I cani e i lupi, di Irene Nemirovsky


by Maria Cristina Pesce
I cani e i lupi (1940), é il quinto libro della straordinaria scrittrice ucraina di origine ebraica Irene Nemirovsky che mi 'cattura', pubblicato prima che fosse deportata ad Auschwitz e oggi  di nuovo in libreria con  Adelphi. Un romanzo appassionante, vivido  ed emozionante che ' ti tira dentro', che tocca le corde più intime e offre densi spunti di riflessione, pur non raggiungendo le sublimi vette de La suite Francese ( é appena uscito nelle sale cinematografiche il film tratto dal capolavoro) e  de “Il vino della Solitudine”, con il quale però condivide diverse analogie.  Con questo romanzo la Nemirovsky conferma ancora una volta di essere una delle più grandi  scrittrici della letteratura europea del '900.  Una storia di ebrei, una grande affresco sociale e storico  tra le due guerre con ambienti dipinti con grande maestria e una profonda analisi psicologica dei personaggi. Un'analisi lucida e acuta delle classi sociali, russe e francesi, come dei pregi e delle parti più misere della razza ebraica, che in alcuni passi, appare
particolarmente cruda ” Siamo una razza avida, affamata da così tanto tempo che la realtà non basta a saziarci”. Il romanzo é pervaso da molti temi che s’intrecciano: l'amore e l'odio, l'ascesa economica, l'antisemitismo, la storia, la povertà, lo sradicamento e la nostalgia della propria terra, il dolore dell'esilio, ma il fil  rouge che li attraversa  é il senso di provvisorietà  e l'atmosfera di decadente malinconia.
Il romanzo,  ambientato nella prima parte a Kiev  e nella seconda a Parigi, si snoda agli inizi del Novecento tra due famiglie ebree dello stesso ceppo, i Sinner, nell'arco temporale dell'infanzia di Ada, la protagonista, fino alla nascita di sua figlia. Una città divisa in tre zone che rappresentano lo status sociale delle  famiglie, quella di Ada, vive nella zona intermedia, quella dei meklers, mentre l'altra abita nella città alta, quella della ricca élite. Pur nelle differenze socio-economiche le due famiglie  condividono l'ansia di perdere il proprio stile di vita, la prima teme di non avere i mezzi per una dignitosa sopravvivenza e dover essere costretta ad andare a vivere vicino al fiume, dove “viveva la marmaglia - ebrei infrequentabili...” , l'altra di dover abbandonare la ricca dimora in collina e  vedere sfumate le proprie ricchezze.  Ada, orfana di madre, vive con il padre che spesso accompagna  nelle sue intermediazioni d'affari, fino a quando la zia Raisa rimasta vedova va a vivere da loro con i figli  Ben e Lilla. Trascurata ed ignorata affettivamente da una zia che poteva supplire la figura materna, Ada cresce 'selvatica', ribelle, libera, racchiusa nel  suo mondo, con il talento per la pittura e come compagno di giochi Ben.
Trascorrono gli anni, i tempi si fanno sempre più drammatici  per gli ebrei, tanto che  un giorno per sfuggire a un progrom  Ada e Ben si rifugiano nella villa dei lontani cugini nella città alta. Pur giovanissima rimarrà colpita dalla figura di Harry tanto che da quel momento  il pensiero del ricco cugino l'accompagnerà nella sua esistenza. Un amore assoluto, senza mezze misure o un'ossessione?  Sarà il destino, anni dopo, che farà incontrare i due cugini, entrambi accasati, a Parigi, merito di alcuni quadri esposti dipinti da Ada che raffigurano scorci del loro mondo di appartenenza.  L'oggetto del desiderio, tanto agognato da Ada diventerà reale e scatterà la passione “Non sai come, da bambina, immaginavo il mio amore per te, così, adesso, il pomeriggio alle quattro immagino di dovermi sbrigare, ...e mi vedo tornare a casa tenendo un bambino per mano: Ma credo che sia un sogno irrealizzabile”.  Un epilogo che però non sarà  roseo  ma molto simile a quello di Via col vento, con uno sguardo speranzoso a un domani migliore e che porterà una nuova coscienza a Ada “Dio non mi ha fatto per queste cose. Mi ha fatto per vivere ai margini della vera vita delle donne, per trovare la mia gioia e il mio dolore fuori dal consueto cammino delle altre”.
L’autrice ha tratteggiato mirabilmente la protagonista, figura solitaria e intensa, forte, dignitosa, selvatica, sognatrice, sensibile, dal potente fascino malinconico. Bello anche il personaggio di Ben, un vero lupo, cupo, bramoso di vita, di passione, colmo di odio per il rivale d'amore, Harry, tanto da riuscire a rovinarlo con astuzia. Harry invece  é "come un cagnolino, ben nutrito e curato, che sente nella foresta l'ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi", che non ha la forza e non conosce la scaltrezza di chi é vissuto nella povertà e  che sente in Ada, quella parte che manca a lui, ma che appartiene alle sue radici. Bello anche il profilo che la Nemirovky disegna degli avidi banchieri,  zii di Harry.
La parte dell'infanzia di Ada é splendida e toccante mentre si riduce a poche pagine la storia d'amore tra la selvatica ebrea e Harry, come se la scrittrice avesse voluto lasciarla in una sorta di riservatezza. Lo stile é raffinato, asciutto e incalzante, sensibile e crudo, a cavallo tra modernità e contemporaneità. Una scrittura che emoziona ed incanta con le sue immagini visive potenti e le suggestive atmosfere. Un  vero dipinto realista dalle atmosfere espressioniste.  

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