Botti di Capodanno: gli animali vittime del divertimento umano

L’eccessivo rumore li spaventa e li ferisce, provocando reazioni imprevedibili
Fra le tradizioni che caratterizzano il Capodanno ce n’è una sempre più contestata ma dura a morire ed è quella del lancio di botti, mortaretti, petardi, oltre a quella dei fuochi d’artificio che trasformano cielo, mare e lago in un affascinante teatro di luci, colori e talvolta di musica. E’ uno scenario emozionante ma il rovescio della medaglia mostra uno spettacolo con un prezzo molto alto, non solo in termine monetario ma di morti e feriti e a pagarlo sono soprattutto gli animali.
Esiste una normativa nazionale, quella del T.U.L.P.S. (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) n.773/1931 aggiornato al 2003 che all’art. 57 prescrive: «Senza licenza della autorità locale di pubblica sicurezza non possono spararsi armi da fuoco né lanciarsi razzi, accendersi fuochi di artificio, innalzarsi aerostati con fiamme, o in genere farsi esplosioni o accensioni pericolose in un luogo abitato o nelle sue adiacenze o lungo una via pubblica o in direzione di essa. È vietato sparare mortaretti e simili apparecchi».
Affinché una tradizione possa ritenersi parte del bagaglio culturale che valga la pena tramandare e non sia solo una pedissequa ripetizione del passato, occorre che essa sia moralmente accettabile. Sebbene gli usi e i costumi possano essere fonti del diritto, occorre che le istituzioni scelgano che cosa mantenere delle tradizioni che investono la sfera pubblica e che cosa abbandonare o trasformare, analizzandone i contenuti. La morale, il diritto, l’empatia per le sofferenze altrui hanno posto fine a spettacoli pubblici offensivi o violenti nei confronti di esseri umani e non umani. Nessuna manifestazione dovrebbe prescindere dal rispetto dei diritti e della dignità degli esseri umani, così come degli animali, definiti ‘esseri senzienti’ nell’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea; né potrebbe essere considerata culturale o legale qualora comportasse anche indirettamente maltrattamenti, lesioni o uccisioni.

Fuochi d’artificio, mortaretti, botti, petardi disturbano la quiete pubblica, recano danni a beni mobili e immobili ma soprattutto a esseri umani e animali. In particolare, per questi ultimi, l’eccessivo rumore li spaventa e li ferisce, provocando reazioni imprevedibili e mettendo a rischio la loro incolumità. I danni arrecati agli animali possono integrare il reato di maltrattamento previsto dal Titolo IX bis del Codice Penale, istituito dalla Legge 189/2004, in quanto trattasi di lesioni (o morte) cagionate senza necessità o per crudeltà, se non intenzionalmente, certo per colpa grave, tenuto conto di quanto previsto dalle normative.
Il bollettino di feriti e morti umani dopo i botti di Capodanno e nei giorni successivi per quelli inesplosi è prontamente diffuso dai mezzi di comunicazione che non sempre si spendono a informare su quanto i botti siano deleteri per gli animali nei quali possono causare disorientamento, paura e angoscia fino ai casi più gravi di disperazione che li porta alla fuga. Dopo la notte di Capodanno ci sono sempre parecchie segnalazioni di cani smarriti che spesso finiscono nei canili a causa dell’assenza di microchip, senza contare i cani e i gatti vittime di incidenti stradali. Il rumore provocato dallo scoppio di tali ordigni festaioli causa agli animali danni che molta gente non immagina neppure. L’essere umano ha una finestra uditiva compresa tra le frequenze degli infrasuoni, al di sotto dei 16 hertz, e quelle degli ultrasuoni, al di sopra dei 15.000 hertz; il cane invece percepisce fino a 60.000 hertz e il gatto fino a 70.000 perciò i botti causano loro un vero e proprio dolore.
