Il bar dei giardini e la Stazione [Un tuffo nel passato]
by corriereal di Tony Frisina.
La cartolina che propongo questa settimana rappresenta, come risulta evidente, un mondo che purtroppo non esiste più.
La stazione ferroviaria a sinistra – oltre la strada – ed il grande caffè alla destra (forse il Porcelli) in primissimo piano, sono le particolarità più evidenti; inoltre non dobbiamo mancare di osservare i tavolini con tovaglietta del dehor, le poltroncine di vimini e gli abbellimenti costituiti da vasi con piante nei pressi dell’ingresso e sulla grande e luminosa finestra.
Sono anni lontanissimi non soltanto in senso temporale ma anche distanti dall’oggi per abitudini, per modo di vivere e di comportarsi della gente.
Siamo nei primi anni ’50.
Questa cartolina appartiene alla stessa serie di quella con il Municipio ed in cui si vedevano i Gabinetti Municipali presentata la settimana scorsa. Quindi la C.O.A. è la ditta produttrice anche di questo soggetto.
I pochi passanti e l’uomo appoggiato alla panchina evocano un attimo di quel mondo ormai finito, fatto di tranquillità, laboriosità e sicuramente di serietà e correttezza.
La vivibilità di un posto qualunque, sia esso una città intera o – come in questo caso – i giardini pubblici, è garantita soprattutto dai tutori dell’ordine in primo luogo ma successivamente anche dalla Giustizia, che deve essere presente ed appoggiare l’operato di chi vigila e deve punire con imparzialità coloro che non sanno comportarsi secondo le regole del consorzio umano.
I giardini pubblici erano luogo di svago e di passeggio, il posto prediletto per il gioco di bambini e ragazzi, sempre pronti a scappare inseguiti dai vigili urbani nel momento in cui infrangevano i regolamenti. Guai a calpestare le aiuole o giocare a palla. In un niente comparivano come per incanto le gatte (i vigili) in bicicletta che si lanciavano all’inseguimento di ragazzi vivaci, rei di aver fatto poco o nulla… Però in questa maniera l’ordine e la sicurezza dei giardini erano garantiti.
Proprio per questi motivi chiunque poteva godere a piacimento della frescura che questo luogo sapeva regalare nella stagione bella o di ogni altro momento di relax e di ozio.
Mamme con passeggini e con bambini per mano accorrevano a frotte da ogni angolo della città verso questo paradiso alessandrino senza il pericolo di essere scippate o di incontrare balordi ubriachi o – peggio – in preda al delirio di
paradisi artificiali.
Tornando ad osservare la stazione ferroviaria mi piace ricordare che fu costruita nel 1934 e che solo dieci anni dopo, il giorno 11 luglio 1944, venne bombardata. Qualcuno ancora crede, erroneamente, che la stazione bombardata sia stata quella preesistente ed inaugurata da Vittorio Emanuele II e da Camillo Benso conte di Cavour nel 1854.
Purtroppo l’antica stazione fu abbattuta per spazzare via il vecchiume e correre incontro al progresso fatto di velocità, modernità e nessun fronzolo, come (in parte) il Manifesto Futurista declamava già a partire dai primi anni del Novecento.
Bellissime e romantiche sono le cartoline in cui si può osservare la bella tettoia in carpenteria di legno che copriva diversi binari.
Insomma, anche questa cartolina evoca un luogo che amo ricordare, un angolo di città che mi ha visto molte volte protagonista di giochi, di svago e di passeggiate romantiche… Tutti ricordi accantonati in un angolo della mente, come fosse un piccolo spazio fisico riposto nella soffitta dei ricordi.
Bombardamento evitato - Per cause determinate forse dal cattivo funzionamento di una stufa è scoppiato un incendio, alla stazione ferroviaria, nel locale adibito a magazzeno, frequentato dal personale viaggiante. Il danno è di circa 10.000 lire. Sul posto si recarono i pompieri civici che riuscirono a domare in breve il sinistro e ad asportare in tempo una cassa di petardi, di cui si fa uso in ferrovia, come segnali ai treni di notte e nel periodo delle nebbie.
[La Libertà – Settimanale Cattolico della Provincia di Alessandria – Organo della Giunta della Diocesi di Alessandria – Anno XIII – Numero 11 – Alessandria – Giovedì 17 marzo 1932 – Anno X E.F.]
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