Volano le favole: Volano le favole: I nasetti rossi
Distesa nel suo lettino dell’ospedale, Margherita, una ragazzina di otto anni, osservava le candide pareti e l’altrettanto candido soffitto.
In quella stanza non c’era un briciolo di colore e quella tinta immacolata si amalgamava perfettamente al panorama immacolato che s’intravedeva oltre i vetri.
In effetti, stava nevicando fitto fitto. Un vero peccato non potersi alzare e andare alla finestra, il tubo della flebo, che immetteva il medicinale nelle vene, glielo impediva.
Margherita sospirò. Doveva avere pazienza e accontentarsi di ammirare la danza dei fiocchi dalla sua posizione. Era una ragazzina paziente e sopportava bene i dolori e i disagi che le causavano la sua grave malattia e di pazienza ne occorreva davvero molta nel periodo delle cure a cui era costretta.
Un lamento proveniente dal lettino accanto al suo attirò la sua attenzione: «Non piangere, Diego. Vedrai che starai meglio appena terminata la cura.»
Il paziente del letto vicino era un ragazzino di un paio di anni più piccolo, ammalato della sua stessa patologia, che lei cercava sempre di confortare, quasi fosse un fratellino.
La testa rasata del piccolo rendeva il suo visetto sofferente ancora più smunto di quanto in realtà fosse e Margherita avvertì una stretta al cuore.
«Coraggio! Stringi i denti! Manca poco alla fine del trattamento! Poi, se te la sentirai, possiamo giocare a dama o con le carte.»
Il ragazzino mosse appena la testa tenendo ben serrate le palpebre e lei insisté: «Ma se non ti va, posso invece raccontarti una favola.»
Questa volta Diego riaprì gli occhi e la guardò, interessato: «Me ne racconti una nuova?»
Margherita sorrise, contenta di essere riuscita a distrarlo: «Che ne diresti di una fiaba sulle note musicali?»
«Raccontamela subito, per piacere. Almeno dimentico un po’ il dolore!»
La ragazzina iniziò il suo racconto: «Vedi quell’albero fuori?»
«La nostra amica quercia!» rispose in modo saputello Diego.
«Sì, d’accordo, ma non si tratta soltanto di una semplice quercia, bensì di un Tronco Melodioso! Ebbene tra i suoi rami vi abitano degli strani animaletti.»
Diego volse il capo verso il punto indicato e vide i rami della quercia, imbiancati dalla neve, protesi quasi che volessero sfiorare i vetri della finestra.
«Tronco Melodioso? Mai sentito! Ma spiegami un po’, cosa intendi per strani animaletti?»
«Intendo dire che non ho mai visto in nessun libro o documentario creature altrettanto bizzarre. Sono esserini minuscoli e assai graziosi, pelosetti con orecchie grandi e appuntite. Hanno una lunga coda prensile, come le scimmie, e nel loro musetto spiccano gli occhi grandi, dorati, eternamente sgranati oltre a un buffo, buffissimo naso rosso.» La ragazzina sorrideva divertita nel descriverli: «Hai presente quello dei pagliacci? Ebbene, proprio così!»
«Devono essere proprio buffi, allora!» esclamò Diego, divertito. «Ma io non vedo niente!» aggiunse, sollevandosi a sedere. «Dove sono?»
«In realtà non è così facile vederli. Si tratta di creature timide, piuttosto restie a mostrarsi agli umani.»
«E come mai tu sei riuscita a vederli?»
«Sono una ragazza fortunata! Sai che sono riuscita addirittura a parlare con loro?»
Diego, ormai dimentico del suo male, sgranò gli occhi: «Mi stai prendendo in giro!»
Margherita sorrise comprensiva: «Lo so che è difficile credermi, ma ora proviamo a chiamarli e se siamo fortunati, potrai verificarlo da te.»
«Come facciamo a chiamarli? Hanno un nome come noi?»
