Nel borgo del fantasy: La guerra dei sauri (3a)
Arrivarono senza altri problemi all’accampamento, ma furono separati dai preparativi della battaglia imminente.
Durante la loro assenza, svariati messaggeri erano giunti da ogni dove e gli esploratori a dorso dei dragon-sauri avevano portato la notizia dell’arrivo dell’esercito nemico.
“Com’è possibile che nessuno lo abbia avvistato prima?” si domandò il giovane. “Quell’esercito doveva essere pronto da tempo, non può essere comparso dal nulla!”
Per qualche minuto Nehk pensò di chiamare a rapporto i suoi ufficiali, domandare spiegazioni ed eventualmente infliggere le giuste punizioni, ma poi s’impose di mantenere la calma e iniziò a riflettere sul da farsi.
“Arriverà anche il momento del resoconto finale. Coloro che hanno sbagliato verranno puniti a tempo debito.” si disse, richiamando una delle sentinelle, che montava la guardia all’esterno della sua tenda e inviando un messaggio al suo amico Gorn.
Il generale Gorn arrivò dopo pochi minuti e i due si scrutarono con aria grave.
«Lo so cosa stai pensando, ma nessuno di noi aveva previsto l’inizio delle ostilità senza nessuna avvisaglia. Quei cani sono riusciti a formare il loro esercito tramando in silenzio e all’oscuro.»
Nehk tacque. Avrebbe voluto inveire contro l’amico, ma strinse i pugni e tenne a bada il moto di collera che lo spingeva a sbraitare. Poi trovò la giusta concentrazione e iniziò ad analizzare il problema: «Allora era tutto organizzato. Anche il rapimento della giovane Sharez. A che scopo?»
«Vogliono il dominio assoluto su queste terre e su questi popoli. E quale occasione migliore se non questa che ci vede tutti riuniti in questa prateria sterminata, con anziani e bambini al seguito. Temo che non riusciremo a difendere tutti dall’assalto di quei selvaggi primitivi.»
«Ma noi siamo più bene armati e abbiamo i draghi e i tuoi stregon-sauri dalla nostra parte. Anche se siamo in inferiorità numerica, possiamo farcela a sconfiggerli.» obiettò Nehk.
Gorn annuì, sebbene diede l’impressione di non essere del tutto convinto.
Nehk batté una mano sulla spalla poderosa dell’amico: «Raduna il consiglio per questa sera.» gli ordinò, congedandolo e lo seguì, con sguardo preoccupato, mentre l’altro si allontanava.
Una miriade dubbi lo assillò nelle ore che seguirono e programmò altrettante strategie da pianificare al meglio con i suoi ufficiali.
Non si concesse un attimo di tregua e quella sera, con tutti i suoi ufficiali riuniti, dispose su una cartina svariate tattiche di difesa e d’attacco.
Molto più tardi gli anziani del villaggio organizzarono una cerimonia modesta per eleggere ufficialmente la nuova Sharez e pregare per quella assassinata. Ma tutti, esseri umani e animali, erano già col pensiero rivolto alla guerra.
Anche Kim, assistita dai suoi guaritori, aveva impiegato la sua giornata in previsione del terribile evento. Aveva mandato squadre di raccoglitori di erbe un po’ dappertutto, aveva fatto affilare i suoi strumenti, e aveva voluto che si allestisse una grande tenda che potesse ospitare i feriti. Officiava riti e compiva piccoli sacrifici perché gli dei rivolgessero il loro sguardo benevolo sui popoli presenti al raduno.
Spesso e volentieri la ragazza si trovava a ripensare al giovane guerriero che le aveva salvato la vita.
Da quando avevano fatto ritorno, si erano soltanto intravisti e questo le colmava l’animo di sconforto. Si era ripromessa parecchie volte di toglierselo dalla testa, ma inutilmente. Il ricordo del sorriso del giovane comandante continuava a ossessionarla.
Era ormai molto tardi quando Nehk si concesse infine un meritato riposo. Si stava avviando nella sua tenda e la visione del plenilunio e del cielo stellato lo ammaliò per qualche istante.
Ma quello che l’astro notturno illuminava era uno scenario malinconico. I guerrieri erano inquieti e si aggiravano tra i fuochi dei bivacchi e le tende senza nemmeno la voglia di scambiarsi le solite battute e gli animali stessi non emettevano i consueti richiami.
L’elezione della nuova Sharez, che in genere comportava vari giorni di festa, si era svolta in sordina e aveva rischiato di diventare una tragedia, quando si era sparsa la notizia della morte dell’anziana sciamano. Nehk aveva mandato una pattuglia a recuperarne il corpo e, la triste cerimonia effettuata per l’estremo saluto alla donna che per tanti anni si era presa cura del popolo, si era svolta in profonda mestizia e cordoglio.
