Nel borgo del fantasy: La guerra dei sauri (seconda parte)


Nell'accampamento si sparse subito la notizia della sparizione delle due donne e ben presto ne venne informato anche il Capo Supremo. La posizione sociale nel villaggio della donna sciamano, era troppo rilevante perché Nehk non se ne interessasse di persona. Inoltre, quella giovane con la sua grazia e la sua bellezza, aveva colpito la sua fantasia spronandolo a inviare alcune pattuglie alate e a sellare Kildover librandosi in volo.
«Forse hanno avuto un incidente su quelle colline.» ipotizzò Nehk, dialogando con il suo drago.
Forse! rispose la creatura. Ma se fosse così non dovremo incontrare difficoltà nel rintracciarle.
«Cosa temi, Kil?» domandò il giovane, che aveva percepito un minimo dubbio e di timore nei pensieri del compagno fidato.
Come sempre il drago non esprimeva mai, se non quando lo riteneva necessario, le sue preoccupazioni, forse perché son voleva far sorgere angosce che non avevano ragione d’esistere.
Non ti voglio assillare con presagi oscuri, giovane Nehk. Il mio consiglio in questo momento è di concentrarci a perlustrare il terreno con la massima attenzione. Ora mi abbasserò quel tanto da permetterci di cogliere ogni minimo particolare o traccia lasciata dalle donne.
«Fai pure!» acconsentì lui di malumore. Quel drago era tanto ostinato nelle sue convinzioni e tanto protettivo nei suoi confronti, che Nehk era consapevole di non poter cavare una parola in più, nemmeno insistendo.
Sorvolarono a bassa quota e in silenzio le rocce sottostanti. Le grandi ali della maestosa creatura sfioravano appena le guglie appuntite degli affioramenti rocciosi.  La natura del terreno si dimostrò ancor più desolata di quanto ci si potesse aspettare e difatti, in quel tratto non vi era traccia di vita se non quella selvatica degli animali e qualche ciuffo sporadico delle erbe sparso qua e là.
«Cosa mai avrebbero potuto trovare in questi posti desolati?» domandò dubbioso Nehk.
Non è solo dalle piante che un buon sciamano sa ricavare polveri terapeutiche o intrugli medicamentosi. Esistono radici, funghi e persino minerali che, lavorati in maniera opportuna, hanno effetti benefici su tante malattie. La Grande Sharez è anche un’ottima ricercatrice e sa che non esiste luogo al mondo che non sia in grado di offrire doni alla stirpe umana e a quella animale.
Nehk rifletté su quelle considerazioni, pur non smettendo mai di scrutare il terreno che stavano sorvolando.
Ma fu solo grazie alla vista acuta del gigante alato se avvistarono, seminascosto dalle rocce, il corpo dell’anziana sciamano.
Guarda laggiù! C’è un corpo disteso e mi sembra proprio quello di una donna!
Nehk seguì l’indicazione del drago e riuscì a individuare una figura riversa che, scoprì con inquietudine solo da vicino, giaceva in un lago di sangue.
Strinse le cosce appena nel comando della discesa, l’animo già oppresso da un cupo presentimento: «Sbrighiamoci, Kil.»
Data l’asperità del terreno il dragon.sauro   fu costretto a posarsi   poco distante dal luogo dell’avvistamento e, Nehk, con pochi balzi agili raggiunse la donna   priva di sensi.
“È la Sharez. Respira appena! “realizzò con angoscia, poi voltandola con delicatezza, si accorse della punta d’acciaio infilata nel suo ventre. Dalla ferita alquanto profonda fuoriusciva un’emorragia inarrestabile.
“Poveretta! Non ne avrà per molto, ma devo sapere che n’è stato della ragazza.” pensò Nehk, con raccapriccio e compassione per la gravità delle condizioni dell’anziana.
«Vecchia madre!» Nehk sollevò con delicatezza la testa della ferita, accarezzandone il viso esangue e scuotendola appena.  L’anziana rispose al richiamo socchiudendo gli occhi. Poi sospirò, mormorando qualcosa d’incomprensibile e Nehk   accostò l’orecchio vicino alla sua bocca per coglierne l’ultimo flebile sussurro:
«Sei tu…» bisbigliò con un filo di voce la sciamano, ma con un guizzo vitale che sorprese il suo soccorritore, poi la moribonda riuscì ad aggiungere: «Salvala…l’hanno rapita…guerrieri Uht… è in pericolo… salvala!»
Il viso di Nehk si adombrò per il dispiacere quando, la saggia donna, le spirò tra le braccia.