Se gli animali domestici hanno in un certo senso la ‘fortuna’ di essere protetti dalle loro famiglie, quelli selvatici e acquatici no. Negli uccelli un botto può causare uno spavento tale da indurli a fuggire dai dormitori (alberi, siepi e tetti delle case), volando disorientati e impauriti: spesso urtano contro edifici e alberi rischiando di ferirsi e di morire e il loro udito può restare compromesso in maniera permanente. Gli animali acquatici sono colpiti in modo particolare quando lo spettacolo ha come scenario proprio l’ambiente acquatico: luci e suoni costituiscono un elemento disturbante del loro habitat. Gli animali degli allevamenti, purtroppo legati e ingabbiati, sbattono contro le gabbie e tentano di divincolarsi dalle catene invano.
Dopo i botti del Capodanno 2015-2016 ci sono stati 44 feriti e 600 fuggiti, numeri che escludono i selvatici e gli acquatici. Sono dati in miglioramento rispetto agli anni passati ma restano una piaga da sanare.

Molti Comuni hanno già da tempo vietato tale usanza adottando ordinanze o inserendo il divieto nei regolamenti di polizia urbana o di tutela animale. I divieti espressi con regolamenti e ordinanze non sono l’esempio migliore per insegnare e lo stato di polizia non è il migliore stato possibile; il buon senso dovrebbe prevalere in ogni comportamento sociale ma ciò accade raramente quindi un’istituzione deve fare il proprio dovere anche vietando, soprattutto in questo caso in cui lo scopo è quello di tutelare chi non può difendersi. Il compito delle forze dell’ordine non è facile perché il territorio da controllare è vasto rispetto alle risorse umane disponibili tuttavia il segnale deve esserci per contribuire a disincentivare comportamenti scellerati che, c’è scommettere, non mancheranno anche quest’anno, scatenando il previsto bombardamento ludico.
A Roma il botto è già scoppiato prima di Capodanno: «Il Tar del Lazio ha sospeso con un decreto cautelare urgente l’ordinanza del sindaco di Roma, Virginia Raggi, che vietava i botti di Capodanno. Il Tar ha fissato inoltre una camera di consiglio per il 25 gennaio per discutere nel merito la questione. La sindaca Raggi aveva firmato un’ordinanza che prevedeva (…) il «divieto assoluto» di «usare materiale esplodente, utilizzare fuochi artificiali, petardi, botti, razzi e simili artifici pirotecnici» e di «usare materiale esplodente anche declassificato a meno di 200 metri dai centri abitati, dalle persone e dagli animali». «L’inosservanza degli obblighi e dei divieti (…) comporterà l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria a partire da 25 euro fino a 500 euro oltre al sequestro amministrativo». Nell’ordinanza si considera che «sussiste l’urgente necessità di adottare misure idonee a garantire l’incolumità pubblica, la sicurezza urbana, la protezione degli animali e assicurare le necessarie attività di prevenzione attraverso la limitazione dell’uso dei botti e dei fuochi di artificio sul territorio comunale». Poiché «l’ordinanza (…) non era stata neanche inoltrata alla prefettura prima di essere pubblicata nell’albo pretorio del Campidoglio. (…) Così la massima carica in materia di gestione dell’ordine pubblico non ha potuto esprimere nessun parere su un atto particolarmente restrittivo», c’è da augurarsi che il problema di questa sospensione sia dovuto a un vizio di forma altrimenti si creerebbe un precedente preoccupante.
Dietro questa tradizione c’è un forte interesse economico, confermato da Luca Proietta, membro del consiglio direttivo dell’A.N.I.S.P. (Associazione Nazionale Imprese Spettacoli Pirotecnici) che sottolinea: «Siamo pronti a chiedere anche un risarcimento per i danni che abbiamo subito perché l’atto della prima cittadina ha bloccato un mercato che viaggia tra i 2 e i 3 milioni di euro. Vendiamo solo fuochi e petardi stracontrollati», dimenticandosi però che, se un ordigno «stracontrollato» finisce nelle mani di chi non lo sa controllare, il rischio che si corre è comunque alto. Inoltre, anche chi maneggia ordigni legali deve sapere che esiste l’art. 703 del Codice Penale, che recita: «Chiunque, senza la licenza dell’autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d’artificio, o lancia razzi, o innalza aerostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni pericolose, è punito con l’ammenda fino ad euro 103.»
