Umanesimo integrale
Carlo Baviera Appunti Alessandrini
Verso la metà del secolo scorso un grande filosofo, Jacques Maritain, scrisse un libro che incise a sufficienza sull’impegno dei cattolici e che fu citato non poco nella seconda parte del secolo, <Umanesimo integrale>. Giovan Battista Montini (Paolo VI) fu tra coloro che fecero conoscere il libro e che formarono una classe dirigente che ne tenesse conto.
Perché questo riferimento a Maritain? E’ stato sollecitato dal Professor Giorgio Campanini in un articolo in cui parla del prossimo Convegno di Firenze e del ruolo dei laici: “Quasi in punta di piedi si affaccia sulle scene della Chiesa italiana il V Convegno ecclesiale, giusto quarant’anni dopo quello su «Evangelizzazione e promozione umana» (Roma, 1976) che segnò l’inizio dell’”avventura” delle grandi assise nazionali nelle quali tutte le componenti del popolo di Dio (e non soltanto i vescovi riuniti nella Conferenza episcopale) potevano confrontarsi con i grandi problemi della Chiesa”.
Annota inoltre Campanini che quest’anno, per la prima volta quasi in parallelo con i decennali convegni tutta la Chiesa, insieme a Papa Francesco, sta riflettendo sulla famiglia e sulle problematiche che la travagliano. C’è perciò il rischio che il secondo e conclusivo Sinodo dell’ottobre di quest’anno lasci un
poco in ombra il Convegno ecclesiale convocato a Firenze il prossimo novembre. Sarebbe tuttavia un grave errore, sempre secondo Campanini, relegare in secondo piano il Convegno ecclesiale nazionale, perché “al fondamento delle problematiche, e talora della crisi, della famiglia, sta una generale e più profonda crisi dell’umano; e perché la Chiesa italiana, a Firenze, potrà distesamente riflettere su se stessa e sul suo rapporto con la postmodernità”; ma vi sarà spazio, nelle varie realtà locali e per i laici, per questa sorta di “revisione di vita” della Chiesa italiana?
Quale, quindi, il ruolo dei laici? “Al Convegno ecclesiale i laici saranno i protagonisti, anche perché la componente più corposa. La Traccia, documento preparatorio apprestato in vista del convegno, è ricca di spunti di riflessione e getta le basi di un nuovo umanesimo, aperto al mondo e nello stesso tempo non immemore della Trascendenza. Ma è proprio questo legame fra adorazione e impegno nel mondo, fra preghiera e appassionata cura degli uomini, che si sta in parte smarrendo. Dietro questa tensione, che rischia di trasformarsi in separatezza, sta un problema, già affrontato nel lontano 1936 da Jacques Maritain: quello dell’umanesimo integrale, tema sul quale si sono confrontate le menti più lucide della cultura cattolica italiana della metà del Novecento. Che cosa hanno da dire, ancora oggi, quei “maestri del pensiero”, e quali sono le vie per costruire un nuovo umanesimo?”
Una risposta sembra venire, opportuna, da uno scritto del Professor Savagnone, nel quale affronta l’impegno della Chiesa, negli ultimi anni, per denunciare la cultura mafiosa e contrastarne l’azione: prese di posizione di episcopati, scomuniche venute dai Papi, documenti pubblici, ecc. Invece, afferma, “quella che in parte è mancata è una pastorale capillare capace di fare cultura e di trasformare la mentalità e il modo di sentire della gente comune. Perché le denunzie non bastano. Quelle riguardano il ‘piano nobile’ della vita della Chiesa. Come i convegni, le lettere e i piani pastorali, le dichiarazioni ufficiali. Ma c’è il ‘piano terra’, costituito dalla vita reale delle parrocchie, dove spesso prevale la routine di un ritualismo devozionale: messe, con omelie spesso ininfluenti, battesimi, prime comunioni, matrimoni, funerali. La sfera del ‘sacro’ si pone allora come un momento a se stante, una parentesi, rispetto alle scelte della vita di ogni giorno, che finisce per essere dominata da logiche estranee al Vangelo. Basta guardare alla cultura diffusa e agli stili di vita della nostra società, dove pure la grande maggioranza ancora si riconosce, in un modo o nell’altro, nel cattolicesimo, per rendersi conto che questa scarsa incisività della fede sulla cultura non riguarda solo il Sud e non si rileva solo nei confronti della mafia”.
Questo non le denunzie, dice Savagnone, è il vero problema che le comunità cristiane devono affrontare e risolvere. E richiama gli ‘Orientamenti pastorali’ della Cei per il decennio 2010-2020 che sono centrati sul tema dell’educazione, non solo alla fede, ma a una più autentica umanità. Ecco allora che i temi della famiglia, del laicato, della passione educativa, di una pastorale del <piano terra> non solo sono sfide a cui tutti dobbiamo cercare di rispondere, ma sono anche elementi legati profondamente al tema del nuovo umanesimo da costruirsi e realizzarsi in Gesù Cristo; e nella logica indicata, per il suo tempo, da Maritain.
Ovviamente tenendo conto che siamo in un secolo nuovo, che la Chiesa ha vissuto un Concilio profondamente rinnovatore, che non si possono più confondere i piani della società con quelli della fede, che l’umanesimo integrale necessario oggi dovrà trovare declinazioni adatte alla situazione presente. Sarà importante tradurre nell’odierna realtà italiana ed europea le intuizioni che il miglior cattolicesimo impegnato del ‘900 aveva saputo approfondire e proporre.
Ecco allora che l’umanesimo da realizzare oggi, come in ogni epoca, non può essere ottenuto senza uno sguardo al trascendente o contro al Piano di redenzione dell’uomo che si è attuato in Gesù. La dignità e i diritti delle persone, la libertà di singoli e popoli, il rispetto delle famiglie e dei corpi intermedi, il valore del lavoro, la tutela della salute, lo sviluppo dell’istruzione, la possibilità di accesso ai beni pubblici e del loro utilizzo, la possibilità di crescere in pace e in condizioni di reale pluralismo non si possono realizzare solo attraverso una visione materialistica, alla dittatura della finanza e del denaro, o alla mercificazione del lavoro e delle persone.
E la Chiesa non potrà procedere verso la costruzione di un nuovo umanesimo senza un largo coinvolgimento, prima e dopo il Convegno di Firenze, del laicato attraverso ad azioni di catechesi e di pastorale ordinaria molto capillare capace di trasformare la mentalità e il modo di sentire della gente comune: ecco allora l’importanza dell’uscire, dell’annunciare (che significa testimoniare uno stile), dell’abitare (che è anche ascolto), dell’educare (aiutare a interrogarsi e a cambiare le proprie scelte di vita), per poter trasfigurare cioè dare senso alle scelte quotidiane, superando le mediocrità, gli egoismi individualisti, le pigrizie (del si è sempre fatto così), le condanne causate dai pregiudizi.
Un umanesimo che non ripropone la società cristiana, ma che forma cristiani capaci di coinvolgersi profondamente nella società, per curarne le ferite e partecipare alla sua trasformazione per renderla completamente diversa da quella capitalistico-occidentale, individualista e consumista che abbiamo costruito negli ultimi decenni.
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