Riflessioni di studenti alessandrini sul “giorno della memoria”

Riflessioni di studenti alessandrini sul “giorno della memoria”
Gli interventi letti durante le celebrazioni ad Alessandria il 27 gennaio 2017 
Si riportano i testi con le riflessioni elaborate da alcuni studenti delle Scuole Secondarie di II grado — in rappresentanza dei cinque Istituti di Istruzione Superiore cittadini — nonché da una rappresentanza della Scuola Primaria “Ferrero” (V Circolo – Alessandria) e da una studentessa dell’Università del Piemonte Orientale in occasione delle celebrazioni del “Giorno della Memoria” svoltesi venerdì 27 gennaio 2017 ad Alessandria.
Le riflessioni si sono articolate attorno alle seguenti suggestioni tematiche:
  • il rispetto
  • la convivenza
  • la speranza 
  • la legalità
  • la democrazia 
  • la cittadinanza attiva
  • sulla memoria...
Rispetto
La Giornata della Memoria è una giornata piena di ricordi forti e dolorosi, legati ad un evento di pochi decenni fa, così terribile e disumano che è difficile spiegare a parole.
La data odierna è dedicata a quei milioni di ebrei, e non solo, che furono discriminati, umiliati, torturati, privati della loro dignità e umanità e uccisi nei modi peggiori, vittime della lucida malvagità dell’uomo.
Noi abbiamo il dovere di mantenere vivo il ricordo di quanto accaduto per far sì che tutto ciò non si riduca ad una delle tante pagine di un libro di storia, ma sia l’occasione per ricordare tutte le vittime di tutte le violenze che la storia ci ha consegnato e di quelle che, purtroppo, costituiscono ancora la triste attualità dei nostri tempi.
martina scarano
classe III C – Liceo Scientifico Statale “Galileo Galilei” di Alessandria

Convivenza
Mai come oggi la difficoltà nel convivere sta nel non-essere indifferenti. Da sempre, cose orribili si sarebbero potute evitare se solo non ci fossimo tante volte girati dall’altra parte. Ad oggi, i mezzi di informazione non ci evitano di conoscere il dolore e la disperazione di molti individui e di molti popoli perseguitati e in fuga dalle loro terre.
Oggi non possiamo più dire di non sapere, di non conoscere i fatti. Oggi non possiamo fare finta che tutto sia un’invenzione, perché vediamo, sentiamo e soffriamo per le ingiustizie del mondo.
Oggi le parole di Martin Niemollier sono più che mai attuali:
«Prima di tutto vennero a prendere gli zingari.
E fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei.
E stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali.
E fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti.
E io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me.
E non c’era rimasto nessuno a protestare».
matteo Ravetta
classe V EB - IIS “Nervi-Fermi” di Alessandria


Speranza
La legalità si coltiva costruendo una società viva, accogliente, eterogenea, formata da persone che sappiano vedere negli altri non un potenziale nemico, ma un possibile amico.
Una società ospitale, aperta alle differenze e cementata da diritti e doveri condivisi.
una società dove l’io e il noi non sono contrapposti e la vita delle persone sia custodita e alimentata, non impiegata come strumento di potere, di sfruttamento, di profitto.
Legalità è “speranza” e la speranza si chiama “noi”.
La speranza è avere più coraggio. 
Il coraggio ordinario a cui siamo tutti chiamati: quello di rispondere alla propria coscienza.
elisa pesce
classe III C Liceo Linguistico - IIS “Saluzzo-Plana” di Alessandria

Legalità
Oggi celebriamo, come ogni anno, la Giornata della memoria a distanza di settanta anni dalla liberazione degli Ebrei dai campi di concentramento.
Ricordiamo i milioni di persone che furono massacrate in quegli anni e quel mondo che sembrava disinteressato: anzi, qualcuno sosteneva che fosse una cosa lecita e perfino “giusta”.
Questa Giornata deve essere ricordata da tutto il mondo e dalle generazioni a venire perché non si scordi quello che hanno sofferto 6 milioni di Ebrei innocenti, perché non si rifaccia lo stesso errore di settanta anni fa.
Purtroppo non riusciamo a capire concretamente quello che hanno patito, ma questo non è colpa nostra; noi possiamo solo immaginare attraverso le fotografie, i documenti e le testimonianze dei pochi superstiti.
è per questo che dobbiamo continuare a fare memoria: il 27 gennaio deve continuare ad essere una data per riflettere… per non dimenticare.
silvia deramo e carlotta cremon
classe V A - IIS “Leonardo da Vinci” di Alessandria

