L'AQUILONE, Loredana Mariniello
L'AQUILONE
Passeggiavo un giorno
lungo la riva del mare,
quando vidi sulla spiaggia
riverso, l'inerme scheletro
di un bell'aquilone.
Dovevano averlo perso
le esili e distratte mani
di un ragazzino
e tutto solo, credendosi
un aeroplano, quel piccolo
aquilone deve aver deciso
di tentare il volo.
Aveva le vertigini,
librava nell'aria
incerto ed insicuro,
precipitò schiantandosi
all'improvviso,
con un colpo duro
sull'attiguo terreno.
Immobile sulla battigia
col petto rotto,
sicuro perì vittima
di un brutto botto.
Guardinga lo raccolsi
di soppiatto,
pensai : " Ma guarda un pò,
timido aquilotto,
ti sei cacciato proprio
in un bel casotto !
Magari con ciò
che resta di te, reietto,
posso cucirmi addosso
un camiciotto,
mi par difatti
un'impresa impossibile
riuscirti a medicar le ferite
con un singolo cerotto !
Chissà che forma avevi
prima di cascar giù morto !
Presumo non fossi
un treno e neppure un drago,
di certo non eri fenice,
tanto meno un fuoco,
ma osservandoti
attentamente
mi sembra che tu
somigli un poco
a un cuore malconcio
con al centro un buco .
Cosa farò adesso,
se vuoi, te lo dico :
ricucio la ferita
e ti lego stretto
al mio dito !
Ecco ! Ora sei come nuovo,
riesci perfino ad ondeggiare,
solo un favore ti chiedo :
" Ti prego non andare ! "
Ma l'aquilone sordo
a quell'unica mia richiesta,
preso dal vento s'alzò
e, finalmente, fiero
sollevò la cresta,
urtò, ad onor del vero,
contro un albero,
un pò la testa,
ma più sicuro
librò nell'aria
quasi fosse in festa.
Mi aveva tirato,
euforico, il filo dalla mano,
però io non glielo cedevo
e piano piano,
anch'io lasciai quel lido
levando le mie braccia
in un audace volo,
come una margherita
sfuggita al suo stelo
me ne andai via lontano
sognando di rifiorir un dì
in un più grande
e sconosciuto giardino.
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