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Poeti: Mimnermo di Colofone – di Caterina Alagna- Salerno

 

Poeti: Mimnermo di Colofone – di Caterina Alagna- Salerno

Dal frammento “Come le foglie

Al modo delle foglie che nel tempo
fiorito della primavera nascono
e ai raggi del sole rapide crescono,
noi simili a quelle per un attimo
abbiamo diletto del fiore dell’età,
ignorando il bene e il male per dono dei Celesti.
Ma le nere dèe ci stanno a fianco,
l’una con il segno della grave vecchiaia
e l’altra della morte. Fulmineo
precipita il frutto di giovinezza,
come la luce d’un giorno sulla terra.
E quando il suo tempo è dileguato
è meglio la morte che la vita.

Mimnermo fu un poeta greco vissuto tra il VII e il VI secolo a.C. Il suo nome, che letteralmente vuol dire “colui che resiste sull’ermo”, si riferisce, molto probabilmente, alle gesta militari gloriose della sua stirpe, in particolare a quelle di un suo avo in ricordo di una vittoria bellica a cui prese parte, ovvero quella dei Greci di Smirne sui Lidi del re Gige, di cui Mimnermo racconta nel poema elegiaco “Smirneide“.

Poche sono le notizie giunte fino a noi. Dubbie anche le sue origini. Alcuni studiosi ritengono che fosse originario di Colofone, altri, invece, di Smirne. Si sa che prediligeva il distico elegiaco che, nella metrica classica, corrisponde a un insieme di due versi composti da un esametro e un pentametro.
Solo pochi frammenti delle sue opere sono sopravvissuti al tempo. Secondo Ermesianatte, poeta alessandrino, Mimnermo era famoso come poeta dell’amore, inteso in senso erotico. Quel che è certo, invece, è l’uso di un linguaggio tipicamente omerico, anche se il poeta non rinuncia a creare nuovi stili e neologismi, arricchendo i versi di vocaboli ricercati e piacevole musicalità. Anche i temi trattati sono omerici ma con una profonda differenza: nelle poesie di Mimnermo prevale una visione pessimistica della vita. È il caso dei frammenti “Come le foglie“, in cui è evidente il paragone con i versi  del libro VI dell’Iliade, dove le generazioni vengono paragonate al cadere delle foglie. La visione omerica, però, se pur caratterizzata da note di pessimismo, apre  alla speranza e alla rinascita. I versi, infatti, si concludono con un’immagine primaverile, ovvero quella delle foglie nuove che sostituiscono quelle cadute. 

Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini;
le foglie, alcune ne getta il vento a terra, altre la selva
fiorente le nutre al tempo di primavera;
così le stirpe degli uomini: nasce una, l’altra dilegua

Mimnermo, invece,  pone l’accento sulla visione pessimistica che vede trionfare la vecchiaia e la morte sulla giovinezza che ha una durata brevecome la luce d’un giorno sulla terra. La sua idiosincrasia per la senilità  viene riproposta anche nel frammento ” Contro la vecchiaia“, in cui esprime anche  un concetto che sarà poi ripreso dalla poetessa Saffo: l’amore come unica cosa davvero importante nella vita.

Che cosa è la vita, che cosa è dolce, se manca l’aurea Afrodite?
Sarebbe meglio di gran lunga la morte che vivere sempre senza
incontri amorosi e il dono della tenerezza e il letto,
tutte quelle cose che son dolci fiori di giovinezza,
sia per gli uomini che per le donne. Ma quando arriva l’opprimente
vecchiaia, che rende brutto anche un bell’uomo
e il cuore si consuma sotto infinite tempeste,
non c’è gioia più poi alla luce del sole,
ma nei bambini si trova odio e nelle donne non vi si trova alcun rispetto.
Così odiosa ci diede un dio la vecchiaia


Caratterizzata da forti contrasti ( giovinezza/ vecchiaia, luce/tenebra, piacere/dolore), la poesia di Mimnermo si presta a varie chiavi di lettura, da quella romantica ( Leopardi è forse il poeta che più deve a Mimnermo) fino a quella decadente. In realtà la poetica di Mimnermo si rifà al pessimismo ionico che vede la nostra esistenza dominata da un senso di ineluttabile fatalità, tema presente in tutti i poeti della lirica ionica quali Archiloco, Semonide e Teognide, che sottolineano il dolore come parte dominante della vita. Teognide afferma, addirittura, che per gli umani è meglio non nascere. Di sicuro meno radicale Mimnermo, che in un altro frammento, si augura di morire a sessant’anni, prima dell’incombere di malattie e vecchiaia.

Così senza morbi e affanni penosi    

sessantenne mi colga destino di morte

Per Mimnermo i mali della vecchiaia non rappresentano solo una incapacità del godere del piacere amoroso. Egli ne espone un dettagliato elenco, quali la povertà, la mancanza dei figli, le malattie che lentamente ti conducono alla morte. Come osserva il filologo Albini, nel poeta di Colofone “c’è una concretezza materialistica,  una valutazione piena dell’importanza del corpo e della sua limitatezza”.

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