L’inquietudine serpeggiava negli animi di tutti, civili compresi.
L’aria stessa sembrava permeata da un oscuro presagio e le persone vi si adattavano rinchiudendosi in un gelido silenzio.
L’indomani sarebbe stata solo guerra, pensò affranto Nehk e si sentì colpevole di non aver saputo scongiurare il terribile evento.
Quanti uomini e animali non avrebbero visto il tramonto del giorno dopo?
Il giovane comandante sospirò amareggiato. Quante cose erano accadute in pochissimo tempo.
Nel giro di una manciata di ore si era verificato il rapimento e l’uccisione di una Grande Sharez, l’inseguimento e la liberazione della giovane guaritrice, quindi la nomina della nuova sciamano e i preparativi per la guerra. Inoltre, la dolorosa separazione dal suo grande amico Kildover. Che ne era stato di lui? Nehk provava rimorso per averlo abbandonato nel momento in cui Kil aveva più bisogno di aiuto. Ma avrebbe potuto agire altrimenti?
Quante emozioni da quando erano arrivati! Troppe, e l’alba che sarebbe sorta da lì a poco, si preannunciava ancora più drammatica.
Sdraiato sul suo giaciglio Nehk rimase a osservare il soffitto della tenda e a rimuginare sul futuro delle popolazioni che gli erano affidate.
Fu allora che lo assalì una strana sensazione.
All’inizio avvertì solo un senso di fastidio, di cui addossò la colpa alla stanchezza, poi, quel disagio si dissolse trasformandosi in un’aspettativa trepida.
Allora ebbe il presentimento che presto si sarebbe ricongiunto alla creatura alata.
Era perfettamente consapevole del legame che li univa.
Quante volte il drago gli aveva spiegato che il loro rapporto era una cosa speciale, che andava anche oltre le normali percezioni e che se anche fossero stati lontani, tra loro sarebbe esistito sempre un filo indissolubile. Solo così si poteva spiegare la facilità di comunicazione e d’intesa perfetta in qualunque situazione.
Poi, Nehk ne presentì l’arrivo. Ancor prima di sentire il caratteristico sibilo del vento che gli arruffava le penne, ancor prima di sentire il naturale spostamento dell’aria, quando il corpo gigantesco dell’amico atterrava nelle vicinanze.
Un richiamo gli risuonò nella mente e Nehk si alzò di scatto correndo all’esterno della tenda.
Sono con te, giovane Nehk! salutò il dragon-sauro affettuosamente.
«Sono con te, Kildover! Gigante buono e saggio!» gli occhi del giovane brillarono come due stelle, mentre salutava la creatura alata.
Ho mantenuto la promessa, e sono pronto ai tuoi comandi!
«La tua ferita!» disse il giovane scrutando preoccupato l’interno dell’ala del drago.
Ormai è soltanto un ricordo. gli rispose Kildover attirando l’amico nella morbidezza della sua ala e avvolgendolo in un caldo e lungo abbraccio.
Erano di nuovo insieme.
9
In cielo lo sfavillio delle stelle cominciò ad attenuarsi, e un grigiore perlaceo illuminò la volta a oriente.
Uomini e animali erano già schierati in silenziosa attesa.
Gli stregon-sauri aspettavano solo l’ordine di attacco, mentre alcuni dei draghi sorvolavano in formazione a V l’accampamento. Il grosso dell’esercito di sauri alati stava assiepato in attesa sui dirupi circostanti, ognuno con imbragato il proprio cavaliere inguainato nell’armatura di metallo, pronti al decollo immediato. La bramosia del combattimento faceva serpeggiare un certo nervosismo e le fauci e le froge dei titanici animali fumavano impazienti.
Il comandante supremo, a dorso di Kildover, passò in rassegna le truppe osservando con calma il dispiegamento delle sue forze.
Il cuore di Nehk si gonfiò d’orgoglio. Uomini e donne sostavano in posa marziale, impassibili, senza mostrare segni d’incertezza. Riponevano la massima fiducia nel loro capo e lui, a sua volta, si fidava di ognuno di loro.
Nehk conosceva la maggior parte dei suoi guerrieri, sapeva che ogni membro era stato addestrato alla perfezione e che ognuno avrebbe dimostrato il proprio valore durante il combattimento.
Un rumore appena percettibile si propagò nel cielo costringendo per riflesso centinaia di sguardi verso il limpido cielo azzurro, mentre lentamente quel suono lieve si andava trasformando, fino a diventare un cupo boato.
