GORA, di Miriam Maria Santucci

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NATALE 1951

Il presepe a scuola veniva fatto dagli stessi alunni, che portavano il muschio raccolto nel bosco e facevano le casette di cartone; le pecorelle e i pastorelli erano ritagliati da vecchi libri di scuola e poi incollati su pezzetti di corteccia d’albero. La capanna era fatta di legno, costruita da un falegname, il papà del suo compagno di banco; dentro, sulla paglia, c’erano delle bellissime statuine di terracotta: il Bambinello, San Giuseppe e la Madonna, il bue e l’asinello e i Re Magi.

Sassolini minuscoli formavano il sentiero che conduceva alla capanna e alle altre casette di cartone, sparse qua e là sopra il muschio fresco. Sulla porta dell’aula erano stati appesi due bellissimi rametti: uno di vischio e uno di agrifoglio, come buon auspicio per tutti gli scolari e le loro famiglie.

La maestra aveva fatto anche un albero di Natale, con un piccolo pino proveniente dal vicino bosco, messo dentro un grande vaso di terra e appoggiato sul pavimento, davanti alla sua cattedra.

Era addobbato con tanti batuffoli di candido cotone, che lo facevano sembrare coperto di neve, come i pini rimasti nel bosco; tra i rami erano appesi mandarini, tanti biscotti fatti in casa dalle mamme e avvolti nella carta colorata e tante caramelle dai più svariati colori. I bambini aspettavano ansiosamente che arrivasse il momento di poter festeggiare e di gustare tutti insieme l’addobbo dell’alberello. La festa si realizzava sempre prima delle vacanze natalizie. Gli alunni facevano gli auguri alla loro maestra e insieme festeggiavano intorno all’albero, facendo man bassa dei mandarini, dei biscotti e delle caramelle, lasciandolo addobbato soltanto dai bianchi batuffoli di cotone.



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