“Fuori tre o fuori uno”: di Marco Travaglio

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Nel sabato di vigilia ci preparavamo a un santo e sereno Natale, e invece niente. Abbiamo scoperto che “il Giglio Magico teme l’assedio delle procure” e che unendo “i puntini” si “intravede il disegno di un assedio mediatico-giudiziario al circolo ristretto degli amici di Renzi” - scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 27 dicembre 2016, dal titolo “Fuori tre o fuori uno” –. E questo, proprio quando dovremmo essere tutti più buoni, non è per niente bello. C’è chi vorrebbe “lanciare il sasso e lasciare che i cerchi si allarghino sull’acqua”, perché “il nome (Luca Lotti, indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto investigativo, ndr) deve ballare sui giornali, sui social, in tv”. Il che è pessimo. “Dunque, ci sarebbe un attacco in corso”, e questo è bruttissimo, anche perché “l’offensiva è giudiziaria e mediatica insieme, un asse tra procure e giornali ostili al renzismo fin dall’inizio”. E non ci sono solo i pm di Napoli. Eh no, pure la Procura generale di Milano: “Dei puntini fa parte l’inchiesta su Sala”. Un puntino oggi, un puntino domani, chissà dove si va a finire. “Per questo occorre rispondere in fretta e, se non ci fosse di mezzo il Natale, dicono gli amici di Lotti, sarebbe ancora meglio”. A saperlo prima, si aboliva il Natale per decreto, ma è tardi.
Qualcuno penserà che queste siano frasi del Giornale, di Libero, del Foglio, dei tg Mediaset, invece no, allegria: sono di Repubblica che, quando le usava la “macchina del fango” berlusconiana, s’indignava di brutto. Ora che c’è di mezzo il giro Renzi, le copia senza neppure versare il copyright. Il Corriere non ha dubbi: “C’era una volta la giustizia a orologeria. E sembra che sia ancora”: colpa di “una politica ancillare” che “delega ai magistrati i contenziosi tra le correnti”. Ecco che fanno i pm di Napoli, indagando Lotti e i generali Del Sette e Saltalamacchia per la fuga di notizie che ha rovinato l’inchiesta sulle tangenti per un appalto Consip da 2,7 miliardi, il più grosso d’Europa: anziché voltarsi dall’altra parte, indagano su chi ha avvertito gli indagati delle microspie e così regolano i contenziosi fra le correnti. Per fortuna Renzi – assicura Maria Teresa Meli – “non sembra turbato” dall’“eco della grancassa mediatica sulle inchieste che lambirebbero il ‘giglio magico’”. Lui, olimpico, se ne sta a Pontassieve, stretto nei panni reali e curiali come un illustre predecessore, dedito “alla scrittura di un libro e al triathlon”, cioè “corsa, nuoto e ciclismo”, ma anche “ciclismo, nuoto e corsa” e persino – azzardiamo – nuoto, ciclismo e corsa. Senza contare che, in due mesi, ha decuplicato i “mi piace” su Facebook (non sappiamo se per il ciclismo, il nuoto, la corsa o la scrittura). E questo è molto bello.
I ntanto però – lacrima empatico il Corriere – il povero Lotti si dibatte fra “stupore e amarezza”, malgrado il Pd “descriva i pm di Napoli come in cerca di pubblicità”. Infatti nessuno chiede lumi a Lotti. Semmai al Fatto che ha svelato la notizia e – nota simpaticamente il Messaggero – “finisce presto sul banco degli imputati”: sta’ a vedere che quegli sporchi “grillini” “tirano fuori questa roba per coprire le nefandezze della Raggi”. Che non è indagata, ma fa “nefandezze”, mentre Lotti&C. sono indagati, ma fanno solo del bene. Lo scrive anche l’autorevole Foglio: è “un gioco logoro e sporco” del Fatto in combutta “con i tribunali”, il solito “circo mediatico-giudiziario” già denunciato per 20 anni contro B. Solo che stavolta Repubblica e Corriere sottoscrivono. Dunque bastano il Fatto e tre pm, mentre i giornaloni minimizzano e i tg Rai tacciono, per fare un “assedio”. Come Rambo che, solo col colonnello Trautman appena liberato dalle grinfie dell’Armata Rossa, gli dice: “Ora li accerchiamo”. Casomai qualcuno fosse interessato ai fatti, ricordiamo che Lotti, Del Sette e Saltalamacchia sono indagati perché Luigi Marroni, Ad di Consip, li ha accusati a verbale, davanti ai pm di Napoli, di averlo avvertito delle cimici in ufficio, che lui fece subito rimuovere. Ma anche perché –come riveliamo oggi –Filippo Vannoni ha testimoniato ai pm che sia Lotti sia Matteo Renzi sapevano dell’indagine su Consip. Ora, Marroni e Vannoni non sono esattamente due nemici del Giglio Magico. Marroni, senese, è un ex scout renziano di ferro: Dg dell’Asl di Firenze quando l’amico Renzi era presidente della Provincia e sindaco, poi assessore Pd alla Sanità della Toscana e dal 2015 promosso n. 1 di Consip proprio da Renzi e Lotti. Vannoni, fiorentino, è uno dei migliori amici di Matteo, che lo nominò presidente della municipalizzata Publiacqua (nel Cda sedevano Erasmo D’Angelis e la Boschi). E c’è pure un terzo altro amico di famiglia, intercettato mentre si dà da fare per l’appalto Consip: Carlo Russo, piccolo imprenditore di Scandicci, legatissimo a Tiziano Renzi e pure alla madre di Matteo che, secondo il Tg La7, lo tenne a battesimo. Insomma, se assedio c’è, non è opera né dei pm né del Fatto: è un autoassedio dei renziani che si attaccano da soli. Sei giorni fa abbiamo rivelato le accuse di Marroni (mai smentite) ai tre indagati. Eppure sia l’accusatore sia gli accusati restano fischiettando ai loro posti, tutti di nomina governativa. Ora, delle due l’una. Se Marroni mente (anche se non se ne vede un solo motivo valido), è un calunniatore e va rimosso su due piedi dal ministro del Tesoro, azionista di Consip al 100%. Se invece Marroni dice la verità, devono dimettersi Lotti, Del Sette e Saltalamacchia. I quali avrebbero già dovuto querelarlo per calunnia, e oggi Renzi dovrebbe fare altrettanto con Vannoni. Perché non lo fanno? Appellarsi al segreto investigativo (peraltro già sforacchiato da Giglio Magico) non basta. Altrimenti, come diceva Davigo ai tempi di Mani Pulite, il messaggio che passa è questo: “Sono un ladro, ma è un segreto”.






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