Nehk, insieme a Kildover, lo avvertì molto prima di tutti gli altri e alzò una mano, pronto per dare il segnale del decollo e quando all’orizzonte apparvero i primi spectrodattili, la pattuglia alata guidata dal suo comandante, già attendeva in volo compatto lo stormo nemico.
Gli spectrodattili. Terrificanti creature alate dotate di becchi lunghissimi e di chiostre di denti da far gelare il sangue del più temerario tra i guerrieri. Una specie animale selvaggia, carnivora e considerata malvagia. Gli esseri umani la temevano in modo particolare per via della ferocia tante volte dimostrata e delle abitudini alimentari. Non di rado si era assistito a delle fulminee incursioni aeree, con attacchi improvvisi sui villaggi e conseguenti rapimenti delle creature più indifese. I bambini erano i soggetti più a rischio e per questo motivo gli orripilanti volatili erano temuti e disprezzati.
In quel momento l’aria si riempì del frastuono sincrono di centinaia di ali che sbattevano sui corpi enormi sollevando folate gelide. La massa d’aria alzata era tanto violenta da piegare le fronde degli arbusti e le cime degli alberi, mentre si espandevano, aleggiando, i miasmi fetidi delle spaventose creature carnivore. Quell’odore di marcio riuscì a stordire i sensi dei guerrieri in attesa e, sebbene in misura minore, anche quelli dei loro animali.
Le froge degli impazienti stregon-sauri, costretti ad attendere a terra, fremettero, emanando sbuffi di vapore.
La massa dello stormo nemico riuscì a oscurare la luce del sole appena sorto. Erano tanti, constatò Nehk. Troppi! Numerosi e voraci come locuste. I grandi rostri dai denti affilatissimi sembravano sottolineare l’aspetto ghignante dei musi assetati di sangue. Erano belve cannibali. Tutti i guerrieri erano consapevoli di quell’orrore e un brivido di raccapriccio serpeggiò tra le fila.
Il segnale di Nehk partì improvviso:
«Fuocoooo!!»
Le fauci dei mitici dragon-sauri eruttarono all’unisono lunghi fiotti infuocati che, simili a strali incandescenti, s’innalzarono nel cielo avvolgendo in un inferno di fiamme lo stormo nemico. Acute strida di dolore si levarono all’istante e, subito dopo, iniziarono a cadere sulla radura i corpi inceneriti di alcuni spectrodattili.
A sua volta, Gorn, urlò un ordine perentorio, e gli arcieri già pronti scoccarono le loro micidiali frecce. Una pioggia continua di dardi infuocati si abbatté sui mostri alati, infilzandoli al volo.
Nonostante il tiro serrato, furono molti i giganti che piombarono sull’esercito come enormi avvoltoi strappando i guerrieri dalle cavalcature, con l’ausilio degli artigli e dei rostri, senza alcuna fatica. Non c’era scampo per gli sventurati.
Nel clangore della battaglia, si potevano distinguere i versi scalpitanti degli stregon-sauri, che per una strategia studiata a tavolino, furono tenuti in disparte. Come d’accordo con Nehk, il generale Gorn attendeva il momento propizio per scatenare il suo nucleo d’attacco.
Alte spirali di fumo e di polvere si levavano dalla zona del combattimento impedendo la visuale di ciò che stava realmente accadendo nel cuore della battaglia. Gorn non voleva correre il rischio di colpire qualche dragon-sauro e relativo cavaliere, quindi attese fino a quando fu certo di riconoscere le sagome nemiche. Quando infine distinse le figure dei cannibali alati, diede il tanto atteso ordine.
Alzò una mano e, lanciato l’urlo di battaglia, anche le truppe corazzate si gettarono nella mischia.
Per alcune ore non si udì altro che il clangore delle spade e il sibilo delle frecce e delle lance.
Il nemico si dimostrò forte e ben organizzato e riuscì a infliggere molte vittime nelle file dell’esercito di Nehk, ma riportò anche parecchie perdite e infine, gli aggressori furono costretti a ritirarsi. Sull’accampamento scese un silenzio irreale, rotto solo dai lamenti dei feriti.
10
La giovane Sharez stava medicando i feriti nella tenda attrezzata a infermeria, quando sulla zona smise il frastuono della battaglia.
Era esausta e si sentiva affranta. Non aveva mai affrontato una simile emergenza. Nemmeno quando era ancora viva l’anziana sciamano.
E nemmeno quando era scoppiata la terribile epidemia che aveva visto morire centinaia di persone della sua tribù, e chissà quante altre ancora dei popoli conosciuti. Anche allora l’anziana donna aveva voluto riunire in un’unica tenda comune i malati, in modo da poterli seguire più facilmente e dar loro un po’ di calore umano.