Democrazia 
La democrazia bisogna meritarsela giorno dopo giorno, col darsene pensiero o, come diceva il “repubblicano” Machiavelli della libertà fiorentina, «tenendoci sopra le mani».
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dice: «è bene, allora, ricordare che le radici di questi settanta anni di pace e di sviluppo vanne individuate anche nel sangue delle vittime e nella terra fredda, mista a cenere, di Auschwitz, Treblinka, Sobibor, Bergen Belsen, Buchenwald, Mauthausen, Dachau e di tutti gli altri campi.
Non la rimozione o, peggio, la negazione della Shoah, ma la sua memoria, viva e presente, ha contribuito a dare consistenza e forza ai principi che fondano la nostra civiltà e il nostro patto di convivenza, in Italia e in Europa: la democrazia, l’eguaglianza, la giustizia, la pace, il rispetto dei diritti dell’uomo.
Nella nostra Costituzione, nella Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, in tanti altri documenti internazionali si affermano con forza e con chiarezza quei principi inalienabili che l’ideologia che aveva prodotto Auschwitz disprezzava e calpestava».
Non c’è democrazia senza costume democratico, che significa: saper distinguere e non confondere l’interesse privato con quello pubblico, rispetto di sé e degli altri e consapevolezza degli obblighi, non solo giuridici, ma anche morali, che ciascuno di noi ha verso il prossimo.
gabor galazzo
classe V Informatica - IIS “Volta” di Alessandria

Cittadinanza attiva
A scuola, in questi giorni, gli insegnanti ci hanno parlato degli orrori dei campi di concentramento.
Rattristati dalla conoscenza di quel passato, a casa abbiamo proseguito la conversazione con i nostri nonni. E abbiamo capito che gli argomenti trattati fanno ancora parte del presente della nostra città.
Venerdì 27 gennaio, infatti, i racconti delle persone che sono salite sul palco in Piazza della Lega ci hanno fatto riflettere: la storia non è soltanto quella narrata sui nostri libri, ma è soprattutto quella che ci circonda. 
Ascoltare nel silenzio penetrante i nomi dei deportati alessandrini nei campi di sterminio ci ha dato l’impressione di averli quasi conosciuti. 
Venerdì siamo stati dentro la storia, dentro la storia di quei militari in alta uniforme, dentro il “carro degli orrori”. 
Tra tanti studenti più grandi di noi che hanno letto messaggi importanti, noi, alunni della Scuola Primaria “Ferrero” abbiamo portato la nostra presenza di piccoli cittadini e di questo ci hanno ringraziato pubblicamente, facendoci capire che anche noi eravamo importanti.
Ci sono così tornate alla mente le parole della nostra Dirigente, Antonella Talenti, la quale, poco prima della nostra uscita, aveva sottolineato il valore di cittadinanza attiva che questa esperienza sarebbe stata per noi. 
Classi V A e V B
Scuola Primaria “Ferrero” - V Circolo di Alessandria 