«Non avrò pace finché non avrò trovato i responsabili della tua morte!» scandì solennemente portando la mano destra sul cuore quindi, posò con estrema cautela il povero corpo martoriato e si mise a scrutare il terreno polveroso in cerca di orme.
Dobbiamo sbrigarci se vogliamo salvare la vita alla nuova Sharez! Il richiamo del gigante lo riscosse dai suoi pensieri.
«Le tracce parlano di parecchi guerrieri. L’unica cosa che mi sfugge, è il motivo per cui l’hanno rapita.»
La sua avvenenza unita al prestigio della carica, che assumerà con la morte della Sharez, indurrebbe tanti guerrieri a mettere in atto i loro propositi spregevoli, mio giovane amico. Probabilmente l’hanno portata in un posto segreto, dove sarà difficile trovarla. Avverto che è in grave pericolo, Nehk!
Il giovane guerriero lanciò un’ultima occhiata al cadavere dell’anziana sciamano:
«Allora muoviamoci Kil, prima che sia troppo tardi! Appena possibile, manderò una pattuglia a recuperare il corpo per onorarla con una degna commemorazione.»
All'improvviso, si sentì attanagliare da un’angoscia inesplicabile.
Se le cose stavano come aveva presupposto Kildover, la giovane sciamano era in grave pericolo.
Ma lui perché si sentiva così coinvolto?  L’importanza della persona rapita poteva giustificare la sua ansia e la premura di ritrovarla?
In quel momento si sentì confuso. Non gli era mai accaduto prima, ma il sorriso di quella ragazza appena intravista, non lo aveva solo colpito, ma aveva lasciato anche un segno profondo. Preso com'era dai suoi pensieri, non si accorse nemmeno di arrossire.
Il drago dovette percepire le insolite sensazioni del suo grande amico e cavaliere, perché borbottò qualcosa in modo burbero:
«Sciocchezze da umani!» Nehk riuscì ad afferrare solo l’ultima frase del drago e, aggrottò la fronte vergognandosi della sua debolezza. 
Cercò comunque di darsi un tono e chinò il capo sul terreno, alla ricerca di tracce, certo di riuscire a nascondere i suoi pensieri.
Kildover, non visto, ghignò divertito. 
Si alzarono in volo iniziando una ricerca frenetica. Sorvolarono il grande canyon parecchie volte. Le pareti lisce erose da millenni di vento, cadevano a strapiombo in un orrido alto un centinaio di metri. La natura pietrosa del terreno non facilitava il loro compito, ma bastò solo un’ora al gigante per ritrovare alcune tracce maldestramente cancellate e confuse nella polvere.
Il drago si abbassò in un piccolo spazio, per permettere al suo cavaliere di scendere, ma proprio mentre le sue ali si stavano rinchiudendo, una pioggia di giavellotti affilatissimi si abbatté su di loro.
Kildover fece appena in tempo a lanciare il suo avvertimento:
Attento Nehk! Siamo sotto tiro!
Il gigante eruttò strali dardeggianti dalle fauci mentre, l’indole e l’addestramento da guerriero, indussero Nehk a reagire in un istante.
Il ragazzo estrasse la sua micidiale fionda armata di bilie metalliche. Aveva una mira straordinaria ed era l’unico a riuscire ad adoperare quel tipo di armi. Erano anni che si allenava e in quel momento seminò lo scompiglio oltre le rocce, dietro le quali si riparavano i guerrieri nemici.
Non fu difficile liberarsi del manipolo di aggressori, di sicuro una minima retroguardia del gruppo più numeroso.
Erano soltanto il manipolo lasciato in retroguardia. gli comunicò il drago dando conferma ai sospetti di Nehk.
Nehk si girò a scrutarlo con attenzione. Quanto gli aveva appena suggerito, sembrava fosse stato emanato con estrema fatica.  Solo allora si accorse con orrore del sangue che fuoriusciva a fiotti da una ferita sotto l’ala. Uno dei punti più vulnerabili nel corpo di un drago.
«Ti hanno colpito!» esclamò, accorrendo per soccorrere l’amico.
Non ti preoccupare! cercò di minimizzare Kildover, seppure a fatica. Non è ancora giunta l’ora per me di raggiungere i miei gloriosi avi… Ora spetta a te il compito di salvare la guaritrice…
«Non posso lasciarti qui da solo.» rispose, combattuto dalla smania di riprendere l’inseguimento e quella di rimanere accanto all’amico.