Kim aveva appreso queste grandi lezioni dall’insegnante, e aveva proseguito quel lavoro seguendo il suo esempio.
Il pensiero della zia gli procurò una morsa nello stomaco, ma poi, di seguito a un lamento del ferito, la giovane si riscosse. Non era quello il momento adatto per piangere i morti.
Quando terminò l’ennesima medicazione si concesse una breve pausa ed ebbe modo di guardarsi intorno. I feriti erano talmente numerosi, che era diventato difficile girare intorno ai capezzali. Alcuni si trovavano in gravi condizioni, e c’era già carenza di erbe lenitive e medicinali. Con quel ritmo di consumo, quanto ancora potevano durare le scorte?
Kim cominciò a disperare, se continuava così, da lì a poco non avrebbe più potuto curare nessuno.
E sussisteva anche il problema dell’approvvigionamento.
Gli assistenti che mandava alla ricerca delle piante officinali, per ovvi motivi di sicurezza non si potevano allontanare troppo dall’accampamento, per cui le erbe e le radici non erano più reperibili facilmente.
Inoltre, i suoi aiutanti erano nelle sue stesse condizioni psico-fisiche. Erano esausti e logorati mentalmente, ma quel che peggio, l’emergenza sembrava non avere fine.
Per tutti questi motivi mandò un messaggero dal Comandante Supremo.
Appena ricevette il messaggio Nehk, approfittando di una breve tregua, abbandonò per qualche minuto i combattimenti e si diresse dallo sciamano:
«Sono con te, mia Sharez!» la salutò con il solito inchino rispettoso.
«Sono con te, guerriero!» rispose lei con un abbozzo di sorriso e Nehk percepì tutta la stanchezza e la preoccupazione della giovane donna.
«Ti ho mandato a chiamare perché la situazione è molto seria! I feriti, come puoi vedere, cominciano a essere troppi e le erbe non sono mai abbastanza. Otre tutto, l’ordine di non allontanarsi dal campo m’impedisce di avere il giusto approvvigionamento. Non è possibile sostenere ulteriormente una simile situazione. L’unica soluzione sarebbe trasportare i feriti altrove.»
«Sono a conoscenza delle tue difficoltà e ci ho riflettuto, Kim!» disse lui passando al tono confidenziale. «Il fiume offre un’ideale via di fuga. Per questo sto facendo costruire delle piroghe. Potremo trasportare i feriti con delle barelle sino alle imbarcazioni, e là con l’aiuto della corrente, in poco tempo potreste allontanarvi dal pericolo. A vostra difesa, potrei mettere una scorta di stregon-sauri e di due pattuglie di dragon-sauri. Per il momento è tutto quello che posso fare per voi. Che ne dici Kim?»
«Sono d’accordo, ma vorrei portare anche i più anziani e i bambini!»
«Sta a te decidere quanti e quali persone portare in salvo. Una volta fuori dall’accampamento, sarai tu a capo della nostra gente. E una volta arrivati in un luogo sicuro, sarai sempre tu a decidere cosa sia meglio per loro.»
La ragazza esitò solo un attimo, poi, consapevole delle responsabilità che da quel momento in poi avrebbero gravato sulle sue spalle, chinò il capo:
«Sei tu il Comandante Supremo! Non posso che attenermi alle tue decisioni!»
«Bene! Provvedi oggi stesso a radunare le persone scelte. Appena pronte le piroghe ti farò sapere.»
Sorse una nuova alba ventosa sull’accampamento. Ventosa e desolata. Era il giorno della partenza dei bambini, degli anziani e dei feriti. Ci furono momenti di grande commozione per tutti. I più piccoli non ne volevano sapere di separarsi dalle madri, che erano costrette a rimanere per dare il loro contributo in un altro, eventuale attacco. Era un momento di grave pericolo per tutti e c’era bisogno di ogni persona in grado d’impugnare le armi.
Qualche minuto prima della partenza giunse sul posto il comandante supremo, salutato come sempre da un’ovazione.
Nehk rispose visibilmente commosso al saluto, e si avvicinò alla donna sciamano. I loro sguardi s’incatenarono, mentre i cuori accelerarono i battiti.
Le mani dei due giovani si cercarono, trovandosi in un solo attimo fugace, di grande tenerezza.
«Fammi sapere tramite un messaggero dove vi fermerete!»
«Non so cosa il destino abbia in serbo per noi, ma spero di rivederti presto, Nehk!»
«Anche io lo spero, Kim! E ricorda, qualsiasi cosa accada io sarò sempre al tuo fianco!»