«Io li chiamo Squizzi e a ognuno ho dato un nome: Tam, Tem, Tim, Tom, Tum, Tamtam e infine, Tomtom. Ma per attirare la loro attenzione proveremo a fischiare a modo loro. Ti mostro come fanno e poi proviamo insieme. Sei pronto?»
Diego fece una smorfia scettica, ma poi acconsentì ugualmente: «Pronto!»
Lei mise i due indici in bocca e iniziò a modulare dei sibili acuti, imitata subito dal ragazzino.
Per qualche secondo non accadde nulla e il richiamo venne ripetuto alcune volte, con lo sguardo di entrambi puntato sui rami innevati.
Poi e all’improvviso, comparve un primo musetto timido, seminascosto dalla neve ammucchiata. O meglio, apparvero un paio di occhi dorati, immensi e sgranati sui due bambini. Subito dopo ne apparvero un altro paio e poi un altro e un altro e un altro ancora, poi sette lunghi ciuffi inalberati al cielo e sette nasetti rossi, proprio come li aveva descritti Margherita poco prima.
«Oh!» mormorò Diego rimasto basito e senza parole.
«Hai visto? Siamo proprio fortunati!» ribadì Margherita.
«Sembrano usciti da un cartone animato!» esclamò il piccolo malato con un gran sorriso.
«Te lo avevo detto che sono buffi! Ora provo a convincerli ad avvicinarsi così potrai osservarli meglio.» Poi, abbassò il tono di voce fino a farlo diventare un bisbiglio.
«Venite fuori, piccoli amici. Non abbiate paura!» li esortò la ragazzina. «Sono proprio felice di rivedervi.»
Le creaturine scossero la testa rimanendo nascosti, e lei insistette: «Venite! Vorrei presentarvi il mio amico Diego.»
«Perché parli così piano?» le domandò lui.
«Non voglio che si spaventino. Anzi, se dovessero avvicinarsi, mi raccomando, non alzare mai la voce. Scomparirebbero in un battibaleno.»
Lo Squizzi leggermente più grande sembrava molto interessato a ogni movimento e a ogni cenno che si scambiavano i due amici, poi, preso coraggio avanzò di un passo studiando la situazione e solo quando si sentì tranquillo balzò sul ramo più vicino alla finestra.
Senza emettere nemmeno uno squittio, lo Squizzi spiaccicò il suo bel nasetto rosso sul vetro e si mise a scrutare con attenzione il piccolo Diego, gli altri Squizzi lo imitarono subito schiacciando, a loro volta, il simpatico nasetto contro il vetro.
Erano talmente buffi che il ragazzino non riuscì a trattenersi e scoppiò in una sonora risata.
«Lui è Tam, il capobanda, quello dietro è Tem, poi viene la piccola Tim, poi c’è Tom e Tum e, infine, quelli più piccoli sono Tamtam e Tomtom.»
«Guarda! Si stanno coprendo di neve. Facciamoli entrare.» propose Diego.
Margherita, seppure a fatica, si avviò alla finestra trascinandosi dietro il supporto che sosteneva la flebo, quindi aprì l’anta.
Le creaturine rimasero un attimo indecise, poi, con un solo balzo entrarono nella stanza.
Dopo qualche istante di esitazione Tam si mosse, avvicinandosi al letto del piccolo malato seguito subito dagli altri.
Gli Squizzi salirono sul letto circondandolo e Diego rimase, oltre che interdetto, anche un po’intimidito.
«Non aver paura.» lo avvertì Margherita «Vogliono solo cantarti una canzoncina.»
«Cosa? Sanno cantare?»
«In realtà loro sono i Portatori delle Sette Note Musicali. Ognuno di loro rappresenta una nota: do, re, mi, fa, sol, la, si, do.»
Come a sottolineare le ultime parole della ragazzina, ogni Squizzi emise un suono, per nulla stridulo ma, al contrario, assai melodioso.
