Abbandono, Poesie Massimo Galli


Abbandono
Oscilla l'occhio,
inciampa su quest'osso di terra,
su questo vespro di mondo
che dall'alta marea riaffiora
come un abbaglio naufrago.
Incespicare d'ansie rievocate
si aggrovigliano ai piedi,
ti trattengono, forzano ancora, osceni,
il fragile disegno di una nuova altezza.
Frana il volo al tornare di vertigini,
e come uccello ferito si accascia al suolo;
si arena lo sguardo
su questo lembo di passato
su queste mura dove un giorno
si posavano lievi le voci di fanciulli,
dove brulicanti di vita
danzavano un giorno ombre
come riflessi d’acqua nell’altalena del sole.
È un ritrovarsi ostaggio di un sogno svanito
il cui trascorso è scritto nelle crepe dei muri,
nell’abbraccio soffocante dell’edera,
nella pietra che mostra nelle rughe
l’incuria di un tempo immobile
di un tempo prigioniero di rovi, di silenzi.
di un tempo la cui memoria
non ha più respiro, non ha più voce
non ha più futuro.
Non canta più il vecchio mulino
l’acqua lo ha abbandonato
per rifugiarsi sotterranea,
né il forno emana più l’antico profumo
del pane che allietava la tavola.
Tutto nell’abbandono si è perso
resta solo il silenzio, il silenzio assorto
il silenzio pietoso che avvolge il declino
come un sudario.

m. galli

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