Riforma della scuola: Botta e risposta fra Edgardo Rossi e Matteo Renzi
Ricevo e pubblico una lettera dell’amico Edgardo Rossi che scrive a Matteo Renzi, il quale gli risponde.
Tutto è partito dalla mial ufficiale dei sindacati a cui ho aggiunto qualcosa di mio, poi Renzi (o chi per lui) mi ha risposto, io a mia volta ho replicato non so se ci saranno seguiti, sicuramente non smetterò di dire che la sua riforma non mi piace.
No a questa proposta di scuola
La scuola è il luogo di incontro delle diversità, del pluralismo, ma il 5 MAGGIO ha avuto una sola voce : “Riforma sì, ma non così”. La buona scuola è scesa in piazza dove si sono ritrovati docenti, dirigenti, personale Ata, genitori, studenti, raccolti intorno ai sindacati più rappresentativi dopo avere chiuso le scuole per sciopero. Volti di chi ama il proprio lavoro e di chi spera che lo studio gli dia un futuro, di chi crede che cambiare è possibile, di chi ha molto da dire e pretende più ascolto. In piazza il mondo della scuola ha portato la passione, l’orgoglio, la competenza con cui affronta le mille difficoltà quotidiane, mai risolte da presunte riforme che si inseguono da più di 10 anni e si sono risolte in tagli, abbandono, precariato e confusione. È strano che non si capiscano le ragioni dello sciopero. Semplicemente ma con
forza chiediamo che la politica si confronti con la scuola su temi cruciali:chiamata diretta, poteri dei DS, albi territoriali, premialità arbitraria e contratto.
Se davvero si vuole investire nella scuola facciamola diventare un luogo aperto, di incontro e di attività culturali e formative, creiamo spazi che insegnanti e studenti possano gestire. Investiamo veramente nell’istruzione, soprattutto nelle aree più disagiate. Nessun finanziamento alle scuole private, come recita la Costituzione, e più scuola pubblica, perché la scuola deve essere un luogo di formazione non di privilegio.
Edgardo Rossi
Caro Edgardo
non si può certo affermare che sulla Scuola non abbiamo avviato il confronto.
Abbiamo lanciato on line, fin da un anno fa, una consultazione pubblica, e ho chiesto agli insegnanti, ai genitori ed agli studenti di farmi avere i loro suggerimenti.
Ora è tempo di passare ai fatti. La buona scuola in Italia c'è già, è necessario valorizzarla nel miglior modo possibile.
Stiamo cercando di raggiungere questo obiettivo con il contributo di tutti.
Quindi grazie per aver scritto.
Un sorriso,
Matteo Renzi
Caro Matteo
non ho perso e non perderò il sorriso, io sto facendo il lavoro che amo, lo faccio nonostante le tante difficoltà create da leggi malfatte e mal utilizzate (l’ultima in ordine di tempo quella falsamente chiamata riforma gelmini), ho esercitato ed esercito con passione il mio ruolo di educatore (nonostante il blocco dei nostri stipendi), ho creato e sviluppato progetti (uno, Il Palcoscenico dei Giovani è arrivato al sedicesimo anno, quasi totalmente ignorato dall’Ufficio scolastico provinciale e sconosciuto al Ministero della Pubblica Istruzione, eppure abbiamo creato prima una rete di Istituti e poi un’Associazione). Non definirei confronto quello che è avvenuto, è vero per un anno è stato consultabile, ma quanto era modificabile da proposte provenienti dal mondo della scuola? E quanto è stato modificato? Lei sa benissimo che ci vogliono risorse reali, che l’autonomia rischia di essere un impoverimento per le Scuole situate in aree disagiate (per altro io ritengo che la sola autonomia che debbano avere le Scuole sia e debba essere legata alla didattica, la quale deve essere creativa, formativa, accattivante, innovativa e perennemente rinnovata), che premiare le scuole migliori (ammesso che avvenga) significa penalizzare le peggiori, un’idea di per sé apparentemente giusta se non fosse che in Italia queste differenze non nascono da motivi di merito ma carenze locali. La Scuola deve eliminare le differenze esaltando le capacità, deve permettere a tutti, soprattutto a chi frequenta “scuole di periferia” di ottenere il massimo delle competenze.
Sono d’accordo che in Italia esiste una buona scuola, ma da anni la si sta impoverendo. Siamo il Paese che investe di meno nell’Istruzione, le nostre scuole hanno subito tagli a pioggia (non di metodo), quello che hanno prodotto lo hanno fatto per lo più grazie ad iniziative personali, manca un quadro organico efficace. Risolvere i problemi disorganizzativi dando più “potere” ai dirigenti non è un metodo valido.
Prima di cambiare bisogna costruire le strutture del cambiamento, bisogna preparare le persone, questa riforma cade dall’alto (esattamente come quelle che l’hanno preceduta) e di colpo cambia tutto, ma in realtà lascia esattamente allo stesso punto le inadeguatezze e probabilmente peggiora la didattica.
Quando nacque la scuola dell’obbligo (che potremmo far risalire alla legge Casati del 1859), nacque in modo disomogeneo, con carenza di edifici scolastici, di insegnanti e di strumenti adeguati. Certo l’Italia unita allora nasceva, c’era poco tempo, si potrebbe dire. ma tale abitudine all’improvvisazione è rimasta nel DNA della Scuola italiana ed è giunta sino a noi.
Oggi è diventato quasi d’obbligo il registro elettronico, peccato che le linee internet non siano in grado di supportare in modo adeguato questo strumento, per cui anziché accorciare i tempi di compilazione questo nuovo mezzo li allunga, creando perdite nella parte didattica (e non solo). Il tempo scuola dovrebbe essere ottimizzato ma di computer aggiornati, di Lim (Lavagna Interattiva Multimediale) et similia non ce ne sono abbastanza per tutti e non ci sono soldi per garantirli a tutti, ci è stato detto (in effetti per mantenere efficiente una sistema informatico bisogna aggiornarlo e gli aggiornamenti costano). Ora d’accordo che fare qualcosa è meglio che non fare, ma creare delle difficoltà è fare davvero qualcosa? In attesa della banda larga come garantiremo la funzionalità delle linee, e i computer proverranno da finanziamenti esterni, dalla generosità dei genitori o da dove? E in quelle parti del Paese dove mancano le risorse?
Torno sull’autonomia della Scuola, io sono un convinto assertore e difensore della Scuola pubblica, la quale per essere tale deve essere autonoma da possibili ingerenze esterne perché il suo compito è formare e non uniformare, è stimolare e non adattare, è incentivare il pensiero critico e non quello omologato. Certo che per farlo deve essere in sintonia con il territorio, ma la funzione deve essere innovativa e non di adeguamento al sistema. Il lavoro dovrebbe sempre nascere da una o più competenze acquisite, provare a lavorare in aziende è utile se e quando genera risorse, non quando diventa semplicemente un modo per occupare i giovani. Se i laboratori delle scuole fossero stati tenuti aggiornati quante attività si sarebbero svolte e quanti artigiani, operai, lavoratori si sarebbero formati? Il confronto con il mondo del lavoro sarebbe avvenuto su un piano di equilibrio, unendo la teoria alla pratica, che poi è la base del metodo scientifico. Nulla è stato scoperto senza unire le due principali funzioni della ricerca l’esperienza e la ragione.
Grazie per avermi risposto, spero di averle fatto comprendere perché non rinuncerò mai a dare il mio contributo per migliorare la Scuola. ma anche che non ritengo la sua proposta adeguata.
Un sorriso anche da parte mia
Edgardo Rossi
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