LMCA: i Cavalleggeri di Alessandria
LMCA: i Cavalleggeri di Alessandria
Una lunga storia che inizia nel 1850 con un nome inscindibilmente legato alla nostra città, tra atti di eroismo e di valore patriottico. Prima puntata fino al termine della Grande Guerra
by Piercarlo Fabbio
Martedì 10 marzo 2015. E per iniziare la puntata de ‘La Mia Cara Alessandria’ Piercarlo Fabbio si sofferma sulla notte tra il 9 e il 10 marzo 1821, sui rampari della Cittadella che guardavano verso Alessandria, quando si innalzava per la prima volta un tricolore. “Era il segno, pochi anni dopo il Congresso di Vienna che aveva sancito il ritorno all’ancient regime, che le lancette di una nuova era si stavano muovendo. Un nuovo ordine si sarebbe generato, nonostante il fallimento di quei brevi moti rivoluzionari nati all’ombra di una fortezza che nemmeno cento anni prima erano stati i Savoia a volere, abbattendo un quartiere praticamente grande come la città, Bergoglio, e sostituendolo con le imponenti opere difensive della Cittadella. Una nuova nazione stava per nascere, da mera espressione geografica a consapevole unità
politica”.
La storia di cento anni dopo non parte da lì ma ne è probabilmente indiretta conseguenza. Non è storia di studenti rivoluzionari, né di intellettuali carbonari, e neppure di sottili trame politiche ordite da scaltri e astuti statisti. No, è solo una storia di militari, di cavalieri e della loro sapienza nel combattimento, del loro valore all’ombra di un’idea.
Sulla tromba del Reggimento, con tanto di drappella, il capitano Antonio Petroni aveva fatto incidere: ‘L’ultimo squillo sarà di carica’. Orgoglio e ispirazione si fondono in questo motto che sarà anticipatore della gloriosa ed epica fine del Cavalleggeri di Alessandria (14esimo). Una delle tante, eroiche storie dimenticate dei nostri soldati, magari a favore di altre, a cui la propaganda attribuisce una miglior sorte, ma, nel momento in cui si scoprono, la verità si espone con tutta la sua forza e spazza la menzogna della cronaca.
Sulla tromba del Reggimento, con tanto di drappella, il capitano Antonio Petroni aveva fatto incidere: ‘L’ultimo squillo sarà di carica’. Orgoglio e ispirazione si fondono in questo motto che sarà anticipatore della gloriosa ed epica fine del Cavalleggeri di Alessandria (14esimo). Una delle tante, eroiche storie dimenticate dei nostri soldati, magari a favore di altre, a cui la propaganda attribuisce una miglior sorte, ma, nel momento in cui si scoprono, la verità si espone con tutta la sua forza e spazza la menzogna della cronaca.
Come al solito proviamo ad andare per ordine. E’ il 3 gennaio 1850. Viene istituito il Reggimento Cavalleggeri di Alessandria. E’ composto da quattro squadroni forniti dal Cavalleggeri Novara e Aosta e un deposito formato dal 6° squadrone di Piemonte Reale Cavalleria. Non è probabile che il Cavalleggeri Alessandria fosse di stanza in città, perché non vi erano, nelle caserme alessandrine posti per 600 cavalli. La Gamberina Vecchia, in via Ravanale – l’odierna via Mazzini – con le sue stalle ne può contenere al massimo 250, ma le cronache dell’epoca ci tramandano che, per motivi di igiene e di areazione è bene stipare non più di 150 quadrupedi. Di contro la Gamberina nuova – attuale caserma del Comando provinciale dei Carabinieri in piazza Vittorio Veneto - va da 177 a 210 cavalli e può contenere circa 400 posti letto per i cavalleggeri. La Gamberina nuovissima – quella che oggi contiene la questura – viene pensata come ampliamento della Gamberina nuova appunto per poter dare asilo a un Reggimento di Cavalleria, ma non se ne farà niente, perché nella vicina Voghera si sta costruendo una caserma con la capienza dovuta. Forse la Valfrè, che però sarà edificata a fine Ottocento, potrebbe essere il luogo ove il Cavalleggeri Alessandria trovi sistemazione, ma intanto s’è fatta l’unità d’Italia ed è probabile che l’Alessandria si sistemi a Lucca. Certamente dopo il 1920 sarà di stanza a Firenze e durante la seconda Guerra mondiale a Palmanova.
