Le ali della libertà
“Ancora un’ultima messa a punto e poi saranno pronte!”. Esclamò soddisfatta fissando negli occhi il suo piccolo John. “Ci ho messo quasi un anno, ma ne è valsa la pena! Finalmente domani io e mio figlio saremo liberi di uscire da questa prigione labirintica!”. Nonostante aver distrutto Human Being le fosse costato caro, non s’era pentita nemmeno un secondo di aver tentato di contrastare i progetti di quel vecchiaccio malefico. Fin dal primo giorno in cui era stata rinchiusa, insieme a suo figlio, nel carcere di massima sicurezza costruito da Mr. Nikleby in persona per tenere in custodia tutti coloro che tentavano di contrastarlo, s’era messa a studiare un metodo per aiutare se stessa e tutti gli altri detenuti a evadere. Passò il primo mese a osservare e a studiare il materiale e la forma di ciascun oggetto presente nella struttura. Dal secondo mese in poi, dedicava ogni attimo del suo tempo libero allo studio del suo progetto. Fece la planimetria della prigione, studiò i punti strategici della struttura, raccolse tutto il materiale che le serviva e, approfittando della complicità degli altri detenuti, riuscì a nasconderlo nei posti più impensabili.
Per sua immensa fortuna, lavorando nella fabbrica di Mr. Nikleby, aveva accesso alle sue sofisticate apparecchiature e, soprattutto, era riuscita a procurarsi i pezzi fondamentali per la sua nuova creatura senza alcuno sforzo. Nonostante ogni stanza della fabbrica fosse sorvegliata da un discreto numero di telecamere, Mary ne aveva studiato ogni movimento e ne aveva scoperto gli angoli ciechi. Approfittando di quelle imperfezioni, era riuscita a eludere la sicurezza e a portare in carcere tutto ciò che le serviva per mettere a punto la sua nuova invenzione.
Nonostante fosse sfinita e la mezzanotte si stesse avvicinando a grandi passi, Mary si fermò a contemplare le sue creazioni un’ultima volta prima di proseguire. Erano semplicemente perfette: ogni sezione d’ala era robusta e leggera nel contempo; i meccanismi di snodo che le permettevano il movimento erano stati realizzati a regola d’arte; stessa cosa per le giunture e le finiture; i meccanismi funzionavano a meraviglia e il motorino a propulsione che consentiva alla sua creazione di spiccare il volo oltre le alte mura del labirinto era leggero e potente nel contempo. Con un sospiro di sollievo, Mary ripiegò le sue ali, le nascose sotto la brandina, e si mise sotto le coperte ad attendere che passasse la guardia per l’ispezione notturna. Alle 23.30 in punto, quando già la guardia carceraria era tornata nella sua stanza a godersi il calduccio della stufa elettrica e a gustarsi una bella tazza di cioccolato caldo in tazza, Mary, premendo un pulsante, fece scattare il sofisticato dispositivo che azionava l’apertura automatica di tutte le porte del carcere. Facendosi aiutare dal figlio, andò a distribuire le ali a tutti i detenuti e li guidò verso l’unico punto in cui c’era un corridoio abbastanza lungo da lasciar lorolo spazio per una bella rincorsa.
Approfittando del fatto che i corridoi della prigione non avessero il soffitto, uno dopo l’altro, come se fossero una schiera di angeli, i detenuti del carcere di massima sicurezza di Mr. Nikleby spiccarono il volo riempiendo di meraviglia e di stupore gli abitanti di New York. Una decina di persone, rese leggere come l’aria dal paio d’ali che aveva costruito per loro la signora Bukowski, volarono sulla città grazie anche al sostegno del vento. Mentre le campane della chiesa poco distante indicavano lo scoccare della mezzanotte, sopra le teste dei newyorkesi sorpresi e sbalorditi, i detenuti volteggiavano leggeri come uccelli. La leggera brezza serale li sosteneva e aiutava il motorino a propulsione. Le candide ali di stoffa brillavano ai raggi della luna rendendoli simili a degli angeli. I gruppi di cantori raccolti agli angoli delle strade, come se fossero una sola persona, intonarono il canto Angels We Have Heard On High (Gloria In Excelsis Deo). Sui volti dei detenuti andò allargandosi progressivamente un sorriso sempre più ampio e luminoso. Ad un tratto la leggera brezza serale si trasforò in un lieve vento che gonfiò ulteriormente le ali facendo danzare nel cielo i detenuti che, sempre più, sembravano una schiera di angeli che volteggiava sulla città. Colto da un’intensa gioia, il piccolo John, con la sua vocina squillante, esclamò: “Siate lieti e rallegratevi! È Natale!”. “Buon Natale a tutti!”. Gli fece eco un altro bambino che volava dall’altra parte della piazza. “Buon Natale!”. Risposero alcuni passanti che li fissavano attoniti e meravigliati col naso all’insù. Con lo sguardo incredulo e il cuore colmo di gioia, Claude Bukowski, il marito di Mary salutò la moglie e il figlio che volteggiavano ancora nel cielo. Incontrollate e copiose lacrime di commozione rigarono le sue gote. Restando in silenzio, ringraziò quel Dio in cui quasi non credeva più per il miracolo che s’era appena compiuto sotto ai suoi occhi: ora sì che era davvero Natale.
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