E le Stelle non stanno a guardare


Franco Livorsi su: Città Futura on-line
Nelle valutazioni politiche mi piace rischiare. A volte ci azzecco. Talora no. Avevo sostenuto, su “Città Futura” e, in una fase recente, in una lunga intervista a Marco Ciani pubblicata in due puntate su “Appunti Alessandrini”, che non credevo affatto all’hara kiri del Movimento Cinque Stelle: evento rapidamente autodistruttivo che sarebbe arrivato se quel Movimento avesse seguitato a tenersi fuori da tutti i giochi politici, sdraiato sulla riva del fiume in attesa del crollo del sistema, che poi naturalmente non sarebbe arrivato. Il M5S mi pareva troppo grosso per sparire o estinguersi così. Non era e non è mai accaduto nella storia. Non solo le aperture degli ultimi giorni, ma l’incontro di oggi pomeriggio (25 giugno alle 14,30, sei ore fa) mi confermano nella convinzione che il M5S stia cambiando tattica, e forse strategia. Esprimo la mia valutazione prima di ogni giornale e col rischio di veder smentita la mia previsione da qualche scomunica notturna di Grillo ai suoi “compagni” che hanno trattato con il PD, in un incontro
trasmesso in streaming e che ho visto. Prevedo che Grillo non potrà né vorrà smentire, anche se la svolta iniziata sembra profonda.
Mi è sembrato un dialogo vero, tra persone intenzionate a non a fare minuetti, ma a cercare punti di intesa, con quel tanto di polemica che è ovvio non solo tra avversari irriducibili sino a ieri, ma tra chi stia all’opposizione e chi stia al governo. Così Berlusconi e consorti, strettamente cooperanti sulla legge elettorale già approvata alla Camera - il cosiddetto “Italicum” - da un po’ di giorni ripetono come un mantra che ci vorrebbe l’elezione diretta del presidente della repubblica nonché capo del governo, anche se loro - per carità - non si tirano indietro. (E se no, “andò vanno”?) Ma la richiesta presidenzialista di Berlusconi e consorti è fumo. Al punto in cui sono le cose conta davvero poco, perché la riforma sul modello “sindaco d’Italia” da un lato sta arrivando alla grande senza presidenzialismo; dall’altro il semipresidenzialismo conta ormai poco essendo l’idea sottesa ad esso - quella cosiddetta del “sindaco d’Italia” - pressoché realizzata, in presenza di due ex sindaci che sono presidente e vicepresidente del consiglio, e soprattutto col doppio turno “alle viste”. Ma, si sa, chi sta all’opposizione qualcosa deve dire. Così, naturalmente, i delegati “cinquestellati” e quelli del PD oggi pomeriggio hanno difeso i rispettivi progetti di riforma elettorale, com’era ovvio. Lo hanno fatto però in modo assai efficace, tramite interventi di merito di Toninelli (il vero esperto del M5S) e di Di Maio (un ventisettenne che potrebbe anche essere il leader nazionale di domani di quella parte politica). Quelli del M5S hanno criticato in modo niente affatto stupido il progetto Italicum. Renzi ha fatto loro l’onore di discutere nel merito il loro progetto, mostrando di averlo studiato. Ma le due parti non si sono solo studiate.
E’ emerso che non c’è unno pregiudiziale del M5S né sull’istanza di avere un sistema elettorale che consenta di sapere chi ha vinto e governerà il giorno stesso in cui finiscono le elezioni né su un meccanismo a due turni. Ciò è così vero che Renzi li ha invitati a confrontarsi costruttivamente anche sulle altre riforme in cantiere, del tipo della trasformazione del Senato e della “riforma della riforma” dell’articolo quinto della Costituzione, per limitare le spese pazze delle Regioni.
Naturalmente è sommamente ingenuo, o sommamente demagogico, pensare che il PD, preso da improvviso entusiasmo per l’apertura del M5S, possa mandare a spasso domattina Forza Italia e anche una riforma già votata alla Camera. Intanto perché non si debbono mai più ricominciare le cose importanti tutto daccapo disfacendo il già fatto (non sono né debbono più essere tempi da “vaudeville); l’Italicum è già stato votato alla Camera, perciò può essere migliorato ma non stravolto né tantomeno annullato. E poi se il PD chiudesse all’apporto di Forza Italia, ossia rinunciasse all’architettura fondamentale dell’Italicum, per avere il M5S come partner, e poi questo - come secondo me farebbe sicuramente - lo mollasse a sua volta, dimostrerebbe solo di essere un partito di fresconi. “Hanno già dato” tutto, specie dopo le elezioni del 2013. E anche di più.
   Ma ci sono molti altri spazi decisivi su cui lavorare, anche col M5S.
  L’impressione che ho avuto io è che sulla preferenza in mano ai cittadini nei listini per la Camera e sulla definizione dei collegi elettorali potranno esserci, molto presto, novità molto interessanti. Inoltre ci si potrà accordare facilmente sull’abolizione dell’immunità per i nuovi senatori e anche sulle modifiche all’articolo quinto della Costituzione, per tagliare privilegi assurdi alle Regioni.
  Naturalmente non c’è nessuna politica delle alleanze  vera e propria in arrivo. C’è o sembra esserci, semplicemente, una tardiva ma importante disponibilità a trattare sulle riforme istituzionali e più in generale strutturali. E magari, a fine anno credo, sul nuovo Presidente della Repubblica. Ciascuno tenendo fermi i propri punti fondamentali. In conclusione sembra che stia iniziando una fase della storia della repubblica – connessa alla disfatta di Forza Italia e al trionfo del nuovo Partito Democratico di Matteo Renzi - in cui finalmente il confronto torni ad essere tra avversari, e non più tra nemici. Come in tutte le grandi democrazie europee e del mondo.

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