Purtroppo il commercio di «fuochi e petardi stracontrollati» viaggia pari passo con un allarmante commercio illecito costellato di sequestri particolarmente frequenti in questo periodo. Sul fronte del lavoro in questo settore, il presidente del sindacato nazionale operatori pirotecnici Pierdaniele Friscira interviene soddisfatto sul caso di Roma «Ci auguriamo che la sospensione da parte del Tar del Lazio dell’ordinanza della sindaca di Roma Virginia Raggi sia un monito per i sindaci italiani che hanno emesso ordinanze copia e incolla, vietando qualsiasi prodotto, anche quelli con la certificazione Ue e che quindi avevano superato il test di impatto ambientale e quindi la normale soglia di tollerabilità umana e animale. Per ignoranza o buona fede hanno messo tutto dentro un calderone. Sappiamo che ci sono persone che abusano di prodotti che non hanno nulla a che fare con la pirotecnica legale ma fare ordinanze sbagliate aumenta il mercato clandestino e questo disorienta anche il cittadino».
E’ sempre più insopportabile il mantra ossessivo che tutela il lavoro a tutti i costi. Se si segue questa linea, bisogna tenere presente che le armi che devastano il mondo sono frutto di lavoro onesto, quindi da tutelare. Non sono i ferri del mestiere a dovere essere messi in discussione ma il mestiere stesso, nonostante dia lavoro a tanta gente. La scuola italiana della pirotecnica conta oltre 400 aziende e un fatturato che supera i 100 milioni di euro all’anno. Secondo i dati I.N.A.I.L. (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), dal 1998 al 2011 le vittime di incidenti in azienda sono stati 49, a cui se ne sono aggiunte 3 nel 2012 e 4 nel 2013. La quota più elevata di infortuni si registra al Sud, perché lì si concentrano le aziende di questo tipo, con oltre il 50% degli infortuni e delle morti. In 4 anni ci sono stati 360 incidenti nel settore, alcuni molto gravi e invalidanti, con 30 morti.
Oltre al dramma che colpisce persone e animali, c’è quello dell’inquinamento: «(…) Il processo di fabbricazione dei fuochi d’artificio prevede l’utilizzo di centinaia di composti, che poi vengono rilasciati nell’aria e nel territorio. (…) si fa uso di troppe sostanze velenose ed inquinanti. (…) arsenico, antracene, tetracloruri, (…) alluminio, clorati vari, cloruro mercuroso, nitrati, ossalati, perossidi, solfati e solfuri, (…) filiera formata da piccoli aghi di metallo, (…) acido gallico, acido picnico, (…) solfati di rame, (…) ferro, carbone amorfo, (…) clorato di barite, (…) clorato di stronziana, (…) piombo. La maggior parte degli ingredienti descritti sono velenosi. Per quanto riguarda i quantitativi, uno spettacolo medio piccolo (…) prevede l’utilizzo di circa 80-100 Kg di prodotti (per 5-10 minuti di spettacolo). I fuochi d’artificio sono azionati da polvere pirica nera (polvere da sparo denominata AKA). (…) Una stima di massima stabilisce che tra i 18.000 ed i 25.000 fuochi d’artificio vengono sparati in Europa per Capodanno. Un’usanza che si ripete in tutto il Mondo, nell’arco di 24 ore. (…) Gli spettacoli pirotecnici sono molto costosi. Da più parti si sono levate proteste contro quella che è effettivamente una spesa inutile, oltre che deleteria (…)». In effetti uno spettacolo medio ha un costo che va dai 20000 ai 40000 euro.
Scriveva Carlo Levi in ‘Cristo si è fermato a Eboli’ (1943-44): «Era la grande giornata, la festa dei raccolti, la sera del fuoco. Si erano spese tremila lire per i fuochi artificiali, e questa era un’annata cattiva: altre volte si era arrivati anche alle cinque e alle seimila: i paesi più grandi consumano, nel giorni dei loro santi, cifre anche molto più grosse. Tremila lire, per Gagliano, sono una somma enorme, il risparmio totale di mezza annata, ma per i fuochi si buttano volentieri, e nessuno le rimpiange». Se anche oggi questi soldi si buttano volentieri e non sono rimpianti, i morti umani e non umani del giorno dopo sono certamente pianti.










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