Marco Travaglio: “Fatelo presto”


Marco Travaglio ha pubblicato su Il Fatto Quotidiano di domenica 27 settembre un editoriale dal titolo “fatelo presto”. Travaglio parla della legge sulle intercettazioni. Travaglio critica la legge del governo di centrosinistra, che assomiglia (se non peggiora) quella che provò a far passar il governo Berlusconi (tra le proteste, allora, del centrosinistra). Ecco alcuni estratti dell’editoriale:
Del bavaglio alla stampa appena varato dalla Camera sotto forma di legge delega al governo, che potrà fare carne di porco della libertà d’informazione quando e come vorrà, abbiamo già scritto tutto. Non adesso: nel 2007, quando centrosinistra e centrodestra amorevolmente affratellati approvarono la legge Mastella a Montecitorio, e non riuscirono a completare
l’opera perché otto mesi dopo caddero il governo e la legislatura;
e nel 2010-2011, quando ci riprovò il terzo governo Berlusconi con una norma-fotocopia firmata (con la X) dall’allora ministro della Giustizia Angelino Alfano, ora promosso ministro dell’Interno, e bloccata da alcuni rilievi del Quirinale a furor di popolo, visto che all’epoca il centrosinistra si oppose per motivi puramente strumentali a una norma che quattro anni prima aveva votato, e si associò alla Federazione della stampa, a quella degli editori e ai principali quotidiani che scatenarono una grande campagna giornalistica e una mobilitazione di piazza.
Il tema è sempre lo stesso: chi deve decidere ciò che i cittadini devono sapere. Nelle democrazie degne di questo nome, decidono i giornalisti secondo i criteri di verità, di interesse pubblico e di rispetto della privacy. Se sbagliano, interviene la magistratura a sanzionarli.
In Italia mancano le regole per tutelare le vittime di articoli che violano i principi di verità, di interesse pubblico e di privacy? No, anzi sovrabbondano. Se un giornalista scrive il falso, viene perseguito per diffamazione a mezzo stampa. Se pubblica notizie lesive della vita privata di qualcuno e prive di interesse pubblico, viene perseguito per violazione della legge sulla privacy. Il discorso dovrebbe finire qui.
Invece la legge bavaglio espropria i giornalisti di quella scelta e l’affida non più al Parlamento (fatto già grave), ma addirittura al governo (fatto gravissimo). Il trucchetto è la distinzione fra notizie penalmente rilevanti e non, e fra soggetti indagati e non. Un distinguo insensato, che non dovrebbe riguardare i giornalisti e i cittadini, ma solo gl’imputati, le parti civili, i magistrati e gli avvocati.
Chi l’ha detto che i giornalisti devono pubblicare e i cittadini sapere soltanto le notizie penalmente rilevanti? È quasi commovente l’arrampicarsi sugli specchi dei personaggetti del centrosinistra, più nani del Nano, che tentano di rispondere con le stesse parole (pardon: balle) dei berlusconiani di quattro anni fa. Tal Walter Verini, già veltroniano, si accalda per dimostrare che “questa riforma è radicalmente diversa da quella di Berlusconi”che voleva“limitare l’uso delle intercettazioni nelle indagini” mentre questa no.

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