 Kildover sospirò e riprese con cipiglio più deciso: Non credo sia necessario rammentarti che la vita di quella fanciulla è nelle tue mani. Affrettati dunque, mi troverai ad attenderti qui.
Nehk, sapeva che il suo amico aveva parlato con saggezza. E anche se gli rincresceva, la cosa migliore da fare era di lasciare Kildover al sicuro. Lui non era in grado di essergli utile in nessun modo, se non ritrovare la guaritrice perché gli prestasse le cure necessarie. Doveva assolutamente raggiungere i rapitori e tentare il tutto per tutto per liberare la ragazza. Doveva riuscirci.
«Farò come suggerisci, Kil. Ma vorrei sapessi che non sono affatto contento di lasciarti qui in queste condizioni.» gli mormorò nel congedarsi.
Conosco bene i tuoi sentimenti, ragazzo. E credimi, nemmeno a me fa piacere   lasciarti proseguire da solo… Ma sai benissimo che anche così ferito sono in grado di badare a me stesso. L’unica cosa che ti posso raccomandare è di prestare la massima attenzione… Queste rocce sono il luogo ideale per tendere imboscate.
Il giovane comandante chinò il capo in un gesto d’estremo rispetto verso la creatura alata:
«Sono con te, Kildover!» disse, accomiatandosi con la formula solenne che entrambi conoscevano.
Sono con te, Nehk! rispose il drago, quindi, finché le rocce non lo nascosero alla sua visuale, lo seguì con sguardo preoccupato.
Che le stelle illumino il tuo cammino! augurò mentalmente.





6

Nehk si allontanò torturato dai dubbi e spinto dall'urgenza di ritrovare le tracce.
“Perché tanta malvagità, tanto accanimento su di una povera donna anziana e la sua giovane allieva? E se anche il rapimento fosse stato progettato per ambizione personale, come prospettato da Kildover, che senso aveva un tale spiegamento di forze?”
E ancora: “Quei delinquenti non temevano la rivalsa della loro gente quando fosse circolata la notizia dell’assassinio della vecchia Sharez?” 
Erano questi i pensieri cupi che si leggevano sul viso del giovane guerriero, con la fronte solcata da una ruga profonda, mentre continuava a seguire le tracce dei fuggitivi.
Nel frattempo, era arrivato in una zona dove il terreno polveroso e secco era cosparso di rocce molto alte e del tutto priva di ogni forma di vita.
“Questo è davvero un ottimo posto per tendere un agguato” si disse il giovane, rammentando il consiglio del drago e chinandosi a studiare il terreno innanzi a sé. 
Presentendo un’imboscata proseguì, senza mai perdere di vista le rocce circostanti e impugnando la lancia in modo da averla pronta al tiro in caso di pericolo.
La collera che sentiva latente in un angolo della sua coscienza, gli dava la forza e la pericolosità di un giaguaro ferito. Avanzava, scrutando attentamente dappertutto, dando l’idea di un felino che sondava l’aria con le vibrisse frementi.
Era già da un po’ che sentiva uno strano rimbombo risuonare tra le pareti che fiancheggiavano lo strapiombo nei pressi. All'inizio, pensò che si trattasse di un temporale: «Ci mancava anche questo! La pioggia mi cancellerà le poche tracce!» borbottò furioso.
Ma poi, alzando gli occhi al cielo lo vide sgombro di nubi scuri e si convinse che quel suono non poteva dipendere da una serie di tuoni.
Tese ancor più i sensi e le orecchie e, infine, realizzò che le tracce lo stavano portando verso una cascata.
Fu allora che gli parve di percepire l’eco di urla femminili.
Era solo un effetto acustico dovuto alle pareti a strapiombo o si trattava sul serio di urla? Da lì a poco, il rumore dell’acqua si fece sempre più forte coprendo ogni altro suono.
Nehk pensò di essersi sbagliato e proseguì la sua ricerca.
A un tratto e, dopo l’ennesima svolta, nascosto dalle rocce, riuscì a distinguere l’ingresso di una caverna, da dove sembrava davvero che giungessero delle   grida. “Allora non mi sono sbagliato! È proprio la voce di una donna.” pensò.
Prese ad avanzare con mille cautele. Forse l’aveva trovata! Il suo cuore accelerò i battiti in petto, eppure doveva mantenere la calma e usare la massima circospezione.
“Calmati, rifletti! Cos'è meglio fare in simili circostanze? Entrare nella caverna e affrontare un numero imprecisato di avversari, o attendere fuori che il nemico si faccia vivo?”
