Treni in stazione, un fascino antico


Stazione di Alessandria, treni in stazione, in attesa di partire, un fascino antico che si rinnova nel tempo.
La storia del treno in Piemonteda: http://www.veicoliepoca.altervista.org/lo-sviluppo.htmlFra gli Stati, com'era allora divisa l'Italia prima del 1860, il Piemonte diede alle costruzioni ferroviarie l'impulso maggiore, vincendo tutte le gravi difficoltà che si presentavano con i suoi monti, fiumi e torrenti. E non procedette senza criterio, ma seguendo un programma saggiamente maturato già prima, perfino considerando i futuri congiungimenti con le linee dei Paesi vicini.
E fu appunto il Piemonte a concepire e a sostenere la grandiosa idea di aprire attraverso le Alpi la prima via al commercio internazionale; e non tardò a preparare i mezzi per effettuare la gigantesca impresa, culminata poi nel 1870 con il ciclopico traforo del Cenisio.
Dopo che Carlo Alberto aveva autorizzato una Societàche aveva fatto i primi studi preliminari, il Governo deliberò il sistema delle ferrovie piemontesi in due grandi linee principali: una della quali unisse Genova a Torino, passando per Alessandria, e l'altra da Alessandria mettesse capo al Lago Maggiore, attraversando la Lomellina.Ultimati gli studi nei particolari, venne ordinata il 13 febbraio 1845 la costruzione delle due linee a spese dello Stato:Il tratto da Torino a Moncalieri della prima linea fu aperto al pubblico nel settembre 1848, e la linea intera il 24 dicembre del 1855; mentre l'altra fu interamente compiuta nel giugno del 1855.
Nel 1853 il Governo acconsentì alla proposta della Società Laffitte, Bixio e altri di costruire ed esercitare una ferrovia da Modane, per Chambery, alla frontiera francese di allora ed a Ginevra, sotto il nome di "Strada ferrata Vittorio Emanuele". La Società, si fuse tre anni dopo con quella di Novara conservando il nome di "Vittorio Emanuele", incorporando le linee di Savoia e della Torino-Novara, oltre alla Torino-Susa cedutale dal Governo.
Della ferrovia Torino-Genova da Novi a Sampierdarena, considerando l'epoca in cui fu costruita, nella quale l'arte ferroviaria muoveva i primi suoi passi, fu veramente un'opera colossale. Svolgendosi i lavori su una regione aspramente montagnosa, oltre a tratti con pendenze del 35 per mille, richiese anche la perforazione di numerose gallerie, dieci di numero, di cui la massima, a Busalla, si interna sotto il colle dei Giovi per ben 3.260 metri, considerata allora la più lunga galleria del mondo. Fino allora deteneva il primato la galleria del Semmering (linea Vienna-Trieste) con i suoi 1.430 metri, opera austriaca ma realizzata (periodo 1848-1854) da un italiano: l'ingegner veneziano Carlo Ghega.
Dopo la proclamazione dello Statuto del 4 marzo 1848, all'opera del governo piemontese si aggiunse quella privata, contribuendo ad infittire sempre di più le vie ferrate in Piemonte. Nel 1850 una Società anonima, di cui faceva parte il Conte Cavour, ottenne la concessione delle ferrovie da Torino a Savignano a Cuneo, e da Savignano a Saluzzo. Nel 1852 lo Stato deliberò di costruire a proprie spese la strada ferrata da Torino a Susa (costruendo in parallelo la strada del Passo del Cenisio che metteva in collegamento la Savoia) e ne affidò i lavori alla Società Jakson, Brassey e Henfrey; mentre concedeva ad altre società di capitalisti le ferrovie da Torino a Vercelli e Novara, da Bra a Cavalmaggiore, e da Mortara a Vigevano.
Sul tratto di Torino-Susa appena citato, già il 13 agosto 1840, un umile imprenditore di Bardonecchia, Giuseppe Francesco Medail, dopo aver esaminato ogni passo le sue montagne, d'estate e d'inverno, studiando i vari ostacoli sia dalla parte italiana come in quella francese, dopo aver misurato che Bardonecchia e Modane erano allo stesso livello, e che l'interposto monte Freius era il più stretto fra tutti i monti, inviò un memoriale a Torino, espondendo il suo pensiero prima ancora della progettata costruzione del Passo stradale del Moncenisio e della ferrovia Torino-Susa. Non ebbe risposta. Ne inviò un altro all'inizio del 1841, ma ebbe lo stesso poco fortunato esito. Il suo era un progetto audace e avveniristico e nel preambolo della sua relazione diceva: " Per migliorare la strada da Torino a Chambery e renderla tale da rivaleggiare in qualunque stagione con quella dei nostri vicini, conviene abbandonare la strada del Cenisio e forare le Alpi del tratto più breve, cioè sotto il monte Frejus, fra Bardonecchia e Modane".Questo "tratto più