvegliatosi da un coma ha un’amnesia totale e non si ricorda più chi è. I suoi genitori e le persone care gli offrono un’identità. Ma lui la rifiuta. Bene, tutta questa storia mi è stata suggerita dalla frase di un film popolare assai famoso qui in Italia e la frase è “Niente è vero se tu non puoi credere in quello che sei”. Quel sesto romanzo in fondo parla più di tutto di questo. Se non credi in te stesso, puoi avere mille ori e mille tesori, ma niente attorno a te ti sembrerà vero, di valore. Le cose bisogna conquistarsele, compresa una propria identità, non basta che qualcuno te la offra pronta e impacchettata. Il film da cui proviene la
frase è Rocky III.
Hai scritto tra gli altri:  La mania per l’alfabeto, Il diario dei sogni, Domani avrò trent’anni,  Il mostro della piscina, Il bisogno dei segreti e Bamboccioni voodoo, c’e ne vuoi parlare?
La mania per l’alfabeto è il mio primo romanzo. L’ho pubblicato quasi sette anni fa ed è un romanzo corposo, di centomila parole. E’ un romanzo intellettuale, dalla costruzione non banale. L’insieme delle mie opere è piuttosto compatto, dal punto di vista tematico. Affrontano, per lo più, storie di bamboccioni. Ne Il diario dei sogni il protagonista Verino Lunari è un ventottenne disoccupato che non fa altro che dormire e annotare i sogni che fa su un diario. E’ un bel romanzo, questo, di cui vado fiero e dove ci sono molte idee che sbocciano da film molto famosi o da storie, addirittura da concetti elaborati da Freud o Einstein, Verino nel suo lettuccio processa ogni idea, la sottopone a ripensamenti, riformulazioni, è un romanzo molto creativo. E’ debitore di Manganelli e Calvino, sono una quarantina di flash-stories (o micro-romanzi) innestati dentro a un romanzo principale come del resto accade in La mania per l’alfabeto e in Domani avrò trent’anni. Il bisogno dei segreti e Il ricordo di Daniel sono i miei romanzi più romanzeschi, più tradizionali. Bamboccioni voodoo è una raccolta di racconti fondamentale nel corpus delle mie opere per definirne senso e direzione, mentre Il mostro della piscina è una novelette che ho scritto a diciannove anni e che rappresenta un puro divertissement e una pausa – pubblicato dall’editore Intermezzi.    
Quali riconoscimenti e menzioni hai ricevuto?
Ogni volta che si pubblica un romanzo questo è già un riconoscimento. Ad ogni modo su La mania per l’alfabeto sono state fatte delle tesi di laurea cosa che mi riempie di orgoglio. Il diario dei sogni è stato tradotto in America grazie a Elizabeth Harris ed è finito su riviste e antologie – in particolare il Best European Fiction. Ultimamente l’ultimo romanzo che ho scritto “Il ricordo di Daniel” ha vinto il Premio Nabokov. Anche le e-mail del singolo lettore o la stima che deriva da altri scrittori per le cose che hai scritto è un riconoscimento assai importante.
Il ricordo di Daniel è il tuo ultimo romanzo, di cosa parla?
Il ricordo di Daniel parla di schizofrenia paranoide. Parla di amnesia. Ci sono dentro allucinazioni. Ci sono pedinamenti e inseguimenti. C’è una storiella d’amore. Si parla anche di emissioni in atmosfera, inquinamento. C’è il mondo degli uffici raccontato in modo un po’ spiazzante. 
Stai già scrivendo il tuo prossimo romanzo, c’e ne puoi parlare?
Ho pronti quattro romanzi e una raccolta di racconti. Uno, Il campione di ping-pong, uscirà a breve. E’ un romanzo importante nell’economia generale delle opere che ho finora pubblicato, cugino stretto di Bamboccioni voodoo. E’ una commedia, e parla della crisi del sistema universitario, per cui si studia come ingegneri o avvocati e poi si finisce a fare un lavoro molto più umile. E’ anche il romanzo “sportivo” della mia produzione, per così dire. L’ho scritto a venticinque anni più o meno in concomitanza col primo romanzo. E’ un libro lungo di ottantacinquemila parole che è la lunghezza anche dell’ultimo romanzo che ho pubblicato – Il ricordo di Daniel. Ne sono molto soddisfatto, sono emozionato all’idea che esca.  