Poi, un ultimo e disperato grido di soccorso lo convinse a penetrare nella tana dell’avversario.
La caverna era immersa nell'oscurità totale e Nehk entrò con tutti i sensi all'erta impugnando il suo coltello. Sapeva di partire in svantaggio, e si sentiva un facile bersaglio. Camminava tenendosi basso e aspettandosi   di sentire il sibilo sottile di una freccia, o quello più deciso di una lancia.  Stava rischiando molto, forse troppo.  Il saggio Kildover non avrebbe approvato la sua audacia. Ma, si disse, quello era l’unico modo possibile per arrivare alla preda.
E come aveva previsto, lo stavano aspettando.
Erano in quattro i guerrieri in agguato tra gli anfratti della grande grotta. Nehk era stato avvistato sin dal primo momento in cui aveva messo piede sul sentiero che conduceva alla caverna e la sentinella di guardia, aveva dato l’allarme.
Il giovane percepì la presenza del nemico e l’urlo disumano che accompagnò l’attacco, lo colse preparato.
Si mosse velocissimo scartando di lato e mettendosi in posizione di difesa. Non poteva fare altro finché non avesse stabilito il numero degli aggressori e da quale parte sarebbe iniziata la lotta. Il sibilo sinistro di una lancia lo sfiorò, facendo il pelo alla pelle liscia e tesa della sua guancia destra. Sentì il rintocco sordo dell’arma che sbatteva sull'impiantito roccioso della caverna e poi più nulla.
Gli occhi si abituarono all'oscurità che gravava nella caverna e il giovane fu in grado di riconoscere dai colori dei tatuaggi e dalle piume dei copricapi, la provenienza degli attaccanti. Come gli aveva sussurrato la Gran Sharez prima di morire, si trattava di guerrieri Uht. Una stirpe di gente bellicosa, piantagrane, aggregatisi al seguito dell’accampamento, più per opportunità che per scopi sociali.
Nehk aveva raccolto molte lamentele sugli appartenenti a quella tribù e, se solo ce ne fosse stato il tempo, avrebbe riunito il consiglio per decidere l’eventuale allontanamento dei soggetti indesiderati.  Per giunta, il loro capo. portava una nomea ancor più funesta. Si diceva che fosse un tiranno che spadroneggiava anche sui territori che non gli competevano e su persone che non facevano parte del suo villaggio. Si parlava di stupri, rapine e guerriglie e Nehk si diede dello sprovveduto. Come aveva potuto permettere che un simile personaggio partecipasse a un raduno di gente pacifica?
All'improvviso sentì gravare sulla sua coscienza sia l’assassinio dell’anziana, che il rapimento della guaritrice. Il pensiero della ragazza prigioniera gli diede una sferzata di nuova energia.
“Prego gli dei che non sia successo l’irreparabile. Non potrei mai perdonarmelo.” si disse, quindi concentrò con determinazione e tutte le sue energie nello scontro imminente.
Gli avversari lo aggredirono da più parti, ma quello che riuscì a infliggere il colpo più brutale, fu il guerriero che lo assalì alle spalle.  L’energumeno era molto più imponente di Nehk e si era armato di un bastone nodoso che abbatté come una clava sulle spalle del giovane.   Per fortuna della vittima, l’uomo aveva mirato alla testa mancando però il bersaglio. Tuttavia, il colpo risultò comunque tanto doloroso da togliere il fiato e farlo barcollare. Approfittando dell’attimo favorevole, gli altri delinquenti accerchiarono la loro preda e, pregustando la facile vittoria, cercarono l’affondo delle lance e dei coltelli nel corpo del giovane.
Nehk avvertì un bruciore lancinante in un braccio, ma forse fu proprio quel dolore a dargli lo sprone necessario per una reazione violenta.
«Maledetti vigliacchi! La mia pelle vi costerà molto cara!» esclamò, affondando alla cieca le sue armi su ogni arto o parte indifesa dell’avversario più vicino.
Mise a segno parecchi dei colpi sferrati dalla sua lama. Sentiva la punta metallica del suo coltello graffiare, scalfire e infilzare e nel contempo parava, schivava e scansava.  Di sicuro gli avversari erano avvantaggiati perché in superiorità numerica e forse alcuni di loro erano molto più prestanti del giovane, ma non per niente Nehk si era conquistato il diritto di guidare l’esercito. 