breve" dell'audace progetto misurava circa 13 chilometri.Una follia per quei tempi, senza le moderne perforatrici . Il progetto non toccò neppur l'onore di una discussione, sicchè fu sepolto negli archivi di Stato. Medail chiuse gli occhi a Susa il 5 novembre 1844 e non ebbe la soddisfazione di veder presa in considerazione il suo progetto. Che però dopo l'esilio e la morte di Carlo Alberto, passò di mano in mano con tante paternità; ma la più originale fu quella dell'ing. milanese Giovan Battista Piatti che (dopo essere stato a Londra a curiosare) il 12 febbraio 1853 su quell'audace progetto di Medail, concepì in concreto un doppio disegno: come affrontare l'immane opera di scavo basandosi sull'applicazione dell'aria compressa. "Proposta per la strada ferrata fra Susa e Modane di un nuovo sistema di propulsione ad aria compressa da motori idraulici, e abbozzo di progetto per il traforamento delle Alpi". Era un opuscolo stampato a Torino dalla tipografia Castellazzi e Garretti. Anche questo progetto passò di mano, anche perchè Piatti non l'aveva brevettato, nè aveva gli agganci giusti dentro il governo Sabaudo. Il 15 gennaio 1854, tre ingegneri (Sommeiller, Grandis, Grattoni) su quel progetto chiesero il brevetto d'invenzione e lo proposero al ministero dei lavori pubblici. A un anno esatto dall'opuscolo di Piatti (arma vincente nella ciclopica perforazione).A parte la diatriba sulla priorità, il "progetto" dei tre ingegneri giunse finalmente in Parlamento il 29 giugno 1857. La grande opera fu approvata con 98 voti favorevoli contro 18 avversi. Il 31 agosto 1857 Vittorio Emanuele inaugurava i lavori col dar fuoco alla prima mina alla galleria di Modane; il 14 novembre dello stesso anno dava fuoco a quella sul versante piemontese. Le perforatrici meccaniche non erano ancora state perfezionate, i lavori di scavo furono iniziati a mano, ma dopo cinque anni sia da una parte che dall'altra non si era andati oltre i 700 metri di galleria, e fatti tanti sacrifici di uomini e di denari. Ne rimanevano di metri 11.500 !! Qualcuno già disperava, perchè si stava procedendo a passo di formica. Ma poi arrivarono le nuove macchine (pneumatiche ad aria compressa, idropneumatiche, scalpelli meccanici con diamanti ecc.) i lavori ebbero una forte accelerazione e poterono esser compiuti in poco più di tredici anni. Si lavorò anche tutta la vigilia e tutta la mattina del Natale 1870. Questo perchè in una breve pausa nel versante italiano, a mezzogiorno della vigilia, si erano uditi dei rumori sordi e confusi; operai e tecnici si guardarono trepidanti tutti in faccia alla luce delle fiaccole, poi qualcuno azzardò: "non c'è dubbio, sono i minatori del versante opposto". I lavori ripresero con maggior lena, lo scalpello affondò negli ultimi massi; poche ore dopo il governo riceveva questo telegramma: "Bardonecchia . Quattro ore e venticinque minuti. Lo scalpello ha forato l'ultimo diaframma di quattro metri e ci parliamo da una parte all'altra".L'errore di dislivello e di deviazione laterale risultò essere di pochi centimetri. Una meraviglia dell'ingegneria! Un opera audace, allora unica la mondo!Sette mesi dopo il primo treno percorreva la lunghissima galleria di 12.233,55 metri del traforo del Cenisio.Lasciamo pure il merito agli ingegneri esecutori; ma Carlo Cattaneo affermò che il traforo del Cenisio si doveva specialmente "a un lampo di genio di Giovan Battista Piatti". Che pochi ricordarono nè da vivo nè da morto. Morì ignorato nelle tribolazioni e povero. Solo Milano gli dedicò un monumento.

Torniamo al 1853. Impegnato su altre linee, il Governo piemontese affidò all'industria privata le linee da Genova a Voltri, da Torino a Pinerolo, da Santhià a Biella. L'anno dopo (1854) quelle da Valenza a Casale e Vercelli; da Alessandria a Stradella con diramazione da Tortona a Novi. Nel 1856 quelle da Alessandria ad Acqui e da Chivasso a Ivrea; nel 1859 quelle da Torreberretti a Pavia e da Novara alla Cava d'Alzo sul Lago d'Orta.
A una così intensa attività di uno Stato non tanto grande nè tanto ricco, contribuì efficacemente il ministro Paleocapa, che animò il Governo e i privati alle nuove imprese, e trattò e concluse quasi tutte le concessioni accennate sopra. Di modo che il Piemonte in pochi anni formò una rete ferroviaria che, oltre alle interne comunicazioni, gli assicurava la congiunzione con le linee degli Stati limitrofi. A dire la verità, questi non sempre disponibili a congiungersi.

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