Due "Destre" all'orizzonte


Gianni Ferraris Città Futura on-line
Sono stato alla presentazione del libro Utopie Letali di Carlo Formenti (Jaka book editore). Non ne parlerò in quanto, confesso, ancora devo leggerlo, anche se le suggestioni della presentazione sono state molte ed hanno lasciato una discussione aperta. Il Capitalismo senza democrazia è inteprete unico di questa fase, ma l’utopia è anche quella di una sinistra “seduta”, stanca, senza prospettive. Citerò l’incipit si una presentazione : (http://www.ibs.it/code/9788816412392/formenti-carlo/utopie-letali-capitalismo.html):
“Alla parola utopia siamo soliti associare significati positivi: sogni, desideri, speranze in un mondo migliore. Ma a volte le utopie producono effetti imprevedibili, se non catastrofici. In tempi recenti questo rischio è stato evocato soprattutto da destra, per esorcizzare il ritorno dell'indomabile spettro del comunismo. Ma altre sono le "utopie letali" con cui polemizza questo libro: si tratta di quelle di una sinistra "movimentista" che - abbandonata la via dell'antagonismo di classe - ha sostituito le velleità rivoluzionarie con il sogno di un crollo indolore del capitalismo, provocato da improbabili mutazioni della psicologia individuale, lunghe marce dei diritti, terze vie "oltre il pubblico e il privato", ecc. Un racconto che usa una neolingua in cui regna il prefisso post - postmoderno, postfordista, postmateriale, postideologico, ecc. - e che rispecchia quegli stessi valori liberali che dice
di combattere.”
Dirò invece dell’intervento a suo modo sconvolgente del Prof. Guglielmo Forges Davanzati, ( professore associato di Storia del pensiero economico presso la Facoltà di Scienze Sociali, Politiche e del Territorio dell’Università del Salento, e titolare degli insegnamenti di Storia dell’analisi economica e di Economia Politica dei sistemi di welfare presso la medesima sede).
Da economista, Forges ha tenuto una vera e propria lezione spiegando come l’attuale fase recessiva sia in parte voluta e soprattutto come le ricette siano inadeguate a combatterla. Si tratta dell’appiattimento dei governi nazionali in zona Euro ai diktat delle economie forti. In particolare il famigerato tetto del 3% nel rapporto deficit PIL non ha, spiega Forges, alcun motivo comprensibile. Non si capisce da dove sia sbucato fuori quel numerino magico, secondo quali calcoli, al punto che si può tranquillamente pensare che fosse il rapporto del marco e del franco francese pre euro trasferito tout court all’economia continentale. Questo è un vulnus vero e proprio per gli stati meno forti e i risultati sono evidenti a tutti, crisi graca, italiana, spagnola, portoghese in particolare, povertà in aumento esponenziale e “sacrifici” dei poveri soprattutto. L’altro paradigma e falso problema è la crescita del debito pubblico che dovrebbe valere solo ed esclusivamente in rapporto alle capacità delle banche centrali di supportarlo. Emblematico il caso Giappone, terza potenza economica mondiale a fronte del suo 236% di rapporto debito/PIL e 10% nel rapporto deficit/PIL.
In Europa siamo invece vincolatissimi su parametri capestro, sulla ricerca spietata del pareggio di bilancio, arrivando addirittura a metterlo in Costituzione. Una spirale velenosissima che si dovrebbe combattere con più capacità di spesa da parte delle famiglie invece della diminuzione del reddito e di una tassazione asfissiante, un vero ossimoro. Se non ci sono soldi che girano, come ripartono i cunsumi? I casi di povertà estrema sono ormai allarmante norma. Da quando la finanza ha sostituito l’economia sana e si sono accettate le regole della prima, le spire sono ancora più strette. Le banche detengono il debito pubblico italiano e non solo, per cui nessuna legge finanziaria potrà mai scalfire il loro potere, inoltre uno Stato che non può investire non sarà in grado di creare lavoro, di far circolare denaro, di offrire speranze. Pare che Obama abbia compreso questa lezione proponendo l’innalzamento dei salari minimi e la possibilità di aiutare le classi medie creando un circuito virtuoso. Noi siamo all’assurdo dei patti d istabilità che impediscono agli enti locali di asfaltare strade anche avendo il denaro per farlo. Altro che stato sociale.
In questo quadro triste e cupo e a fronte di riforme della Costituzione, di legge elettorale dettata direttamente da Arcore e recepita sussiegosamente dal nuovo incombente, sarebbe bello sapere quale disegno economico ha giubbino di pelle. Sarebbe bene sapere se questo nuovo corso sia in grado di dire (per parafrasare) “qualcosa di sinistra”. Al momento sembra coniugato al maschile: sinistro. Che la lotta di classe sia più viva che mai è sotto gli occhi di tutti, il capitalismo finanziario compie ogni azione utile a sè stesso, appoggia ogni nefandezza, se ne scatafotte della povertà e delle crisi, e la politica italiana ed europea accetta questo gioco. Cosa dovrebbe dire un partito sedicente di sinistra? A quali regole dovrebbe ubbidire? Sembra quasi che in Italia non esista una sinistra di governo, ma due destre, stessa etica, stessi parametri economici.     
Il resto non sembra godere di ottima salute in realtà, quello che c’è oltre il PD è una serie di rivoletti non dialoganti. Situazione veramente spossante per chi si vede negata anche la possibilità di scegliere un candidato fra i sei o sette che saranno in lista. Non si può fare perchè Brunetta e il suo padrone non vogliono, se poi passerà il decretino “salva lega e punisci tutti gli altri” che potremmo chiamare il “salvarazzisti” poi, il gioco sarà completato. In fondo a portare in Parlamento 101 che silurano Prodi siamo capaci anche noi elettori, mica ci vuole la scienza di capipartito. Ovviamente poi avremo quello che auspicano in molti, due soli partiti, il bipolariosmo perfetto fra una destra coesa e un’altra destra che si fa chiamare centro sinistra e non sa cosa sia coesione.  

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