Marco Travaglio: “A qualcosa serviamo”
by infosannio
Marco Travaglio prende spunto dalla vicenda di Vincenzo De Luca, ex sindaco di Salerno e eletto presidente della Regione Campania senza averne il requisito per la legge Severino, per un editoriale sul Fatto di domenica 28 giugno 2015 sulla crisi giudiziaria che ha travolto pezzi di politica italiana, soprattutto al Sud.
Non si tratta, secondo Marco Travaglio, di accanimento giudiziario contro esponenti della politica, ma del fatto che troppi politici sfidano le leggi dopo averle violate, dando un nuovo colpo alla credibilità delle istituzioni. Marco Travaglio parte dal caso di Vincenzo De Luca:
“Matteo Renzi ha fatto di tutto per salvare Vincenzo De Luca, che aveva autorizzato a candidarsi a una carica che non può esercitare, con un decreto ad personam (aveva addirittura chiesto un parere ad hoc all’Avvocatura dello Stato); e si è fermato solo dinanzi alle minacce di denuncia delle opposizioni e agli interventi di Bruno Tinti e Gianluigi Pellegrino (“gli esperti del Fatto Quotidiano”) sui reati di abuso e
omissione in atti d’ufficio che stava per commettere.
Così si è messo in regola e al riparo da avvisi di garanzia, anche se non ha rinunciato a ipotizzare l’assurdità che ora De Luca si nomini il vicepresidente-prestanome e addirittura la giunta (cosa che non può fare: ogni suo atto sarebbe nullo). E, a suo modo, ha riconosciuto il ruolo del nostro giornale. Se ci avesse dato retta prima, avrebbe evitato tanti guai a se stesso e alla Campania.
Perché non l’ha fatto? Perché non ha chiesto quel parere prima di candidare De Luca? Gli esperti–non solo del Fatto–gli avrebbero risposto che don Vincenzo, condannato in primo grado per abuso e sospeso da sindaco, per 18 mesi non potrà ricoprire alcuna carica negli enti locali.E lui avrebbe avuto buon gioco, anche nel caso in cui De Luca si fosse candidato per conto suo, a spiegare agli elettori che quello a lui sarebbe stato un voto inutile. E avrebbe anche dato un segnale forte alla classe politica e alla cittadinanza: tutti devono rispettare le leggi, anche se non le condividono, a cominciare da chi rappresenta le istituzioni e deve dare il buon esempio”.
Dal caso De Luca al più vasto tema del rapporto fr politica e giustizia. Secondo il Corriere della Sera, riferisce Marco Travaglio, Matteo Renzi
“teme un presunto “assedio giudiziario”, una “resa dei conti”di fantomatiche “Procure”che marcerebbero compatte come falange macedone, per vendicare non si sa bene cosa.
Da Mafia Capitale alle inchieste di Trani su Antonio Azzollini (Ncd) e di Catania su Castiglione (Ncd), fino all’ultima indagine di Reggio Calabria su Rimborsopoli che ha decapitato l’intera nuova giunta regionale e portato alla richiesta d’autorizzazione all’arresto per il senatore Gianni Bilardi (ovviamente Ncd, uno degli ultimi ancora a piede libero).
Da Mafia Capitale alle inchieste di Trani su Antonio Azzollini (Ncd) e di Catania su Castiglione (Ncd), fino all’ultima indagine di Reggio Calabria su Rimborsopoli che ha decapitato l’intera nuova giunta regionale e portato alla richiesta d’autorizzazione all’arresto per il senatore Gianni Bilardi (ovviamente Ncd, uno degli ultimi ancora a piede libero).
Se Renzi volesse ascoltare il parere spassionato e gratuito degli “esperti del Fatto”, stavolta prima che sia troppo tardi, farebbe meglio a considerare le indagini la prevedibile conseguenza dei reati che la classe politica, anche quella del Pd, continua a commettere. Se uno –tipo Renzi –candida un vecchio arnese della politica calabrese come Mario Oliverio a governatore di Calabria e non muove un dito (non può: ha cinque sottosegretari indagati) quando quello nomina tre assessori inquisiti per Rimborsopoli su tre – mettendo in fuga l’ex ministra Lanzetta, pericolosamente incensurata – deve sapere che l’inchiesta proseguirà: infatti venerdì il vicepresidente pd Vincenzo Ciconte e l’assessore pd al Lavoro Carlo Guccione si son visti sequestrare la refurtiva e l’assessore pd ai Lavori pubblici Nino De Gaetano, già denunciato dalla Mobile per voto di scambio, è finito in manette per aver arraffato 400 mila euro di rimborsi indebiti.
È una resa dei conti delle Procure o è un suicidio della politica che, non bastando la Campania, condanna un’altra Regione alle elezioni anticipate e la politica allo sputtanamento finale? Forse è il caso che Renzi dia una ritoccatina al suo cosiddetto “garantismo”: quello per cui sono tutti innocenti fino alla condanna in Cassazione. Questo possono dirlo i cittadini comuni, non i politici. Che, se vogliono evitare di trasferirsi in massa nelle patrie galere, devono tener lontani gli inquisiti dalle istituzioni. Finché è in buona, Renzi dia retta agli “esperti del Fatto ”: chieda scusa a Rosy Bindi e le commissioni una bella black list di tutti i politici candidati al gabbio. E li mandi a casa, prima che arrivino i carabinieri a portarli dentro”.
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