Albicocche: serve uno STOP a quelle riconfezionate e italianizzate
Puntuali come ogni anno sono arrivate le albicocche dalla Spagna. Sono primizie di importazione, una “chicca” della distribuzione, grande e piccola, italiana e non. Vendute spesso in offerta, a volte anche sottocosto, per attirare consumatori impazienti alla ricerca della primizia a basso costo. Consumatori che diventano spesso vittime delle strategie commerciali basate su un prodotto “civetta” con il prezzo ribassato e sul ricarico di altri.
Purtroppo, ogni tanto, chi importa o chi distribuisce queste primizie, si “dimentica” di scrivere da dove vengono o “si sbaglia” e magicamente diventano albicocche italiane. L’Italia è il primo produttore
europeo di albicocche. Le nostre albicocche sono gradite, apprezzate, visto che ne esportiamo circa il 15 per cento della produzione. C’è proprio bisogno di importare albicocche in questo periodo, quando arrivano le primizie del nostro meridione?
E’ il mercato globalizzato, ci dicono. Ma non è il mercato globalizzato a spacciare quelle importate per italiane! E i controlli dove sono? Perché tutti gli anni dobbiamo assistere impotenti a questa rinazionalizzazione di ciò che italiano non è? Non è solo un problema di origine falsificata, anche se basterebbe già quello.
E’ anche un problema di ordine fitosanitario, se è vero che queste produzioni perdono la loro identità, la loro rintracciabilità, con tutti i rischi, anche fitosanitari, del caso. Ma, in concreto, cosa rischia chi non rispetta quanto previsto dalle norme di commercializzazione? Una sanzione pecuniaria che può arrivare fino a 50.000 euro. Non c’è bisogno di grandi campagne di moralizzazione, basterebbe “pizzicare” qualcuno di questi italianizzatori di albicocche, applicare le giuste sanzioni e… farlo sapere a tutti gli altri.
Coldiretti Alessandria
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