Meglio una piccola stazione fiorita [Lo Straniero]


di Angelo Marenzana
Sono cresciuto negli anni d’oro della ferrovia, un mondo di cui ho annusato le atmosfere, di cui mi sono nutrito sentendo parlare di deviatori, macchinisti e personale viaggiante prima ancora di veder circolare davanti a me un trenino tutto mio. Era un classico dell’epoca, un Lima, gentilmente offerto dalla Befana dei ferrovieri quando non avevo ancora sei anni. Un solo strappo alla regola l’anno successivo, un motoscafo a pila, difficile la far correre sul pavimento.
A casa mia tutto ruotava “attorno” ai binari. Dal nonno ex ferroviere, padre ferroviere, amici suoi pure. Senza scordare il sindacato, la cellula di partito, gli spostamenti fuori città, il cinema al chiuso e quello all’aperto.
Tutto aveva odore di ferrovia.
E poi c’era il fascino naturale che il viaggio portava in sé e che mi accompagnava nella crescita. Stazioni piccole e grandi degli anni sessanta e settanta, arredi in legno. Fiorite quelle della riviera ligure. Vivaci di giorno quanto di notte  accoglievano senza paura e senza disprezzo barboni, passeggeri in ritardo, giovani saccopelisti che viaggiavano al risparmio. Viaggiatori che si trasformavano in calca, che spingevano le valigie attraverso i finestrini, deponevano i cappelli a tenere occupato il posto. L’assalto ai treni dei vacanzieri come dei ribelli messicani, o di partigiani contro gli... Meglio una piccola stazione fiorita [Lo Straniero]

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