Gli aggressori dimostrarono di non avere la sua esperienza e la stessa capacità di affrontare un nemico in un corpo a corpo. E a uno a uno Nehk si liberò dei rivali. In piedi rimase solo quello che aveva perpetrato il rapimento e l’omicidio della Sharez e i due si fronteggiarono con estrema durezza.
Con il fiato accorto e con lo sguardo che ormai si era adattato all'oscurità dell’ambiente, Nehk si rese subito conto di non aver davanti un tipo eroico. Difatti, a ogni suo affondo o passo in avanti, corrispondeva uno indietro da parte dell’avversario, evidentemente sconcertato dall'abilità e dall'agilità di quello che aveva creduto una facile vittima.
«Che fai? Ci pensi? Ti è già passata la voglia di combattere?» cercò di aizzarlo Nehk, stuzzicandone l’orgoglio.
Il guerriero Uht era impacciato ed esitava, continuando a scrutarlo con attenzione, incerto sul da farsi.
Non aveva pronunciato una sola parola, ma gli si leggeva sul viso che stava valutando la possibilità di fuggire.
«Di sicuro è più semplice dimostrare il proprio coraggio affrontando una povera donna anziana e una fanciulla indifesa. Non è vero? Sei soltanto un vigliacco!» concluse Nehk con disprezzo riuscendo a mettere a segno un colpo che aprì una ferita scarlatta sul braccio del guerriero.
Si trattava di un graffio superficiale, ma il dolore e quell'ultimo insulto ottennero l’effetto voluto.
Nehk vide che l’altro cambiava colore ed espressione. Gli occhi dell’uomo si socchiusero riducendosi a due sottili lame cariche di odio e di veleno.
Caricò all'improvviso e a testa bassa, la lancia brandita a due mani come un giavellotto e puntata contro il petto del suo avversario. Nehk attese fino all'ultimo istante prima di schizzare da un lato roteando su se stesso con una velocissima giravolta e la micidiale punta arrivò solo a sfiorare la sua pelle.
L’aggressore rimase sbilanciato da quella mossa improvvisa e rovinò sull'impiantito. Nehk fu lesto a balzargli cavalcioni sulla schiena e a bloccargli ogni altro movimento. Poi, con la mano libera lo afferrò per i capelli costringendolo a sollevare la testa. La lama del coltello balenò sinistramente davanti agli occhi esterrefatti del delinquente che, temendo per la sua gola, si lasciò sfuggire un urlo strozzato.
«No! Non mi uccidere!» riuscì a gemere terrorizzato.
«Oh, non temere! Ucciderti adesso sarebbe solo una liberazione per te. Ti consegnerò al giudizio del popolo. Sarà la gente del villaggio, compresi i componenti della tua tribù a giudicarti e a decidere in che modo farti pagare i tuoi crimini.»
Nehk riprese fiato, mentre legava saldamente mani e piedi del prigioniero, quindi, con fare brusco, lo costrinse in un angolo della caverna.
«Dove hai nascosto la ragazza?»       


Sentendosi ormai spacciato, l’altro sogghignò, sprezzante. Quindi, sputò in modo volgare:
«Trovatela, maledetto!»
Il giovane guerriero si sentì riassalire da una collera incontrollabile e, afferrato il malvivente per il collo, lo sollevò senza fatica fino a trovarsi faccia a faccia. 
«Ascoltami bene!» sibilò, mentre quello diventava paonazzo per la mancanza di ossigeno. «Se le hai fatto del male, tutto quello che ho detto poco fa’ non varrà più. Io ti ammazzo subito e con le mie mani! Te lo giuro!» promise, mollando la presa all'improvviso.
L’uomo sbatté violentemente contro la parete rocciosa, emise un grido di dolore, poi si accasciò.
Nehk abbandonò lo sfortunato guerriero e si mise alla ricerca della giovane guaritrice.
La grotta era più vasta di quanto si potesse credere dall'esterno e dovette ricorrere a più richiami, prima che lei gli rispondesse. Quindi, guidato dalla sua voce, la trovò, legata e impossibilitata a muoversi.
«Eccoti finalmente! Dimmi come stai?» le disse, sollevato di vederla in buone condizioni. Si augurò di essere arrivato giusto in tempo per evitarle il male peggiore.
Lei gli sorrise e a Nehk parve ancor più bella di quanto si ricordasse.
«Sto bene, ma ho avvertito i rumori della lotta. Cosa ne è stato dei miei rapitori?»
«Non devi più preoccuparti di loro. Ora sei salva!» la rassicurò.
