IL PIACERE DI LEGGERE, PROPOSTA DI STEFANIA PELLEGRINI
J.Honoré Fragonard
"Leggere, ha
detto Mason Cooley, ci dà un posto dove andare quando
dobbiamo rimanere dove siamo".
Niente esiste di più bello, per me, che varcare la soglia di una
libreria, aspirare l'odore di carta, e godere del pizzico di magia
che si leva tra i vari scafali, mentre cerco un titolo, un autore che mi
faccia trovare, appunto, “un posto dove andare”. E portarsi il
libro a casa, anche solo per poterlo custodire nella libreria, come un
piccolo tesoro, da scoprire, magari, più avanti.
Leggere, per me, è aprirsi a nuovi orizzonti, entrare in mondi sconosciuti, gustare intensamente il profumo delle parole, delle storie incontrate.
Leggere, per me, è aprirsi a nuovi orizzonti, entrare in mondi sconosciuti, gustare intensamente il profumo delle parole, delle storie incontrate.
Viaggiare!
A volte volare... percorrere migliaia di miglia, comodamente seduta su una poltrona.
Se poi, il tutto, è vissuto in un proprio angolo segreto, lontano da ciò che circonda, l'illusione è fatta. Inizia il viaggio. Bello, brutto non si sa. Sta lì l'attrazione che mette in moto la curiosità.
Arrivata alla parola fine, mi scopro diversa, arricchita, con la sensazione di aver visitato veramente i luoghi incontrati, perchè l'immaginazione ci ha messo del suo.
Può capitare che alcune storie non mi appassionino allo stesso modo, sospendere la lettura e passare a qualcos'altro, ma non cambia molto, resta sempre un fatto stimolante.
Se poi, il tutto, è vissuto in un proprio angolo segreto, lontano da ciò che circonda, l'illusione è fatta. Inizia il viaggio. Bello, brutto non si sa. Sta lì l'attrazione che mette in moto la curiosità.
Arrivata alla parola fine, mi scopro diversa, arricchita, con la sensazione di aver visitato veramente i luoghi incontrati, perchè l'immaginazione ci ha messo del suo.
Può capitare che alcune storie non mi appassionino allo stesso modo, sospendere la lettura e passare a qualcos'altro, ma non cambia molto, resta sempre un fatto stimolante.
Mi piace ritirarmi in angoli appartati della casa, lontana dal chiasso,
magari della televisone o della radio e immergermi in un mondo tutto
mio, perchè ciò mi permette di entrare in contatto con me stessa.
Ascoltarmi!
Mentre leggo, la mente viaggia, anche, aldilà della storia. Una frase,
un accadimento, può accendere collegamenti con ricordi, situazioni
vissute. Così mentre scopro una storia, ne rivivo per tratti un'altra.
Come si sarà capito, preferisco il libro cartaceo, proprio per il contatto con le pagine, per il suo odore che pare trasmettermi qualcosa di vivo. Però, non rifuggo l'e-book che trovo più pratico quando sono in viaggio, o per la lettura a letto.
Per chi ancora non la conoscesse, propongo un'autobiografia che ho scoperto in libreria, un po' di tempo fa, in evidenza, tra altri libri consigliati.
Mi aveva colpito la sua copertina celeste pallido, l'argomento: un Oriente che aveva il fascino delle “mille e una notte”, e tentata dalla voglia di scoprire e conoscere, l'ho acquistato.
Mi aveva colpito la sua copertina celeste pallido, l'argomento: un Oriente che aveva il fascino delle “mille e una notte”, e tentata dalla voglia di scoprire e conoscere, l'ho acquistato.
“ Non legare il
cuore” di Farian Sabahi
la mia storia persiana
tra due Paesi e tre
religioni
Anno 2018
“ Non legare il cuore a nessuna
dimora, perchè soffrirai quando te la strapperanno via” RUMI
“Non legare il cuore” è la storia di Farian, nata dal matrimonio tra Taher, iraniano, giunto in Italia negli anni '60 per laurearsi in medicina, e Enrica,
piemontese appartenente alla borghesia di Alessandria, con tutte le
problematiche che accompagnarono quell'unione mista, tra le prime,
nell'Italia di quegli anni.