Collabori con qualche sito specializzato?
No. Quando mi sta a cuore un argomento e voglio scrivere un articolo o un saggio invio a qualche rivista specializzata come Nuova Prosa, Atelier, Nazione Indiana, Sagarana, Atti Impuri e occasionalmente altre riviste.
Quali sono i tuoi autori preferiti?
Gli autori che mi accorgo  di leggere e rileggere più spesso sono Stephen King e Ernest Hemingway. Tra gli italiani Giulio Mozzi e Umberto Eco. Quando scrivono qualcosa questi autori per me è un avvenimento, cerco di non perdermi nulla. Ultimamente c’è anche un’altra autrice italiana, Lorenza Ronzano. Quando scrive qualcosa, lo vado a leggere.
Come vedi il presente e il futuro della cultura nel nostro paese?
Fino a quando le ruspe non abbatteranno il Colosseo per costruire un megamercatino cinese con gli indumenti a sette euro, credo che ogni italiano avrà la cultura sotto la pelle, che gli piaccia o no. La cultura è vista come un lusso e in questo momento è un lusso che non possiamo permetterci. Non credo però che i videogames (per parlare chiaro) soppianteranno la cultura tradizionale. Anche perché si potrebbe sempre inventare un videogioco ambientato in un museo con protagonisti mercanti d’arte. Con questo intendo che è necessario farsi venire idee per far sopravvivere arte e cultura.
Uno scrittore come immagina la politica e che cosa vorresti chiedere ai politici?
Uno scrittore la politica non se la immagina ma la subisce come tutti gli altri cittadini. Michela Murgia si è candidata per la Regione Sardegna. Franco Battiato è sindaco di Catania. Lo stesso Beppe Grillo è sceso in campo. Sembra che la politica si stia rivolgendo a menti creative. Questo è un buon segno. La politica sta cercando di rigenerarsi. La politica, anche se mi fa paura, devo dire che ha anche dinamiche piuttosto divertenti. Ad esempio avete notato la moltiplicazione in televisione e nei mass-media in generale (tutto ciò che si rivolge a un pubblico) dei nomi Matteo e Lorenzo e Lorenza? Fateci caso. Una vera invasione. Che sia una qualche nuova forma strategica di propaganda presso le masse? Se non possiedi uno stock di televisioni, forse ci sono altri modi per essere sempre presenti e infiltrarsi piano piano nelle coscienze di ognuno.  
Che consigli ti senti di dare ai giovani che vorrebbero iniziare a scrivere?
Se sono giovani e vogliono cominciare a scrivere, allora bene. Significa che vedono nella scrittura un valore, ne attribuiscono un valore, e non è un semplice rifugio. Questo è un bene. Paradossalmente se sono giovani e vogliono isolarsi e mettersi a scrivere oppure lavorare in gruppi (isolarsi in gruppo) non credo abbiano bisogno di consigli. Se sono giovani. I consigli si danno alle persone non più giovani, quelle che pensano che la scrittura sia un rifugio, sono le persone non più giovani che vanno consigliate, perché sono queste persone che hanno dimostrato di aver fatto un mucchio di errore nella loro vita. Magari il consiglio potrebbe essere questo: se pensi che un libro possa bastare a riparare a tutti gli errori che hai commesso nella vita ti sbagli. E il consiglio per i giovani potrebbe essere questo: non pensiate che pubblicare libri serva a coprire gli errori che farete. 
Programmi per il futuro e sogni nel cassetto?
Ad aprile o giù di lì pubblicherò un romanzo di cinquecento, seicento pagine e poi ho detto dell’altro romanzo. Ho in programma un viaggio a Florianopolis nello Stato di Santa Caterina in Brasile di almeno tre mesi e poi forse di tornare negli States. Il sogno nel cassetto è riuscire finalmente a formarmi una famiglia.

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