Do, cantò Tam. Re cantò Tem, Mi emise Tim e via di seguito fino a Tomtom che concluse con Do. Poi, tutti insieme e sotto lo sguardo incredulo di Diego, iniziarono a modulare un motivetto:
Col poco tempo a nostra disposizione
abbiamo composto questa sciocca canzone
ma ascolta ragazzo, e guardaci in viso
vorremmo donarti molta gioia e un sorriso.
con i nasi rossi e con questi alti ciuffi
ma or siamo qui e se ci dai la mano
ti portiamo in volo, ti portiamo lontano.
Diego aveva ascoltato a bocca aperta e con molta attenzione. La canzoncina lo aveva sorpreso e, nello stesso tempo, divertito molto.
«Davvero volete portarmi via da qui? E dove? E poi, io sono tanto stanco, non posso muovermi!»
Fu Margherita a rispondere: «Ci sono tanti bei luoghi al mondo da visitare, ma secondo me, quello più bello di tutti è sempre il mondo della fantasia e non occorre nemmeno muoversi per un viaggio del genere.»
Diego la guardò con espressione scettica, ma gli Squizzi ripresero a cantare:
Suvvia ragazzo, non crederci sciocchi,
abbi fiducia e socchiudi quegli occhi
concentra la mente su un solo pensiero
e ti condurremo su un lieve sentiero.
«Dai, fai come dicono. Chiudi gli occhi e concentrati.» suggerì l’amica e Diego ubbidì.
Strinse forte gli occhi escludendo ogni altro pensiero, se non quello degli Squizzi, poi si sentì afferrare per mano e la sua mente, magicamente, iniziò a sognare.
In principio avvertì soltanto il sibilo del vento penetrare tra i rami del Tronco Melodioso, poi distinse con chiarezza le folate che sospingevano i fiocchi di neve ammucchiandoli con grazia e sofficità. Ogni soffio, ogni carezza equivaleva a una nota musicale e tutte insieme formavano una dolce melodia.
Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do bisbigliava il vento tra le fronde e queste rispondevano ricoprendosi di gemme e poi di nuovi germogli. Il clima, come per magia, cambiò, la neve scomparve e tornò il sole a filtrare tra le foglie novelle.
In quel momento, davanti ai due malatini, si spalancò un mondo fantastico.
Apparvero monti e verdi vallate; boschi e foreste sterminate. Il ragazzino avvertì con chiarezza il mormorio di un torrente che confluiva in una gorgogliante cascatella, allora spalancò il suo sguardo meravigliato sull’acqua di un laghetto smeraldino in cui si specchiava un cielo terso e turchese palpitante di fruscii di ali leggiadre.
Diego si abbandonò all’abbraccio del vento che sussurrava la sua melodia e solo allora si accorse di avere al suo fianco Margherita.
L’amica sorrideva beata e gli stava indicando l’unica, candida nuvoletta presente nel cielo e, insieme, vi si diressero, tenendosi per mano e volando poi vi si adagiarono, godendosi appieno il panorama con il tenue sottofondo musicale.
Do, scandì una cicogna che si era affiancata alla nuvola, Re cantò una rondinella, Mi emise un’oca, Fa cantò un germano reale,
Sol cantò invece un falco, La scandì un gabbiano, Do concluse un’aquila. Quelle magiche note si cercarono nell’aria e si unirono, componendo una soave canzoncina:
Su questa nuvola eterea come un sogno
vi scorteremo nel nostro regno
schiudete le menti nel magico volo
e quanto è bella la terra ammirate dal cielo.
I due ragazzi, cullati dalla musica, sognarono e volarono per ore poi, e all’improvviso, si ritrovarono sdraiati nei loro lettini.
«Era solo un sogno!» esclamò Diego con rammarico.
«No!» obiettò Margherita «Siamo stati protagonisti di una favola.»
Diego guardò verso la quercia ricoperta totalmente dalla neve cercando inutilmente i piccoli Squizzi.
«Se ne sono andati, ma torneranno ogni volta che ti sentirai triste, pronti a cantarti tante altre, sciocche canzoncine e a farti volare.» gli disse lei. «Ormai, il richiamo lo hai imparato.»