“Mia madre ha avuto un gran
coraggio, (….). Fece il diavolo a quattro pur di sposare mio padre
anche se con il matrimonio perse la cittadinanza italiana: fino al
1975 la legge italiana prevedeva che il capo famiglia fosse il marito
e la sua cittadinanza condizionasse quella di tutto il nucleo
familiare. Diventanta iraniana, mia madre ha continuato a vivere in
Piemonte, con il permesso di soggiorno.”
Con continui flash back l'autrice ci racconta tutte le emozioni e le
difficoltà che possono nascere dall’incontro tra due culture tra loro
diverse e insieme vicine. Passo passo ripercorre il suo cammino di
crescita interiore alla ricerca di un'appartenenza, di una mediazione
tra il mondo cattolico e quello islamico sciita.
Farian, il cui nome significa “sogno che viene di notte” , nasce e
cresce sempre un po' "fuori luogo", a cavallo tra paesi dalle storie e
culture apparentemente inconciliabili, tra due famiglie: quella italiana
e il suo mondo cattolico, e quella iraniana con la sua fede mussulmana.
Il romanzo racconta, appunto, le vicende religiose dell'autrice, ci
parla di cos'era il Piemonte negli anni di piombo, e degli anni della
rivoluzione iraniana del 1979.
Racconta cos'era Baku nell'Azerbaigian negli anni venti del '900, dove era nata e cresciuta la nonna paterna Mariam, figlia di un mussulmano sciita e una nonna ebrea russa.
Ci parla di convivenze tra popoli e religioni diverse.
Racconta cos'era Baku nell'Azerbaigian negli anni venti del '900, dove era nata e cresciuta la nonna paterna Mariam, figlia di un mussulmano sciita e una nonna ebrea russa.
Ci parla di convivenze tra popoli e religioni diverse.
Figlia di un musulmano sciita di Teheran con genitori originari dell’Azerbaigian e di una cattolica alessandrina, Farian,
all’insaputa di tutti, viene fatta battezzare dalla nonna materna nella
cappella della clinica dove è nata. Questo gesto segnerà per sempre la
sua vita. La giovane dovrà fare i conti con una religione “imposta”
anche se dal canto loro i genitori la lasceranno sempre libera di
trovare la sua strada.
“Non avevo fatto catechismo, la prima comunione, la cresima e
tutto il resto, e quindi non mi identificavo come cattolica. (…) i
miei mi avevano esonerato dall'ora di religione ma mi incoraggiavano
a restare qualche volta in classe ad ascoltare (...)”
“Quella mattina il professore
prese posto in cattedra e ci squadrò perbene. (….)Scelsi il primo
banco. Lui mi riconobbe e disse ad alta voce: Farian, che oggi siede
tra noi, è una bastarda."
"(….) Mi venne il magone ma ebbi comunque
la forza di chiedergliene i motivi.
Rispose: sei mezzosangue, figlia di un immigrato e quindi
bastarda.”Sarà con l’arrivo del figlio Atesh che cercherà di vedere le cose più chiaramente.
“Sì, sono stata battezzata e quindi cattolica (…) al tempo stesso, sono mussulmana”.
Ho letto questo romanzo di Farian Sabah con trasporto e interesse, una
lettura scorrevolissima e piacevole. Arricchito da fatti e annotazioni
sugli usi dei suoi due mondi, intercalato anche da parole dal lessico
persiano e dal dialetto piemontese, è un viaggio nella memoria,
capace di stimolare domande in ognuno di noi e particolarmente
interessante per scoprire e comprendere culture e realtà distanti e
diverse.
FARIAN SABAHI
nasce ad Alessandria nel 1967. E' autrice di saggi come Storia dell'Iran
e Storia dello Yemen, insegna Relazioni internazionali del Medio
Oriente presso l'Università della Valle d'Aosta e scrive per il
"Corriere della Sera" , "Io Donna" e "Il manifesto".
Muy bellas imágenes.
RispondiEliminaBesitos dulces
Siby