Poi, si ricordò della posizione occupata dalla ragazza dal momento della morte della zia e chinò rispettosamente il capo ricorrendo al saluto tradizionale:
«Sono con te, Grande Sharez!» mormorò e rimase nella posizione riverente in attesa della sua risposta.
Lei trasalì. Il saluto, ma soprattutto il titolo utilizzato stavano a indicare che la precedente donna sciamano era morta. Volle comunque averne la conferma, cosicché, mentre rispondeva al saluto: «Sono con te, guerriero! Dimmi, la Gran Sharez, mia zia è morta, vero?»
Lui notò lo sguardo lucido della ragazza e gli si strinse il cuore, ma non poteva nasconderle la tragica verità.
«Purtroppo, quando sono arrivato non c’era più nulla da fare per lei. Ora sei tu che occupi l’incarico.  Ordina e io ubbidisco!»
Lei esitò. Si aspettava la terribile notizia, ma nulla nella sua vita l’aveva fatta soffrire come quella appena ricevuta. La donna che le aveva fatto da madre, che era stata sua maestra di vita, non c’era più e, nonostante le avesse inculcato un’infinità di nozioni, Kim si sentiva come una bambina che avesse smarrito la strada di casa.
«Vorrei solo tornare dalla nostra gente. Sono stanca…» mormorò con un filo di voce. Avrebbe tanto desiderato il calore di una parola di conforto, di un abbraccio, di calore umano. Sapeva benissimo di avere davanti il Capo Supremo dei popoli pacifici, ma il quel momento lui aveva un’aria così tesa e preoccupata che avrebbe voluto abbracciarlo, per consolarlo e trovare conforto lei stessa in un abbraccio.
“Sciocca! Cosa vai pensando?” si rimproverò, riscuotendosi, ma subito arrossì per la direzione presa dai suoi pensieri.
Da parte sua Nehk, prese quel rossore come improvvisa timidezza e tentò di dissolvere il disagio inspiegabile venutosi a creare tra loro:
«Perdona, non mi sono ancora presentato. Il mio nome è Nehk dei Guerrieri alati!»
«Il mio nome è Kim e so benissimo chi sei, comandante!» rispose lei.
Nehk la guardò. Il bel viso appariva smunto, pallido e tirato. Per un attimo ebbe l’istinto di accostare la mano e porre una carezza tenera su quella guancia vellutata. Ma si trattenne, a disagio. Le circostanze, l’etichetta e la posizione sociale di lei, glielo impedivano.
«Affrettiamoci, il mio dragon-sauro è ferito gravemente e ha bisogno delle tue cure. Ci attende non molto lontano da qui.»
S’incamminarono e Nehk le tese una mano per sostenerla, considerato che l’impiantito era ricoperto di muschio scivoloso. Lei accettò senza esitare, grata per quel gesto gentile e, nello stesso tempo, la presa calda e sicura del guerriero, le fu di conforto.
Ma quando giunsero nel punto dove Nehk aveva lasciato il suo prigioniero, scoprirono che questi era rinvenuto prima del previsto ed era fuggito.
Il giovane si maledisse mentalmente, sentendosi uno sprovveduto.








7

Fu con sollievo che si lasciarono alle spalle il fragore cupo della cascata.  Mai come in quel momento il frastuono dell’acqua che rovinava nel burrone, parve a Nehk così foriero di cattivi presagi.  Si sentì pressato dalla smania di allontanarsi in fretta da quei luoghi e sollecitò la sua compagna ad aumentare l’andatura:
«C’è qualcosa che non va. Dobbiamo toglierci da qui!» esclamò, oppresso da un cupo presentimento.
«Cosa temi?» gli chiese lei con il fiato un po’ corto, stentando a sostenere il passo del compagno.
«In verità, non so nemmeno io.» le rispose, senza mai smettere di avanzare e lanciando occhiate sospettose intorno.
Kim annuì, comprensiva:
«Sono questi luoghi desolati che incutono strane impressioni. La tua inquietudine è anche la mia, comandante.»  
Procedettero in silenzio. Kim con l’angoscia derivatale dalla notizia della perdita di sua zia, mentre Nehk non riusciva a sciogliere la tensione che gli serrava lo stomaco in una morsa.
E quando ritrovarono il sentiero scosceso che li avrebbe riportati nella zona del rapimento, i peggiori dubbi di Nehk presero consistenza. Cominciarono ad avvertire i rintocchi cupi e cadenzati   di decine di tamburi. Quel suono lugubre rimbalzava da una parete all’altra del grande canyon che faceva cassa di risonanza amplificando il rumore all’infinito.
