Racconti: EZIO & ROMINA – IL NECROLOGIO, di Roberto Bontempi



EZIO & ROMINA – IL NECROLOGIO
Il giornale non era importante. Veniva letto dagli abbonati e pochi altri ma divenne vitale per Romina ed Ezio quando quest’ultimo venne dato per morto in un necrologio.
“Ezio, sei morto?” chiese lei, quasi in ansiosa aspettativa.
“Rominuccia vezzosa del … Mississipì, ma ti sembro morto?”
“Non lo so.” E la perplessità sul volto della donna si mischiava al raccapriccio.
“No, Romy, no. Sono vivo, sono vivo, convìncitene.”
“Ah, vabbè.”
Tutto rientrato? Macchè. Per tutto il giorno dovettero smentire quell’errore assurdo.
Ezio stanco di stare con la cornetta all’orecchio delegò Romina a dare smentite in giro, incorporandosi nella poltrona, sfinito e abbattuto. Giusto per sentire chi fosse davvero curioso sulla sua sorte chiese di tenere aperto il ‘viva voce’.
“Romina, cara” giunse a un punto la voce del vicino single e sempre con un vago sorriso nel salutare. “Sai che sono molto addolorato per la tua perdita. Tantissimo addolorato. A proposito, stasera che fai?”
Poco dopo ne arrivò un’altra:
“Non dire nulla, Romina. Ti capisco e sto qui pronto a offrirti una spalla su cui piangere. E se non bastasse quella, ho anche l’altra e tutto il petto, oltre a una casa accogliente, con angolo cottura e comodo letto…”
Ezio, furioso, voleva tornare in possesso della cornetta ma Romina non ne volle sapere e gli impose, sotto minaccia di mattarello, il più assoluto silenzio mentre sovrintendeva lei alla cosa.
L’attesa della donna venne premiata quando a farle le condoglianze si fece sentire il suo bell’Armando, il mai dimenticato e fascinoso amico d’infanzia con cui aveva pomiciato spesso e volentieri.
“Romina, bella e adorata da sempre” enfatizzava quello. “Sappiamo che questo momento lo aspettavamo entrambi da sempre. Ora portemo libare a sazietà e dare piena concretezza al nostro amore da sempre interrotto e contrastato.”
Romina infranse tali aspirazioni confessando, arcigna, che il suo adorato Ezio era ancora tra i viventi e che sicuramente costui, a chi la pensava diversamente, avrebbe opposto contrasti e interruzioni.
Poi staccò il telefono, si riappropriò della poltrona scacciandone Ezio e si abbandonò a un pianto irrefrenabile.
“Scusa, Romy” si fece sentire Ezio, “piangi perché non hai potuto concretizzare con Armando o per la mia prospettata dipartita?”
“Per nessuna delle due, scemo.” Pianto, pianto.
“E allora per un altro motivo?”
“E che ne so?” Pianto, pianto.
E invece, scavando scavando venne a capo del perché le venisse tanto facile piangere. C’era quel bell’abito nero sempre pronto nell’armadio e non aveva mai avuto l’occasione per sfoggiarlo. E la cosa le dispiaceva proprio tanto.

Roberto Bontempi
foto tumbir

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