Poi la ragazza prese posto sull'imbarcazione e la piroga cominciò a scivolare lungo la corrente. Nehk stette sulla sponda del fiume, fintanto la sagoma snella sparì dietro la prima ansa.
11
I dragon-sauri addetti alla sorveglianza del convoglio, seguivano dall’alto lo scorrere veloce delle piroghe sul grande fiume.
Erano attenti a ogni minimo movimento, mentre i loro cavalieri sembravano assorti e preoccupati. I Guerrieri Alati pensavano ai compagni che avevano lasciato indietro, e che avrebbero dovuto combattere anche per loro. Tuttavia, il compito che era stato affidato loro, era di vitale importanza e dunque si sarebbero impegnati al massimo per portarlo a termine con successo.
Anche i draghi sembravano essere partecipi alle preoccupazioni degli uomini e che sentissero il peso della responsabilità per i cuccioli, i feriti e gli anziani. Esseri indifesi la cui vita dipendeva soprattutto dalla velocità e dalla prudenza dei loro difensori.
Ogni tanto lo sguardo dei giganti dell’aria, in genere sempre fermo e impassibile, si posava teneramente sulle testoline indifese.
E a turno facevano la spola avanti e indietro la colonna di piroghe, che continuava a fluire velocemente a pelo d’acqua.
Sulle due sponde del fiume viaggiavano due file compatte di stregon-sauri, guidate da altrettanti guerrieri, che vigilavano sulle piroghe da terra.
Ai due scorrevano immagini spettacolari.
Il convoglio si era lasciato dietro l’inferno della guerra e in breve tempo, gli occupanti si trovarono catapultati in una piccola oasi di serenità. Si rilassarono tutti. I bambini, ormai rassegnati, smisero di piangere e gli adulti che erano in grado di farlo, si godettero il paesaggio naturale.
Oltre la mole rassicurante degli stregon-sauri e dei loro conducenti, i passeggeri delle canoe potevano ammirare la vegetazione rigogliosa, e la ricca fauna selvatica, tra cui un branco di monumentali e pacifici mammut, che pascolavano nell’erba alta.
La zona che scorreva accanto al fiume era paludosa e, offriva tra i canneti, un ottimo rifugio per gli uccelli scesi presso le pozze acquitrinose per nutrirsi o per riposarsi. Il passaggio rumoroso della scorta a terra costringeva a decolli improvvisi stormi di volatili sconosciuti, con un grande frullare d’ali e frenesia di volo. Immagini che suscitavano tanta meraviglia in grandi e piccini.
Nessuno dei fuggitivi si accorse dell’improvvisa virata di due dei dragon-sauri. La vista acuta dei giganti alati aveva colto in lontananza piccoli sbuffi di fumo sospetto e i cavalieri avevano deciso di andare a fare una verifica.
La distanza dal luogo dell’avvistamento venne coperta in breve tempo e i due cavalieri si sciolsero dall’imbragatura e scesero per studiare il terreno.
Fenner, uno dei fidi di Nehk, si accosciò additando le braci residue di un piccolo focolare. «Guarda, Sparko!»
«Tracce numerose di guerrieri» confermò l’altro «Esploratori nemici?»
«Credo proprio di sì. Le orme chiodate dei calzari parlano chiaro e il fumo che abbiamo avvistato erano senza dubbio segnali per l’esercito. Ci hanno avvistato.»
«Dobbiamo tornare al fiume. La Sharez e l’intero convoglio sono in pericolo. Andiamo!»
I due cavalieri rimontarono in sella alle loro cavalcature e si alzarono in volo.
Kim, nel frattempo, si era resa conto della mancanza dei due sauri dalla formazione e aveva intuito l’arrivo di guai seri. Da quel momento non aveva mai smesso di scrutare il cielo in attesa del loro ritorno.
E quando infine le fecero rapporto, una grave ruga di preoccupazione le segnò la fronte.
«Dobbiamo avvertire il comandante supremo. Solo lui può venirci in aiuto.» disse, cercando di non mostrare eccessiva inquietudine ai piccoli passeggeri e ai feriti.
Fenner diede ordine a uno dei cavalieri e mentre lo osservava allontanarsi, disse:
«Sarebbe meglio aumentare il ritmo della voga, mia signora. Noi continueremo a vigilare dall’alto.»
Kim annuì e ordinò ai guerrieri addetti alle pagaie di eseguire mentre, i cavalieri avvertirono anche le forze di guardia a terra.
Con uno slancio potente, le piroghe fecero un balzo avanti.
continua...
racconto pubblicato sul sito Scrivere
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