«Tamburi di guerra! Per gli dei! Che cos’altro deve ancora accadere quest’oggi?» disse, prendendo a correre a rotta di collo e trascinando con sé la sua compagna.  
Percorsero il sentiero come avessero cento diavoli alle calcagna, eppure quel viottolo sembrò loro non avere mai fine. Furono costretti a passare davanti al corpo senza vita della donna sciamano, e Kim tentò di fermarsi. Ma lui la trascinò via, cercando di rassicurarla:
«Stai tranquilla! Non l’abbandoneremo qui. Appena possibile manderò degli uomini e tua zia avrà la degna sepoltura che merita.»
Seppur con grande rammarico, lei si convinse e la loro corsa riprese più forsennata di prima. Quando infine trovarono il gigante alato, i tamburi avvertiti poco prima, risuonarono ancor più vicini, mentre si alzavano le prime urla di guerra.
Sono con te Grande Sharez! Kildover salutò con la massima deferenza la ragazza, anche se ufficialmente non era ancora stata investita della prestigiosa carica.  Gravi i momenti che ci hanno fatto incontrare!
Per un attimo lei rimase interdetta. Tuttavia, il contatto telepatico non fu per niente fastidioso e lei rivolse il suo saluto alla magica creatura.
«Sono con te, Saggio Alato! Permettimi di medicare la tua ferita!»
No! Perdona, ma non c’è tempo ora! Dovete sbrigarvi, i nemici hanno provocato una frana sul sentiero più avanti, ostruendo la via del ritorno. Ho avvertito il fragore dei massi, e subito dopo, dietro quelle rocce si è sollevata una nube di polvere. Tra poco saranno qui e l’unica strada possibile per tornare indietro è il ponte sospeso tra le due sponde dell’abisso, che si trova a qualche centinaio di metri da qui.  Ci vorrà grande coraggio ad attraversarlo, perché non perfettamente stabile, ma sono sicuro che voi due ce la farete.
«Hai idea di chi siano e del motivo per cui hanno scatenato tutto questo?» chiese Nehk.
Il drago avvolse in un’occhiata eloquente la figura della giovane donna sciamano, quindi, rispose:
I motivi per cui gli umani si spingono sui sentieri di morte, possono essere infiniti e perlopiù incomprensibili alla mia specie. Ma ora ve lo dico un’ultima volta: affrettatevi prima che sia troppo tardi!
«Non ti lascerò un’altra volta Kil! O con te, o non mi muoverò di qui!»
Kildover lo guardò gravemente, poi con aria di rimprovero lo redarguì:
Guardami, Nehk! Così ferito non sono in grado di volare e nemmeno puoi pretendere che io ritorni con voi camminando.  Lungo questo impervio sentiero la mia mole finirebbe per essere d’intralcio anche per voi. No, ragazzo. Io rimarrò qui, in attesa del vostro ritorno con i rinforzi e intanto vi coprirò la fuga.
«Ma è proprio perché sei ferito, che non possiamo abbandonarti!» tentò ancora di obiettare il giovane cavaliere. «Non ti voglio perdere, Kil!» concluse con un filo di voce.
Ora basta discutere! Non abbiamo alternative e poi, sai benissimo di avere dei doveri verso il tuo popolo e verso questa fanciulla. Tu e la Sharez siete i prescelti, predestinati a guidare e unire tutti popoli pacifici. Venti di guerra soffiano impetuosi e tu devi tornare per organizzare la difesa delle vostre genti. La sorte della donna medicina è nelle tue mani, ora.
Un’ombra scura era scesa a offuscare il bel volto del giovane guerriero e Kildover ne percepì la grande angoscia e tentò di dissiparla con delle ultime parole incoraggianti.
 Fidati di me!  Me la caverò e torneremo a volare insieme. La mia specie ha dalla sua parte il dono della magia. Te ne sei dimenticato? In caso estremo vi farò ricorso.  Adesso ascoltatemi con attenzione. Prendi la mano della Sharez e non lasciarla nemmeno per un istante. Percorri il ponte con fiducia e sempre con lo sguardo avanti, anche se lo sentirai tremare sotto i tuoi piedi. Io sarò lì a sorvegliare che tutto vada bene e a sostenervi con la mia magia, se ce ne fosse bisogno. Andate e che la luce della saggezza illumini sempre la vostra via!
“E la tua!” risposero entrambi i ragazzi, poi fu Kim a sospingere Nehk   delicatamente verso il burrone.