Il ragazzino annuì, poi, esausto si addormentò.
Gli anni passarono in fretta in quella stanzetta di ospedale, che vide tanti bimbi ammalati della stessa patologia. E una ventina di anni dopo, in una gelida mattina d’inverno, nei lettini che erano stati di Diego e Margherita si ritrovarono altri due bambini: Francesco e Luana, rispettivamente di sei e otto anni.
Il ragazzino stava molto male e inutilmente la compagna di stanza cercava di rallegrarlo un po’.
«Guarda Franci, sta nevicando! Guarda quanto è bella e soffice è la neve!»
Il piccolo volse la testa verso l’albero ed espresse un desiderio: «Quanto mi piacerebbe andare sullo slittino!»
«Oh, vedrai. Guarirai presto e potrai scivolare sui pendii nevosi ogni volta che vorrai.» le disse lei «Ma cosa sono quelle palline rosse che si vedono tra i rami?»
Francesco, anche se a fatica si sollevò un po’ a sedere: «Non sono palline e nemmeno frutti. Sembrano piuttosto… sette nasi da pagliaccio.» disse e già sorrideva all’idea.
Toc toc, si sentì in quel momento alla porta.
«È permesso!» cantarono due voci in contemporanea.
«Possiamo entrare?»
I due malatini guardarono l’ingresso e proprio sull’uscio videro spuntare due nasi rossi da pagliaccio.
«Avanti.» dissero entrambi, curiosi di conoscere chi si nascondesse dietro quei nasi.
Siamo qui e siamo contenti,
tutti allegri e sorridenti,
senza brama né ambizione
vi cantiamo una canzone.
Nella stanza si fecero avanti due dottori in camice bianco. Un uomo e una donna truccati da pagliacci, che iniziarono a riempire la stanza di bolle di sapone.
Guarda quante e quante bolle
danzano in aria lievi e belle,
trasparenti e assai leggere
vanno in volo e son passeggere.
Luana e Francesco sorrisero divertiti e i due camici bianchi si avvicinarono al loro lettino.
«Volete sentire una favola, ragazzi?»
«Ormai le conosciamo tutte.» rispose Francesco.
«Sono sicura che questa sul Tronco Melodioso e sui Portatori delle Note Musicali non la conoscete.» disse la dottoressa ammiccando al collega, che annuì: «Anche io sono sicuro che non l’avete mai sentita e che vi piacerà!»
«Allora, volete ascoltarla?»
«Sì.» risposero entrambi i ragazzi, ormai interessati.
«Però, per raccontarla meglio dovremmo metterci comodi, Margherita.» suggerì il dottore alla giovane amica.
«Sì. Hai proprio ragione Diego. Sediamoci a fianco dei ragazzi.»
I due medici pagliacci si sorrisero, quindi iniziarono a raccontare:
«Vedete quell’albero là fuori? In realtà non si tratta soltanto di una quercia, ma di un Tronco Melodioso e sopra vi abitano degli strani animaletti chiamati Squizzi.»
«Strani animaletti? Squizzi?» scandì Francesco con gli occhi sgranati.
«Squizzi? Mai sentiti!» ribadì invece Luana.
«Sì. Guardate. Spuntano già i loro nasetti rossi. Rossi come questi.» sorrise la dottoressa, indicando i loro nasi e scandendo melodiosamente con l’altro dottore:
In questo letto son troppe le pene,
fare un bel viaggio forse conviene,
se sul cuscino serrate gli occhi
sarà magica gita tra fiabe e balocchi.
E se le sue ali spiegherà il buon vento
ci affideremo con il cuore contento
e nel mondo dei sogni e del dolce nulla
voleremo su nuvola come soffice culla.
E mentre sette buffe creaturine spiaccicavano il loro nasetto rosso sul vetro, i due ragazzini iniziarono a ridere, ridere e ridere fino a stancarsi e addormentarsi, sognando di volare su una soffice nuvola circondanti da una miriade di bolle iridescenti.
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