Sulla Memoria…
Ogni storia ha inevitabilmente la sua retorica.
Giusto veicolo per il ricordo è appunto la voce: che come il sale conserva meglio.
ll fischio di Zaccaria chiama a raccolta; quando lo avranno udito dice, saranno numerosi e si disperderanno fra i popoli ed essi ricorderanno il grido sparso sulle orecchie, anche nei Paesi più lontani
. Suona come un comandamento: non disperdere il grido, non sciupare il seme. Anzi, raccogli anche una sola memoria contro lo spreco del vivere fitto. Il grido condivide la natura del seme: Iasciar detto più che lasciar scritto incita la memoria degli altri a custodire
.
Così proviamo ad essere, di nuovo oggi, i giusti tra le nazioni — i custodi — poiché oggi ci ricorda che non sugli eroi ma sui testimoni si può rifondare l’onore di un popolo
.
Oggi che ricordare è sapere.
Sapere con gli occhi, con la paura, con la pancia vuota ... come le nostre donne e i nostri uomini di allora. I Bambini, che ci hanno raccontato le strade camminate, strisciate dietro a un milione di passi finiti, in faccia ai muri. Silenzi chiusi dentro un pentagramma di filo spinato.
La mattina si era svegliato ed era solo un ragazzo come tanti presenti qui oggi. La notte stipato in quel vagone era un ebreo.
Insieme a tanti altri, formavano una nuova famiglia. Ai padri si rende l’onore, alle madri la dolcezza: così mischiata di onore e dolcezza si formava un’impronta stampata nel profondo di quelli che dentro i vagoni, nei campi e negli sputi, stavano. 
Saldi, piantati come macigni non nell’odio, che era quello degli altri sulla loro pelle, ma nell’ essere insieme.
Difensori di un pronome “noi” di cui oggi ci sfugge il significato.
Una famiglia, un popolo. Un albero somiglia a un popolo: s'impianta con sforzo, attecchisce. Resiste e iniziano le generazioni dl foglie. La terra intorno allarga l’accoglienza. L’albero spinge verso l’alto: ha desiderio d'altezza, ha desiderio di cielo, di pace
.
Ecco il significato del pronome “noi”: siamo noi le foglie. Da quelle radici siamo partiti. Dal seme che altri hanno stretto in un pugno chiuso di sopravivenza e dignità. La nostra responsabilità: la pace.
Ne hanno catturati molti ma nessuno di loro perviene a noialtri come una fine, come foglia d’autunno che si arrende. Portavano con sé le preghiere, anche se del viaggio non aveva colpa Dio; non immagino nessuna invocazione, nessuna supplica d’aiuto.
A vederli dall’alto erano mille volte un deserto che cammina, popolo di cenere, ruggine nel sangue, polvere negli occhi... «ditemi se questo è un uomo» come una preghiera laica detta da qualcuno prima di me
Non è un uomo, è una patria. Nostra patria è la cenere fresca di vecchi, donne, bambini e uomini. È partita con quel vento, molto prima di noi, un giacimento di vita da sfruttare. Nella polvere alzata dai loro corpi schiacciati a terra dalla disumanità: troviamo una casa.
La verità è chiara nei giorni come questo: molte sono le vite distrutte che ci hanno spianato la strada. Passi levati da altri spingono i nostri avanti
.
Per un giorno, con la memoria, ora siamo noi a difendere loro: il frutto che protegge l’albero
.
è nelle orecchie il loro grido: Non dimenticare mai
.
Mark La Sacra Bibbia, Zaccaria, 10, 8. 
Mark E. De Luca, Il contrario di uno, Feltrinelli Editore, Milano, 2013, pp. 67-68
Mark E. De Luca, Il torto del soldato,Feltrinelli Editore, Milano, 2014, p. 23
Mark Liberamente ispirato a una riflessione di E. De Luca, Tre Cavalli, Feltrinelli, Milano, 2011, p. 22
Mark Suonano così versi introduttivi del romanzo di Primo Levi: «Se questo è un uomo», ispirati all’antica preghiera della Shemà portatori di tutto il significato del celebre titolo dell'opera stessa P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi Tascabili, Italia, 2014
Mark E. De Luca, Solo andata - righe che vanno troppo spesso a capo, Feltrinelli Editore, Milano, 2014, p. 24
Mark lbidem p. 33
Mark L’autrice testualmente si esprime cosi: «Zakhor. Al Tichkah»,T. De Rosnay, La chiave di Sarah, Mondadori Editore, Milano, 2012, p. 285

manuela adduci

Facoltà di Giurisprudenza – Università Piemonte Orientale, sede di Alessandria

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