Il rintocco dei tamburi stava assumendo toni assai lugubri e pressanti e i primi dubbi iniziarono a farsi largo nella mente del giovane guerriero. Quanti erano i nemici? Quale motivo li spingeva sui sentieri di guerra? Possibile che il rapimento dello sciamano avesse relazione con lo scoppio dell’ostilità? No. Non era pensabile che la notizia della liberazione della prigioniera fosse già giunta alle orecchie del capo del villaggio e che questi avesse avuto il tempo di inviare un plotone di guerrieri all’inseguimento. Doveva per forza di cose esserci qualche altro motivo ponderato da tempo.
Nel frattempo, arrivarono sul ciglio del baratro e vi si affacciarono. Era semplicemente spaventoso! Quell’abisso sembrava non avere mai fine. Inoltre, l’aspetto del ponte non era per nulla rassicurante.  Si trattava perlopiù di una passerella costruita con assi di legno e sostenuta da un complicato intreccio di corde, che sormontava il precipizio per un centinaio di metri congiungendo le sue sponde.
In quel momento il vento soffiava sostenuto smuovendo la base e causando un insidioso oscillamento della fragile struttura.
Sconcertato, Nehk, si volse a guardare la figura del drago, che ancora si distingueva più per la mole e il colore straordinario del suo corpo, che per la vicinanza.
Nehk percepì il suo pensiero rassicurante e si tranquillizzò. La calma di Kildover aveva sempre avuto effetti benefici sul suo umore.
Coraggio, andate! sentì dire un’ultima volta e allora Nehk avanzò di due passi, trascinandosi dietro la riluttante compagna.
Kim non aveva pronunciato una parola da quando erano arrivati al ponte ma Nehk, attraverso il tremore della sua mano, riusciva a percepirne la paura e l’angoscia e lui avrebbe voluto stringerla al suo fianco. E forse l’avrebbe fatto se non fosse stato per l’esigua larghezza della passerella.   
La distanza da una parte all’altra era di un centinaio di metri e il ponte, sotto il loro peso, prese a cigolare in modo sinistro, oltre a dondolare ancora di più per via del vento che rinforzava. Ce l’avrebbero fatta a superare quell’ostacolo indenni?
Alle spalle dei due fuggitivi giunsero i primi tramestii e l’eco di voci trafelate, che annunciarono l’arrivo dei primi assalitori.
«Coraggio, Kim! Dobbiamo affrettarci e cercare di raggiungere l’altra sponda il prima possibile.» la esortò, sentendola esitare.
«Tagliate le corde! Non lasciateli scappare!» urlò una voce imperiosa alle spalle del gruppo.
A quelle urla seguì un ruggito immane, che rimbombò con la forza di più tuoni tra le pareti ripide dello strapiombo. Nehk intuì che fosse stato il suo amico drago a eruttare dalla gola una vampata incandescente e le urla di dolore che seguirono, confermarono la sua ipotesi.
Ma intuì anche il pericolo che correvano e aumentò l’andatura afferrando forte il corrimano di corda e per quanto la forte oscillazione glielo permise.
Le frecce e i giavellotti lanciati dagli inseguitori li sfioravano, cadendo nel vuoto o infilzandosi sul legno, ma per fortuna nessuna colpì il bersaglio.
Quando finalmente i loro piedi toccarono il suolo roccioso tirarono un sospiro di sollievo ma, i due fuggitivi, non persero tempo a rallegrarsi e con i coltelli, tagliarono a loro volta le funi di sostegno.  
Il luogo dove avevano lasciato Kildover era troppo distante per riuscire a distinguere le sorti della battaglia in corso. Nehk sostò un attimo, lo sguardo incollato in quel punto. Sentì il cuore stringersi in una morsa e un senso di lacerazione profonda gli attanagliò l’animo.
Aveva dovuto abbandonare il suo migliore amico e compagno d’infinite avventure ferito gravemente e iniziò a rimproverarsi per questo.
«Se la caverà!» gli sussurrò la giovane sciamano, che non si era persa la minima espressione di quel volto fiero e mascolino.
Lui le strinse la mano che teneva ancora salda nella sua. Per qualche inspiegabile motivo le infondeva calore e conforto.
«Lo so! Nessuna forza della natura potrebbe abbattere quel gigante!» Ma le parole appena pronunciate stridettero come artigli sulla sua pelle. Si volse, nascondendo il l’angoscia e il luccicore che gli brillava negli occhi.


                                                                                             

Racconto pubblicato sul sito Scrivere 
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