Sarebbe in Italia la prima condanna ad una industria per avvelenamento doloso.


Alessandria:  Avvelenamento doloso delle falde e dolosa mancata bonifica? No, dice Ausimont, non è "avvelenamento" ma "contaminazione". Se non c’è avvelenamento, tanto meno c’è il dolo. Se non c’è avvelenamento tanto più non c’era obbligo di bonifica.  Se non c’è dolo bensì colpa non c’è pena a 18 anni. Altrimenti sarebbe in Italia la prima condanna ad una industria per avvelenamento doloso.
Udienza 22 settembre 2014
Le parti civili, ammalati e parenti dei defunti, nell’aula della Corte di Assise di Alessandria, spesso non sanno se votarsi a piangere oppure a ridere ascoltando gli incredibili avvocati difensori; infatti, non potendo assalirli fisicamente, si rifugiano, come noi, nell’ironia e nel sarcasmo. Si racconta così che, dopo decine di udienze in cui per due anni la venditrice Ausimont è stata impietosamente impallinata dalla subentrante Solvay per il disastro ecologico dello stabilimento di Spinetta Marengo, i silenziosi legali ex Montedison si siano lasciati convincere a partecipare questa estate ad un corso di formazione tenuto dagli avvocati della multinazionale belga. Immaginiamo le facce accigliate di Accinni, Baccaredda, Sassi sulla limousine rosa alla volta di Solvay Salin de Giraud in Camargue (si vedano sul blog le immagini girate in Francia dai nostri inviati speciali) nonché quelle sorridenti di Bolognesi e Santamaria sopraggiunti in sella alla moto guidata da quest’ultimo.
Sulla base della linea difensiva diciamo così “concordata”, in aula ha esordito abilissimo Giovanni Paolo Accinni. <Vi voglio provocare> si è subito rivolto alla Giuria <c’è qualcuno che ha bevuto due litri di acqua Ausimont-Solvay al giorno per 30 anni?>. Nessuno della Giuria ha alzato la mano. Mentre si sono sentite le risposte <Io!> fra gli ammalati (e immaginiamo i sussulti nei cimiteri). A parte il fatto che per restare avvelenati da un cocktail di 21 veleni tossici e cancerogeni basta molto meno di 30 anni. <Ma quale “avvelenamento”, c’è stata solo “contaminazione” della gigantesca falda acquifera> incalza Accinni, citando e sfogliando libri, vocabolari, enciclopedie: <Come diceva Cartesio…come diceva Zingarelli… come diceva Monet…>. Come diceva Neruda, c’è mancato poco che aggiungesse, che di giorno si suda ma la notte no… “Avvelenamento”: almeno 18 anni di reclusione, “contaminazione”: sconto della pena, anzi <contravvenzione per aver superato i limiti di legge>, come per eccesso di velocità. Perché se non c’è avvelenamento, tanto meno c’è il dolo. Se non c’è avvelenamento tanto più non c’era obbligo di bonifica. Lapalissiano. Il suo difeso, Carlo Cogliati, mega presidente tanto di Ausimont che di Solvay, può dormire sonni tranquilli senza essere perseguitato dal fantasma di Gianni Spinolo (che aveva licenziato). Tutti gli imputati, dice il principe del foro, sono innocenti limpidi come l’acqua. (Appunto, come l’acqua che hanno somministrato alle loro vittime). Grande sofista Accini, incantatore di giurie grazie ad una cultura che sa pronunciare la parola <tautologia> con inflessione greca, definisce sobriamente il pubblico ministero Riccardo Ghio e il consulente Giorgio Gilli “due camuffatori”… pardon… <che hanno usato metodi camuffatori ispirandosi alle pitture impressionistiche>. E non attacchiamoci al “principio di precauzione”. L’acqua è sempre stata potabile, né tossica né cancerogena, nessun lavoratore e cittadino è mai stato in pericolo di salute, checchè ne dicano gli studi epidemiologici.
Giovanni Paolo III ha poi lasciato l’arringa a Baccaredda, non prima di aver negato la ripresa al cameraman di Teleradiocity: la sua immagine va in esclusiva come per i divi dello spettacolo (ma noi, sul blog la pubblichiamo da non confondersi con lo chef Carlo Cracco). Carlo Baccaredda Boi, difensore di Giulio Tommasi braccio destro di Cogliati, ha proseguito la linea difensiva di Accini (quella “concordata” con Santamaria): nessun avvelenamento doloso “al di là di ogni ragionevole dubbio”, tutt’al più adulterazione delle acque, ad esagerare: avvelenamento colposo, disastro sì ma colposo. Altrimenti sarebbe in Italia la prima condanna ad una industria per avvelenamento doloso. A sgombrare il campo da ogni  ir-ragionevole dubbio, Baccaredda avverte la Giuria: manca il movente. Manca il movente del dolo: Tommasi, come del resto tutti gli imputati, era in buona fede e “a sua insaputa”, era convinto di aver sotterrato e occultato migliaia di tonnellate di materiali inerti e non tossico cancerogeni, convinto che le reti idriche e fognarie non erano un colabrodo, convinto che l’acqua era buona, Tommasi insomma non è un cattivo che avvelena l’acqua senza un movente. (Invece noi abbiamo sempre dato per scontato che il movente fosse il denaro, il profitto per l’azienda e il lauto stipendio per il dirigente). Eh no, dice Baccaredda stoppandoci, anzi Ausimont si è profusa in enormi investimenti per manutenzioni, soprattutto preventive, ha addirittura anticipato gli obblighi di bonifica, al primo posto c’è sempre stata la tutela dell’ambiente e della salute, prima l’ambiente e poi la produzione [risate in aula]. Le prove documentali della filantropia Ausimont ci sarebbero, accusa Baccaredda, ma la perfida Solvay (sottinteso: per vendicarsi del marcio stabilimento rifilatole) non le ha tirate fuori dagli archivi, anzi ha tirato fuori quelle avverse alla povera Ausimont, proprio quelle che Tommasi e gli altri imputati ovviamente non conoscevano. Santamaria, se non se la fosse già svignata, sarebbe saltato sulla sedia: non è così che avevamo concordato! Baccaredda cercherà di rimediare con il proseguimento dell’arringa alla prossima udienza.   
Lino Balza
MEDICINA DEMOCRATICA

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