Uomo, diventa umano!


Patrizia Gioia da: Città Futura on-line
I giovani che rischiano la loro vita esprimono già una nuova visione, e non si tratta né di essere martiri né eroi, si tratta solo di essere quella fede che non ha oggetto né luogo, ma solo una direzione, e questa direzione si chiama amore.   
Il cavallo, i tre tigrotti  “albini”, cioè d’un biancore inedito per la loro natura, mi sembrano bandiere bianche che sventolano verso di noi dicendoci: uomo diventa umano !
Ce lo dice il cosmo intero.

“Hai buona vista tu monello?
Io? – rispose il ragazzo –io vedo un passerotto lontano un miglio.
Saresti buono a salire in cima a quell’albero?
In cima a quell’albero? Io? In mezzo minuto ci salgo.
E sapresti dirmi quello che vedi da lassù, se c’è soldati austriaci da quella parte,
nuvoli di polvere, fucili che luccicano, cavalli?
Sicuro che saprei.
Che cosa vuoi per farmi questo servizio?
Che cosa voglio? – disse il ragazzo sorridendo – Niente.”

Mi ritorna ogni volta alla mente e al cuore la storia de “La piccola vedetta lombarda”, scritta  da quel ( ahimè, così si dice sempre) sentimentale e piagnucoloso di De Amicis nel libro “ Cuore”,  libro che non leggiamo più perché non sappiamo più nemmeno vederli i sentimenti della passione, figuriamoci viverli; non sappiamo più salire in cima ad un albero, ma
solo abbatterlo e mi ritorna alla mente ogni volta che sento apprezzamenti non certo lusinghieri per quei giovani che partono verso terre straniere e in guerra devastate dall’orrore e dal dolore, e che vengono fatti prigionieri e magari anche ammazzati proprio da quegli uomini che hanno perduto la forza trasformativa della passione, quel sentimento coraggioso che osa affrontare il rischio perché vede l’invisibile (è lì che vive la speranza).
Osa affrontare il rischio con la robusta grazia del cavallo che “oltrepassa” l’ostacolo perché quello che la gioventù, la piccola vedetta vede, è la nostra cecità diventata sì adulta, ma non ancora umana.
Quanti giovani ci mettono davanti agli occhi quello che a noi “grandi” difetta?
Certo, la capacità di pesare il pro e il contro e di muoversi di conseguenza è da adulti, e i giovani non hanno questa capacità e si buttano, come pesci, dentro il mare in tempesta, ma per navigare contro corrente, mentre noi ci lasciamo trascinare inermi da quella stessa corrente.
E a noi grandi questa fiduciosa fiducia pare una cosa brutta, quante parole si dicono ai ragazzi: “Fa attenzione, mi raccomando, ascolta noi vecchi”.
E certo l’orecchio ascolta, ma la passione è più forte, la passione per un mondo migliore, senza guerre, senza odi, un mondo che sappia ancora coltivare il rosmarino e parlare la vecchia lingua, anch’essa dimenticata, violata, dilaniata da odi di un’identità che non è da difendere, ma da imparare a condividere.
E’ proprio l’incapacità di uno sguardo nelle nostre profondità quello che sta riducendo il mondo in pezzi, profondità dove ogni radice tocca l’altra e si fertilizza nella contaminazione.
Il cavallo, i tre tigrotti nati “albini”, cioè d’un biancore inedito per la loro natura, mi sembrano bandiere bianche che sventolano verso di noi e sembrano dirci: “uomo, diventa umano!” Ce lo dice il cosmo intero.
E umano vuole dire mediatore tra cielo e terra.
“L’immaginazione e la fantasia sono facoltà umane potenti e utili – scrive Panikkar – ma se lasciate a sé, possono facilmente fuorviarci. Queste facoltà, combinate con il pensiero logico, hanno fatto del Mistero Divino un Essere Supremo e separato, una sostanza nel termine più rozzo della parola. E’ appunto questo il ‘mythos’ che si sta deteriorando e sta crollando tutt’attorno a noi.
Il nuovo mythos’ conterrà certamente alcuni elementi provenienti da tutti gli strati dell’umanità, ma avrà bisogno, per così dire, di un collante, un filo conduttore, una forza dinamica che fonda il vecchio e il nuovo in qualcosa che noi non possiamo ancora prevedere esattamente. Io credo che la visione cosmoteandrica ( né monismo né dualismo )possa avere sufficienti elementi tradizionali, e abbastanza caratteri rivoluzionari, per fungere da catalizzatore per questa speranza.”

I giovani che rischiano la loro vita sono già in questa visione, e non si tratta né di essere martiri né eroi, si tratta di solo di essere quella fede che non ha oggetto né luogo, ma solo una direzione e questa direzione si chiama amore.

I semi della gioia

Commenti

Post più popolari