Nel borgo del fantasy: La favola di Amore e Psiche





Amore e Psiche sono i due protagonisti della favola narrata nell’opera di Apuleio “Le Metamorfosi” anche se, sembrerebbe, tramandata da un’epoca antecedente l'autore. 

Nella leggenda Psiche, mortale dalla bellezza comparabile ad Afrodite, la dea della bellezza e dell'amore, non riusciva a trovare un marito e vagava di villaggio in villaggio venerata come fosse stata l'incarnazione della dea e indicata con lo stesso nome.

Afrodite, venuta a conoscenza della giovane che usurpava il suo nome, inviò sulla terra suo figlio Eros, Cupido o Amore per i romani, perché la facesse innamorare dell'uomo più brutto e avaro del pianeta.                                     

Ma, Amore, nello scagliare la fatidica freccia, sbagliò mira e ferì se stesso a un piede, di conseguenza fu lui a innamorarsi perdutamente della giovane donna.

Nel frattempo, i genitori di Psiche, consultarono un oracolo per conoscere il destino che attendeva la loro figliola e il responso fu questo in rime:

Come a nozze di morte, vesti la tua fanciulla

ed esponila, o re, su un’alta cima brulla.

Non aspettarti un genero da umana stirpe nato

ma un feroce, terribile e malvagio drago alato

che volando per aria ogni cosa funesta

e col ferro e col fuoco ogni essere molesta.

Giove stesso lo teme, tremano gli dei di lui,

orrore ne hanno i fiumi d’Averno e i regni bui.

Di seguito a questa terrificante profezia, Psiche venne abbandonata dai genitori su una rupe, ma fu Amore, con l'aiuto di  Zephiro, a salvarla e a condurla nel suo palazzo imponendo però alla giovane che i loro incontri d'amore avvenissero soltanto nelle ore notturne e immersi nella totale oscurità in modo tale che, Psiche non riuscisse mai a rendersi conto della natura divina del suo amante.                              

Psiche diventò prigioniera di una passione che la incatenò anima e corpo e che le travolse i sensi.

Ma una notte, spinta da un’ardente curiosità di conoscere il volto dell'innamorato e, con la complicità delle sorelle, la giovane si avvicinò alla figura di lui, che dormiva profondamente, protendendo una lampada a olio.  Ma il destino era in agguato. Prima che la giovane riuscisse a distinguere il volto dell'amato,  una goccia di olio ardente cadde, ustionando Amore.

“... Colpito il Dio si risveglia; vista tradita la parola a lei affidata, d'improvviso silenzioso si allontana in volo dai baci e dalle braccia della disperata sposa.”

Affranta e scoraggiata la giovane tentò più volte il suicidio ma gli dei glielo impedirono.


Psiche inizierà un vagabondaggio alla ricerca del suo innamorato, vendicandosi delle sorelle e addossando loro la colpa di quanto le era accaduto. In seguito, tentò di conquistarsi il favore degli dei offrendo loro doni e fiori in ogni tempio che incontrava lungo il cammino. Ma quando arrivò al tempio dedicato ad Afrodite le si consegnò, confessandole di aver tradito la fiducia del figlio, nella speranza di rabbonirla.

Per appurare la genuinità del pentimento della giovane, la dea la sottopose ad alcune dure prove. Nella prima le chiese di suddividere un mucchio di granaglie in tanti mucchietti uguali e Psiche ci riuscì soltanto con l'aiuto insperato di alcune formiche. La seconda prova consisteva nel raccogliere la lana d'oro di un gruppo di pecore e Psiche ci riuscì ma solo dopo essere stata consigliata da una Verde Canna di farlo dopo il tramonto del sole. Nella terza doveva raccogliere acqua da una sorgente che si trovava in un luogo impervio tra le montagne a strapiombo. Qui Psiche riceverà l'aiuto dell'Aquila di Zeus.             

Per l'ultima prova, quella più estrema, la giovane avrebbe dovuto scendere fino agli inferi, alla ricerca della dea Proserpina, per domandarle di cederle un po' della sua bellezza.  

Presa dallo sconforto per l'immensità della sfida, la giovane tentò il suicidio gettandosi da una delle torri di roccia ma, di fronte a tanto dolore, la torre stessa si impietosì e animandosi le impedì di compiere il gesto fatale. In seguito, prese a consigliarla su come affrontare la prova e di come uscirne indenne.

Secondo le istruzioni, Psiche doveva recarsi all'ingresso dell’Ade portando con sé due focacce di miele e due oboli. Una focaccia da offrire a Cerbero, il terrificante guardiano degli inferi e l’obolo da offrire a Caronte, il traghettatore delle anime. Le stesse donazioni avrebbe dovuto offrirle al ritorno per poter uscire dagli inferi. La torre le raccomandò, inoltre, di non aprire la boccetta contenente gocce di bellezza della infernale regina.

Psiche seguì diligentemente le indicazioni e riuscì a portare a termine la sua quarta prova ma, sulla via del ritorno, non seppe resistere e aprì la boccetta con l’intenzione di rinfrescare la sua avvenenza.

Quel gesto le costò caro: dalla malefica boccetta fuoriuscì una nuvola soporifera che la indusse a un sonno profondo, all'apparenza mortale.


Fu ancora una volta Amore che, spazientito dalla lunga attesa dell'amante, partì alla sua ricerca e a salvarla, sollecitandola poi di consegnare la boccetta ad Afrodite.

Per perorare la causa della giovane donna, Amore si recò da Zeus raccontando tutte le vicissitudini e le dure prove affrontate dall'amata e il signore dell'Olimpo, riconoscendo la buona volontà e l'amore che intercorreva tra loro, fece salire Psiche all'Olimpo facendole bere una coppa dell'elisir che donava l'eterna giovinezza e l'immortalità elevandola tra gli dei. 

In seguito, tra danze e canti e la partecipazione di tutti gli dei, si celebrarono le nozze tra i due innamorati  e da quella divina unione nacque una figlia che venne chiamata  Voluttà.

                                                                           










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