Alessandria ha dunque il suo Reggimento di Cavalleria, senza poter contare sulla sua presenza in città, ma questo è destino comune nell’organizzazione militare, che, per esempio colloca il ‘Cremona’ in città. Il Reggimento è giovane e un suo squadrone sarà in Alessandria sicuramente il 14 aprile 1855, giorno del concentramento delle truppe sardo-piemontesi che partono per la Crimea. Da pochi giorni il I squadrone è stato aggregato al corpo di spedizione e in piazza d’armi si svolge la cerimonia che una lapide di marmo con parole in bronzo, collocata sul fianco del Palazzo municipale, ricorda.
Non vi sarà nessuna “carica” in Crimea, ma interventi di pattugliamento e ardite ricognizioni per il giovane ‘Alessandria’, cui viene affidato il comando e lo stendardo del reggimento. Al ritorno vittorioso dall’Oriente è il momento della seconda guerra d’Indipendenza, in cui arriva la medaglia di bronzo allo Stendardo.
Bisognerà attendere però la terza guerra d’Indipendenza, quando a Villafranca, il 24 giugno 1866, il Reggimento raccoglierà la medaglia d’argento allo stendardo. Poi ci sono le campagne d’Africa. Lì l’Alessandria concorre alla formazione del I Squadrone Cavalleria Africa e dello Squadrone Cacciatori a cavallo. E l’Alessandria entra nel teatro bellico dell’oriente italiano con 27 ufficiali, 453 fra graduati e uomini di truppa, 345 cavalli.
Che sia un Reggimento ormai prestigioso è sancito anche da un famoso militare arruolato proprio nei Cavalleggeri di Alessandria. E’ Gabriele D’Annunzio che, richiamato a domanda per la Grande Guerra indosserà poi le bianche fiamme dei Lancieri di Novara. Alessandria concorre anche all’artiglieria, formando la 855esima compagnia mitraglieri Fiat. Nella seconda parte della guerra saranno episodi importanti a segnare la storia del Reggimento, ma è certo che il 3 novembre, nel tardo pomeriggio l’Alessandria è alle porte di Trento. E all’Hotel Trento saranno due corpi d’armata Austriaci ad arrendersi agli ufficiali del Cavalleggeri di Alessandria. Di lì a poco un altro tricolore, dopo quello del 1821, salirà sul pennone più alto del Castello del Buon Consiglio, là dove avevano sofferto i loro supplizi Cesare Battisti e Fabio Filzi. La tromba suona tre lunghi segnali. E’ la fine della Guerra, ma non della storia dell’Alessandria.
Tornano le reclame d’annata, ‘Strà per stra’ passeggiando in via Ambrogio Damasio (da corso 4 Novembre a via Pacinotti, parallela a via Buozzi). Di importanti studi. Afferrato in legge, lettere e storia, è moderatore nei comizi ed esponente di spicco nel governo della città. Legato ad Urbano Rattazzi da amicizia diventa un riconosciuto personaggio pubblico della città. A chi salga lo scalone del vecchio ingresso della Biblioteca Civica, dal portoncino di via Tripoli, non potrà sfuggire una lapide in marmo, sormontata da un mezzobusto dedicata ad Ambrogio Damasio.
E poi l’Almanacco del giorno prima, fatti successi tanti, tanti anni fa in Alessandria; infine, la playlist della settimana, curata da Fabbio con Roberto Cristiano, dedicata a swing e dintorni: ‘Mille lire al mese’, Gilberto Mazzi; ‘Maramao’, Nicola Arigliano; ‘Tulipan’, Trio Lescano; ‘Voglio vivere così’, Ferruccio Tagliavini; ‘Un Bacio a Mezzanotte’, Quartetto Cetra; ‘Tu Vuo Fa L'Americano’, Renato Carosone; ‘Permettete signorina’, Nicola Arigliano; ‘Sway’, Michael Buble; ‘Follia d’amore’, Raphael Gualazzi.
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